L'ultima intervista al GdT

"Dove tutti scappano noi andremo": chi era padre Fulgenzio Cortesi, morto in Tanzania

Il missionario passionista di Castel Rozzone aveva 84 anni. Una vita, la sua, spesa per gli ultimi della Terra.

"Dove tutti scappano noi andremo": chi era padre Fulgenzio Cortesi, morto  in Tanzania
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Una vita spesa interamente per aiutare i più poveri e i più deboli, gli "ultimi" della Terra. E' morto venerdì mattina, a 84 anni, a Dodoma, in Tanzania, padre Fulgenzio Cortesi. Il missionario originario di Castel Rozzone era un faro della cooperazione internazionale, e aveva fondato il Villaggio della Gioia di Dar es Salaam: un'isola di speranza che dà rifugio a più di mille ragazzi, molti dei quali orfani.

Chi era padre Fulgenzio "Baba" Cortesi

Nato a Castel Rozzone nel 1937, padre Fulgenzio Cortesi era un missionario passionista. A dieci anni era entrato in seminario alla Basella di Urgnano. Ordinato sacerdote nel 1963, per anni si è dedicato all’insegnamento del latino, al giornalismo, e ha studiato la cultura e l’arte africana, fondando anche una rivista e il Museo Africano di Calcinate. Dopo aver svolto altri incarichi, assegnatigli dai superiori, aveva chiesto e finalmente ottenuto di trasferirsi in Africa, a Dar es Salaam, per offrire una famiglia e un’istruzione a tanti bambini rimasti orfani a causa dell’Aids. Lì, sull’oceano Indiano, ha fondato il Villaggio della Gioia. E per tutti, in Africa, era diventato "Baba" Fulgenzio, "papà", o "nonno". I suoi "figli", tutti legalmente adottati, sono oggi 137 e la scuola creata all’interno del villaggio accoglie oggi circa 1400 studenti, sia cristiani sia musulmani. Nel 2006 aveva anche fondato una nuova congregazione di suore, “le Mamme degli Orfani” e negli ultimi anni anche una sorta di "secondo" Villaggio della gioia, a Monogro, sempre in Tanzania.

Cos'è il Villaggio della gioia di padre Fulgenzio

 

Il villaggio della gioia è pensata come un'isola autosufficiente. "Ogni giorno siamo in duemila persone – aveva raccontato lo stesso padre Fulgenzio durante una delle sue ultime visite a Castel Rozzone,  alla fine del 2019 – I bambini che ospitiamo vanno da zero a  18 anni. Poi devono uscire e insegniamo loro ad inserirsi nella vita, a trovare un lavoro. Abbiamo 103 persone stipendiate ed in regola, mentre a Natale o in estate accogliamo i volontari che si fermano a darci una mano". Ma questo non è l’unico villaggio. Sulla scia del primo, come detto,  padre Fulgenzio aveva fondato una decina di anni fa anche il villaggio della Luce, a circa 300 chilometri di distanza.

La gioia dei poveri

"Ciò che mi ha sempre colpito è la gioia che hanno nel cuore i poveri, la serenità e l’accoglienza" aveva raccontato il padre passionista al nostro giornale. "Fin da bambino ho sentito il desiderio di fare il missionario: volevo andare in terre lontane a vivere e aiutare i bambini. Credo che questa passione sia nata con me da quando avevo sette anni e facevo il chierichetto".

La sua Africa ha però dovuto attenderlo fino a dopo il 1963. "Quando sono diventato sacerdote ho insegnato nei seminari   e d’estate creavo dei piccoli gruppi di studenti con i quali organizzavamo piccoli progetti per l’Africa, come realizzare un dispensario, un pozzo. La passione mi ha portato in Africa ma fino al 2000 dovevo restare in Italia perché avevo degli incarichi. Vicino alla pensione invece mi hanno concesso di trasferirmi in Tanzania e da vent’anni finalmente vivo là, insieme ai miei orfani. Sono riuscito ad ottenere il permesso per costruire delle casette e poi un grande villaggio, il villaggio della Gioia, che raccoglie centinaia di bambini orfani, mandati dalle istituzioni per minori della Tanzania".

Volontari al lavoro per il Villaggio della Gioia

Le mamme degli orfani

Un anno e mezzo fa, alla fine del 2019, aveva ricevuto dal sindaco Luigi Rozzoni la cittadinanza onoraria di Castel Rozzone (la prima mai assegnata dal Comune). Fu l'occasione per raccontare anche la sua ultima avventura: la nuova congregazione di suore.

