La perizia psichiatrica ribalta l’accusa di tentato omicidio: per i giudici il giovane non era cosciente delle proprie azioni.
La notte dell’aggressione
Si è svegliato nel cuore della notte, spinto da un impulso incomprensibile. Ha raggiunto la camera da letto della madre, ha afferrato un cuscino e lo ha premuto sul volto della donna addormentata. È iniziato così l’episodio che, nella scorsa estate, ha portato un 30enne con un passato difficile davanti al giudice con una delle accuse più gravi: tentato omicidio. La madre, improvvisamente privata dell’aria, si è svegliata tra panico e dolore, iniziando a divincolarsi nel buio della stanza. Le sue urla soffocate hanno attraversato le pareti dell’appartamento e sono state percepite da una vicina di casa, da anni legata alla famiglia da un rapporto di fiducia. Consapevole che la donna le aveva lasciato un mazzo di chiavi “per ogni evenienza”, non ha esitato: è entrata nell’appartamento e ha trovato una scena destinata a segnarla per sempre. Il giovane era chino sul corpo della madre, il cuscino stretto tra le mani, lo sguardo perso nel vuoto. La vicina l’ha spinto via con forza, permettendo alla donna di respirare. La vittima ansimava, stremata, mentre l’aggressore appariva immobile, incapace di reagire. Solo dopo essere stato chiamato e scosso più volte, il 30enne è sembrato ritornare alla realtà, confuso e spaesato. Pochi minuti dopo sono arrivati i carabinieri e il personale del 118. Madre e figlio sono stati soccorsi: lei in stato di shock, lui agitato e incapace di spiegare quanto accaduto. Nonostante la donna abbia rifiutato di sporgere denuncia, il reato di tentato omicidio è procedibile d’ufficio. Il giovane è stato arrestato.
Le indagini e la perizia
Il caso è approdato davanti al giudice dell’udienza preliminare, che ha disposto una perizia psichiatrica per chiarire le cause di un gesto tanto estremo quanto inspiegabile. I due esperti incaricati hanno ricostruito lo stato mentale del giovane in quella notte: un episodio isolato, definito come un blackout psichico temporaneo. Non un raptus premeditato, non un impeto d’odio, ma uno stato alterato che gli impediva di comprendere il significato e le conseguenze delle sue azioni. La perizia è stata chiara: al momento del fatto, l’uomo era incapace di intendere e di volere. Inoltre, gli specialisti hanno escluso qualsiasi rischio di reiterazione. Nessuna pericolosità sociale, nessuna necessità di ricovero o misura restrittiva. Il 30enne, secondo i medici, non rappresenta una minaccia per sé o per gli altri.
La sentenza e il sollievo della madre
Sulla base delle conclusioni dei periti, il giudice ha dichiarato l’imputato non imputabile e lo ha assolto dall’accusa di tentato omicidio. Una decisione che ha chiuso un capitolo traumatico per la famiglia, rimasto sospeso per mesi tra angoscia e incredulità. La madre, che fin dal primo istante ha difeso il figlio e ne ha sostenuto l’innocenza morale, ha accolto la sentenza con un lungo sospiro di sollievo. Per lei, quel gesto non era mai stato il frutto di una volontà omicida, ma l’espressione di un malessere improvviso e incomprensibile.