Bergamaschi positivi alle varianti inglese e brasiliana
Cambiano i protocolli: tracciamento e isolamento più stringenti
Undici pazienti bergamaschi positivi alle varianti. Nove a quella inglese, due a quella brasiliana.
La variante d'Oltremanica
Come racconta Prima Bergamo, dopo la notizia di un primo caso di variante inglese individuato in una scuola superiore di Bergamo, senza che il ragazzo fosse stato in Regno Unito o avesse avuto contatti con persone di rientro da Oltremanica, la dottoressa Lucia Antonioli, direttore del Dipartimento di Igiene e Prevenzione sanitaria di Ats Bergam ha dichiarato che ci sono nove casi bergamaschi positivi alla variante inglese, di cui quattro che non hanno avuto contatti col Regno Unito.
I bergamaschi positivi stanno bene
Questo significa che, com’era prevedibile, questa variante del virus ha iniziato a circolare anche nella nostra provincia in maniera più insistente, diventando probabilmente “autoctona”, ovvero sviluppandosi anche in persone che non hanno avuto contatti con il Paese in cui è stata per la prima volta individuata. La notizia positiva, però, è che nessuno dei positivi è grave: sono tutti o asintomatici o con pochi sintomi.
Due positivi alla variante brasiliana
Che questo accadesse, purtroppo, era prevedibile: la variante inglese, infatti, preoccupa maggiormente per la sua forte contagiosità (al momento non ci sono conferme del fatto che sia anche più pericolosa o mortale). Proprio come un’altra variante del Covid, quella brasiliana. La dottoressa Antonioli ha svelato che anche di questa sono stati individuati i primi due casi nella nostra provincia: si tratta di due persone rientrate dal Sudamerica prima che il 16 gennaio venissero chiusi i voli. Nessun caso invece, per ora, di variante sudafricana. Di positivo c’è che nessuno dei contatti avuti da queste persone negli ultimi giorni è risultato ugualmente positivo.
Tracciamento e isolamento più stringenti
La situazione è ovviamente da monitorare. Come conferma la dottoressa Antonioli, sono proprio le varianti del virus a preoccupare maggiormente in questa fase, tant’è che il Ministero ha rinforzato il protocollo: il tracciamento non si deve più limitare ai contatti avuti nelle 48 ore precedenti all’insorgenza dei sintomi o all’individuazione della positività, bensì a quelli dei 14 giorni (come accadeva durante la prima ondata), con un evidente sforzo maggiore per il personale di Ats. Cambia anche la modalità di controllo del positivo: solo in seguito a un tampone negativo dopo 14 giorni, e non più dieci, dalla positività il soggetto può finire l’isolamento.