Fuga da Alcatraz, l’impresa di un trevigliese negli Usa
Fabio Provesi, 43 anni, ha tentato l’impresa lo scorso 5 giugno, terminando la gara 280esimo su 1500 partecipanti e con un infortunio alla schiena.
Dal Golden Gate Bridge di San Francisco, guardando verso est, si scorge un’isola sopra cui si erge uno dei penitenziari più famosi al mondo, da cui sono evase solo tre persone. Oggi, a più di sessant’anni dalla sua chiusura, migliaia di triatleti ogni anno tentano ancora la Fuga da Alcatraz (indimenticabile il film con Clint Eastwood), in un percorso impervio di circa 30 chilometri, tra acque gelide e dislivelli eroici.
Fuga da Alcatraz, l'impresa di Fabio Provesi
Fabio Provesi, trevigliese doc di 43 anni, ha tentato l’impresa lo scorso 5 giugno, terminando la gara 280esimo su 1500 partecipanti e con un infortunio alla schiena. Da quando si è appassionato alla Mountain bike a 18 anni ne ha fatta di strada, tra gare di triathlon a livello amatoriale, la passione per lo sport che lo accompagna da sempre, fino alla Fuga da Alcatraz negli Stati Uniti.
Quando hai deciso di partecipare alla Fuga da Alcatraz?
"Un amico che aveva già preso parte alla gara nel 2012 me ne aveva parlato e mi sono subito incuriosito dell’impresa. Nel 2019 ho iniziato a fare il sorteggio per l’Escape (Escape from Alcatraz, ndr), ma purtroppo, a causa della pandemia da Covid 19, è stata rimandata. Sono riuscito a farla solo lo scorso 5 giugno, quando gli Usa hanno riaperto le frontiere ai turisti europei".
In cosa consiste la gara?
"Il percorso di circa trenta chilometri è unico nel suo genere e uno dei più vecchi percorsi di triathlon esistenti: consiste in un tratto a nuoto, a largo del penitenziario fino alla costa, un tratto da percorrere in bici e infine un tratto di corsa. Per quanto riguarda le distanze, sono differenti rispetto alle classiche, si adattano infatti al luogo".
Durante la gara come ti sei sentito?
"Ammetto di aver avuto un po’ di timore per la prima frazione del percorso, quella a nuoto. Tutti me ne avevano parlato come di una sfida al limite, tra forti correnti, nessun punto di riferimento e acque gelide che arrivano anche ad essere di 12 gradi. Grazie ad alcuni consigli del mio amico che aveva già partecipato e della ricognizione in auto del giorno precedente alla gara, sono riuscito ad affrontare i punti più difficili in maniera tranquilla. Passato il tratto a nuoto, più mi avvicinavo al traguardo e più diventavo euforico".
C’è stata una parte più dura delle altre?
"Sicuramente la frazione in acqua. Il percorso inizia a bordo di un piroscafo, dal quale gli atleti vengono fatti tuffare a scaglioni dentro le correnti gelate della baia. Passato il tratto a nuoto mi sono decisamente tranquillizzato, soprattutto notando che i miei tempi erano molto buoni: ho impiegato poco più di tre ore a finire il percorso".
Come ti sei preparato?
"Ho iniziato la preparazione a novembre, mi sono allenato sulle tre specialità con il mio coach fino a tre settimane prima della partenza, quando a causa di un infortunio ho dovuto rallentare la preparazione soprattutto della corsa, focalizzandomi sul nuoto e sul ciclismo. Ho avuto timore durante la frazione finale della gara, ma alla fine più mi avvicinavo al traguardo e più riuscivo a spingere, conquistando posizioni fino al traguardo".