Un gigante della pallacanestro e della comunicazione sportiva: bellissima serata ieri, giovedì, nell’auditorium di Fara d’Adda con ospite d’onore Dan Peterson, 89 anni, da Evanston nell’Illinois che in Italia ha scritto pagine di storia del basket allenando la Virtus Bologna e l’Olimpia Milano con cui ha vinto scudetti, Coppa Italia e Coppa Campioni. La serata, moderata dal giornalista Paolo Taddeo, è stata organizzata dall’associazione di promozione sociale “Ernesto Modanesi – Il Mister” con il patrocinio del Comune.
Dan Peterson ospite d’onore a Fara d’Adda
Un gigante della pallacanestro, e non solo, nonostante i suoi… 168 centimetri. Sul palco dell’auditorium in piazza Patrioti a Fara ieri sera è salito il “coach” Daniel Lowell Peterson, detto Dan, che il prossimo 9 gennaio compirà 90 anni. Accompagnato dalla moglie Laura e dal suo manager, ospite dell’associazione di promozione sociale “Ernesto Modanesi – Il Mister”, l’ex allenatore di Virtus Bologna e Olimpia Milano – che tra gli anni ’70 e gli anni ’90 ha scritto pagine memorabili della pallacanestro italiana – ha deliziato la folta platea raccontando aneddoti della sua carriera e della sua vita dialogando con il giornalista Paolo Taddeo e rispondendo ad alcune domande del pubblico. Introdotto da un filmato che ha ripercorso alcuni dei momenti salienti dell’allenatore statunitense, il suo primo ricordo è stato per Giorgio Armani, patron dell’Olimpia e uno dei più grandi stilisti di moda al mondo che il “coach” ha paragonato ai grandi geni italiani Leonardo Da Vinci, Raffaello e Caravaggio. “Un uomo da cui apprendere ogni volta che lo incontravo. Non per nulla è stato il numero uno della moda, non un anno… ma per cinquant’anni”. Il tema del basket non poteva che partire dalla Nazionale italiana e dal recente cambio in panchina tra Gianmarco Pozzecco e Luca Banchi. Una scelta azzeccata dalla Federazione, secondo Peterson che dopo gli anni da coach nelle Università americane ha guidato anche la Nazionale del Cile.
“Pozzecco ha avuto l’intelligenza di circondarsi di ottimi tecnici come suoi assistenti, lui era il motivatore del gruppo – ha detto Dan -. Banchi è un allenatore che è molto cresciuto, ha fatto grandi passi, è maturato ed è stata la scelta giusta per la Nazionale”.
L’epopea della “sua” Olimpia Milano
Il filo dei ricordi di Dan Peterson è poi passato agli anni vincenti con l’Olimpia Milano, parlando del rapporto con i giocatori simbolo di quella squadra come Mike D’Antoni, Dino Meneghin, Bob McAdoo, Roberto Premier e Vittorio Gallinari. Tanti gli aneddoti che il “coach” ha raccolto nel suo libro “La mia Olimpia in cento storie +1”. Lucida e precisa anche la narrazione della famosissima rimonta in Coppa Campioni contro l’Aris di Salonicco nel 1986: perso di 31 punti la gara d’andata in Grecia, 98-67, i biancorossi la settimana successiva riuscirono nell’impresa di ribaltare il risultato, vincendo di 34 punti, 83-49, al PalaTrussardi di Milano, eliminare i fortissimi avversari e spianarsi la strada sino alla finalissima di Losanna dove l’Olimpia sconfisse 71-69 il Maccabi Tel-Aviv.
“Ai tempi non c’era internet, non c’erano i telefoni, ok? Andammo in Grecia senza conoscere nulla del gioco dei nostri avversari che avevano in squadra gente come Galis, Yannakis e Subotic. L’ambiente era una bolgia e noi sprofondammo sino a -31. Io per una settimana non ho parlato con i giocatori: al ritorno in aereo non una parola, facevamo allenamento e non dicevo nulla, altro allenamento e ancora nulla sino al mercoledì successivo – ha ricordato -. Prima della partita ho detto ai giocatori: se vogliamo recuperare lo svantaggio serve pazienza, perché con un punto al minuto recuperato la vinciamo noi. Dopo 20 minuti eravamo a +14, nel secondo tempo abbiamo fatto ancora meglio e abbiamo vinto di 34. Viene da me McAdoo, il più forte americano che ha giocato da noi in Italia, e mi dice: “Dan, ero sicuro che ce l’avremmo fatta!”. E io: “perché dici questo Bob?”. Risposta: “Ti abbiamo visto così tranquillo durante la settimana, non hai detto nulla del -31 e noi eravamo tranquilli”. Non è vero, non ero tranquillo ma… rassegnato. E’ cominciata da lì la cavalcata sino alla vittoria della Coppa Campioni”.
Dan Peterson ha anche parlato ai tanti dirigenti e allenatori presenti in sala di quello che deve essere l’approccio con i giovani nella pallacanestro.
“I giovani devono giocare e divertirsi. Non vanno mai sgridati, non devono uscire dalla palestra con negatività. Devono uscire con la voglia di ritornare il giorno dopo a fare allenamento. Poi, crescendo, c’è lo step di fare pallacanestro e il terzo gradino è il professionismo”.
In auditorium a Fara c’erano anche dirigenti e un gruppo di giocatori – capitan Davide Reati, Richard Morina, Pietro Agostini, Marco Restelli e Giacomo Zanetti, insieme agli assistenti allenatori Edoardo Gallazzi e Marco Cremaschi – della Tav Treviglio Brianza che hanno donato al coach i due libri sulla storia del basket trevigliese scritti dallo storico dirigente ed ex consigliere della Fip Alberto Mattioli.
La carriera televisiva, il giornalismo e il recente libro del coach
Dato l’addio alla panchina ancora in giovane età, la carriera di Dan Peterson è proseguita come commentatore sportivo in televisione, giornalista con qualche “cameo” pubblicitario. Celeberrimo lo spot del “Lipton Ice Tea” girato nel 1987 con la frase iconica del coach: “Per me… numero uno!”. La sua voce, con quella marcata inflessione yankee che non ha mai perso nei tanti anni in Italia, ha raccontato in televisione il basket italiano ed NBA, il baseball, il football americano. E fu Dan Peterson il primo a raccontare in Italia il fenomeno del wrestling americano. Quando il suo manager glielo propose, però, Peterson era restio ad accettare. “Lo feci alla fine, però dissi che l’avrei commentato trattandolo come uno spettacolo, intrattenimento, non come un evento sportivo. E’ stata una fortuna: le trasmissioni andavano in onda dalle 22.30 e facevano 3,5 milioni di spettatori come ascolto con picchi che arrivavano a 5 milioni. Numeri incredibili per i tempi”.
Il coach ha poi risposto ad alcune domande da parte del pubblico, che ha sottolineato ogni suo aneddoto con scroscianti applausi. Si è poi congedato, non prima di aver firmato autografi e posato per qualche selfie ricordo con grandi e piccini che per una sera hanno potuto dialogare con un gigante del basket, dello sport e della comunicazione.
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