La lettera

Covid a scuola: troppi i ragazzi agli "arresti domiciliari", e non ci sono vantaggi per i vaccinati

Secondo i Garanti dell'Infanzia Maria Nicoletta Sudati e Leo Venturelli, le regole su quarantene e scuola vanno cambiate.

Covid a scuola: troppi i ragazzi agli "arresti  domiciliari", e non ci sono vantaggi per i vaccinati
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Troppi ragazzi agli "arresti domiciliari" pur non essendo positivi, ma soltanto contatti di compagni di classe positivi, e perdipiù vaccinati. Sono troppo rigide, secondo i Garanti dell'Infanzia Maria Nicoletta Sudati (della Città di Treviglio) e Leo Venturelli (di Bergamo), le regole applicate in questo momento dal Governo e dalle Regioni per gestire la pandemia a scuola. Sarebbero invece necessario un allentamento, che renda da un lato meno farraginoso il già infernale meccanismo burocratico scolastico, e dall'altro meno precario la frequentazione scolastica in presenza per milioni di bambini. Perlomeno di quelli che si sono vaccinati contro il Covid. Perché, paradossalmente, i piccoli "eroi" del vaccino non hanno ancora, nei fatti, alcun reale vantaggio o beneficio, in termini di garanzie di poter frequentare in classe, rispetto a chi non è vaccinato. Una equiparazione che non va, secondo i Garanti, nella direzione di incentivare la campagna vaccinale.

Giovani "agli arresti" e niente sconti per i vaccinati: così non va

In questa lunga lettera aperta, che pubblichiamo integralmente, Sudati e Venturelli denunciano come "le scuole stanno svolgendo compiti che sarebbero propri dell’ATS e i responsabili Covid degli istituti scolastici vanno oltre le proprie competenze", mentre

"Come Garanti dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza siamo costretti ancora una volta ad attirare l’attenzione delle istituzioni sulla situazione di disagio nel mondo dell’infanzia e dell’adolescenza relativamente a frequenza scolastica, interruzioni per quarantene e tamponamenti a raffica, con disagio per i bambini in particolare, ma anche per le famiglie frastornate dalle disposizioni legislative, per non dire dei dirigenti scolastici, a tempo pieno controllori e smistatori di bambini e classi in quarantena o in sorveglianza. Ma andiamo con ordine e vediamo il problema dai vari punti di vista.
- A scuola: i dirigenti scolastici della nostra provincia, come nel resto d’Italia, sono tempestati dalle Circolari ministeriali (le ultime del 30 dicembre 2021 e dell’8 gennaio 2021) con disposizioni sulle quarantene e i comportamenti per le classi con casi Covid, con regole diverse a seconda del grado scolastico e dello stato vaccinale di bambini e ragazzi. A cascata, vengono emanate nelle scuole le circolari per le famiglie che sono così alle prese con interpretazioni, letture di passaggi riportati integralmente da quelli del Ministero della salute e dell’istruzione, ingabbiati in disposizioni da interpretare tra FAQ del governo e risposte dell’ATS. Le scuole stanno svolgendo compiti che sarebbero propri dell’ATS e i responsabili Covid degli istituti scolastici vanno oltre le proprie competenze. Non spetterebbe ai pediatri stabilire chi debba fare un tampone? Perché nelle superiori si può frequentare solo con green-pass? Chi lo controlla? Non sarebbe utile distinguere tra sintomatici e asintomatici? Si ha presente che cosa succede in una famiglia in cui uno o due figli ricevono la mail dalla scuola? E cosa succede nelle scuole? Classi in quarantena, alcune di esse in parte in presenza e in parte in Dad, segreterie alle prese con la burocrazia Covid, ricerca di supplenti perché pure personale in contatto con casi Covid; ancora troppi i ragazzi agli “arresti” domiciliari. Nella bergamasca (dati ATS del 16/01/22) sono 875 le classi in isolamento, più di 15.500 studenti e più di 500 operatori scolastici. E si badi che non si tratta di numeri di contagiati.
- In famiglia: il genitore per ritirare il figlio e seguirlo lascia il posto di lavoro, magari per più giorni se costretto a quarantena per un bambino che potrebbe essere già vaccinato con due dosi, magari è asintomatico, e che non può andare, oltre che a scuola, né ad attività sportive, né all’oratorio, né in casa di amici… e poi disagi a non finire per cercare appuntamenti per tampone presso farmacie o centri tamponi e attestato di fine isolamento per la riammissione scolastica. Molte sono le incongruenze che i genitori, ma anche gli operatori non capiscono. Portiamo solo un esempio: un bambino guarito o vaccinato da meno di 120 giorni che frequenta la scuola d’infanzia o quella primaria, in caso di contatto scolastico positivo, deve stare in quarantena come tutti gli altri, ma se il contatto è avvenuto in famiglia, può frequentare la scuola con sorveglianza. Questo significa che un guarito anche da una settimana deve farsi la quarantena per contatto scolastico, ma un vaccinato per esempio col fratello convivente positivo non ha obbligo di quarantena, può stare a scuola con mascherina FFP2.
Come si possono promuovere la vaccinazione tra i bambini se poi l’essere vaccinati non comporta alcun beneficio? Come spiegare ai piccoli vaccinati con tanto di attestato di “eroi” che le garanzie di una vita più “normale” per sé e gli altri e di una scuola in presenza non ci saranno? Il Ministro dell’istruzione aveva assicurato che le scuole sarebbero rimaste aperte per dare un servizio, per far riprendere relazioni, per costruire apprendimenti che passino tra persone, per stemperare le differenze sociali, per allontanare il rischio di aumento di disagio.
Ma ancora una volta, dietro alle farraginose disposizioni burocratiche, si è scelta una soluzione lineare. La scuola è aperta, certo, ma i bambini sono chiusi. Le scuole sono più sicure delle strade, delle piazze, dei mezzi di trasporto. Sono più controllate. Eppure sono ancora le prime a soffrire di un’apertura dichiarata solo in teoria; di fatto i bambini sono più soggetti a provvedimenti diversificati, burocrazia, tamponi, interruzioni di programmi scolastici rispetto alle altre categorie di lavoratori.
Si moltiplicano così gli appelli da parte degli stessi pediatri e le petizioni da parte delle famiglie alla Regione nonché le segnalazioni del personale scolastico, affinché si rivedano le norme dentro la scuola. Da più parti si chiedono allentamenti delle restrizioni: possibile che i bambini ne abbiano più di tutti gli altri? Più che in tutti i paesi dell’Europa? Si può pensare a meno burocrazia, a semplificare le procedure, a cogliere il disagio di molti giovani, a considerare le difficoltà delle famiglie, a riportare l’insegnamento al suo ruolo principe che è quello di educare?
Ancora una volta come Garanti dell’infanzia e dell’adolescenza siamo dalla parte dei bambini e dei ragazzi, di una vita fatta di esperienze concrete e non virtuali, col diritto ad avere insegnanti come umanità intere e non mezzi-busto in un video, docenti capaci di una carezza, di un sorriso per le bambine e i bambini e non per una classe senza voce, col diritto di incontrare i coetanei per tutti, perché l’incontro con le persone è fondamentale per la crescita.

MARIA NICOLETTA SUDATI
LEO VENTURELLI
Garanti dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza di Treviglio e Bergamo

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