"Ad un certo punto ho pensato che altro potevo fare – aveva proseguito - ormai io sono vecchio e malato. Così mi è venuto in mente di fondare l’istituto religioso “Le mamme degli orfani”, per dare un futuro a questi progetti. Sull’Africa si sono fatti molti progetti ma poi sono stati tutti abbandonati. Invece la prima cosa che bisognerebbe fare è pensare al futuro».

"Se vuoi elevare una nazione  insegna la cultura"

«La mia vita è sempre stata basata sulla cultura – diceva – se vuoi elevare una nazione insegna la cultura. Le nostre scuole rilasciano i diplomi e l’anno scorso abbiamo avuto lo studente più premiato della Tanzania. Questa è una grande soddisfazione per me e per i professori».

Dalla sua Tanzania Baba Fulgenzio aveva ricevuto altrettanto affetto ed una importante lezione di vita.

«Quello che mi ha sempre colpito è la gioia che hanno nel cuore i poveri - raccontava – la serenità per cui sembrano padroni del tempo, non c’è corsa al guadagno e l’accoglienza. La povertà, le malattie, l’aids si fanno sentire, ma mentre qui in Italia diciamo agli altri “andate via”, loro dicono “venite qui”».

La missione di Haiti

Negli ultimi anni, il suo impegno aveva raggiunto un altro oceano: l'Atlantico. Obiettivo, creare una nuova missione ad Haiti, che sta cominciando ora a muovere i primi passi.

 "Nel mio cuore c’è un sogno che è quello di andare nel paese più povero del mondo, Haiti – aveva detto – le mamme degli orfani si stanno preparando per andare. Ad Haiti la morte è ovunque e nessuno ci fa più caso. Dicono che non c’è niente da fare in quel posto, mente noi diciamo che c’è tutto da cominciare. E’ ipocrisia avere solo una grande preoccupazione per quella gente. Dove tutti scappano noi andremo. Se mi aiutate con la preghiera possiamo aiutare quei poveri bambini abbandonati e diseredati".

Il cuore in Africa, le radici nella Bassa

La sua passione, e la sua missione, era ed è condivisa da migliaia di sostenitori, da tutto il mondo. Ma nonostante questo, nonostante fosse ormai un personaggio noto a livello perlomeno nazionale, non ha mai perso il suo legame speciale con Castel Rozzone. Dal piccolo paese della Bassa sono decine i volontari che l'hanno aiutato, anche con il lavoro in missione, e che l'hanno sostenuto a distanza.

Da anni, ad esempio, la sua missione è la realtà della Bassa che percepisce più contributi in assoluto tramite il "cinque per mille", nella nostra zona. Centinaia i sostenitori, sparsi in tutta Italia, che sostengono ogni anno le attività del Villaggio.

Il saluto dell'associazione

Così, questa mattina, l'associazione "Il Villaggio della gioia" l'ha salutato sul proprio sito.

Questa notte dall’Africa ci è giunta la notizia che il Nostro BABA ha raggiunto il suo Socio.
Preghiamo il Signore che lo accolga nelle Sue braccia. Siamo certi che ci guiderà dall’alto nel cammino che ha intrapreso da parecchi anni per dare una mano ai più piccoli ai più indifesi. Preghiamo il Signore che ci dia la forza di continuare quel cammino.
Riporto di seguito una parte dell’ultimo messaggio che ci ha lasciato: «La prima parola che vorrei dire oggi è grazie. Grazie a tutti gli amici che mi hanno accompagnato nei miei lunghi anni. Grazie a tutti quegli amici che mi hanno accompagnato nei campi di lavoro in Kenya, in Tanzania, in Messico e nelle favelas del Brasile. Grazie a tutti voi che insieme abbiamo potuto realizzare il Villaggio della Gioia, il Villaggio della Luce, il Noviziato e la grande casa di Preghiera che sta per essere ultimata a Dodoma, nuova capitale della Tanzania. Grazie per avere sostenuto la nuova Congregazione delle Mamme degli Orfani che sta fiorendo nella chiesa di Dio e nel mondo intero. Oltre al grazie vorrei sottolineare la parola SPERANZA. Quella speranza che ci ha sostenuto in progetti ‘pazzi’ ma realizzati. Ma non di quella speranza tutta e solo umana che è sciocca ipoteca su un futuro incerto, ma che è sostanza di cose sperate e poi realizzate.»  Grazie a Te Baba per tutto quello che ci hai dato.

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