Il caporal maggiore accusato di tentato omicidio esce di scena per insufficienza di prove.
L’accusa e il processo
Un caporal maggiore dell’Esercito, 43 anni, in servizio a Bellinzago Novarese e sospeso dal ruolo, era accusato di aver sparato tredici colpi di pistola contro un 27enne marocchino nella Bassa bergamasca il 27 marzo 2024. La Procura aveva chiesto dieci anni di carcere, ma il tribunale lo ha assolto per insufficienza di prove, dopo tredici mesi di detenzione a San Vittore. Il giovane ferito, giunto da Pavia per acquistare droga, era rimasto colpito a un braccio e a una gamba mentre era in auto a Cividate.
Le indagini e i dubbi
Secondo l’accusa, l’episodio sarebbe stato un regolamento di conti tra bande rivali nel traffico di droga. La difesa ha sostenuto fin dall’inizio l’estraneità del militare, indagato comunque in un’altra inchiesta su armi e stupefacenti. L’uomo, rapito e picchiato quattro giorni dopo i fatti, non ha mai chiarito l’accaduto. Gli inquirenti avevano raccolto alcuni indizi: la targa della sua Fiat Punto avvistata in zona e una testimonianza di un’amica che avrebbe confermato il suo alibi a Urago d’Oglio, ritenuta però poco credibile.
Il verdetto
Nonostante i sospetti, nessuna prova ha superato il ragionevole dubbio. La vittima non ha riconosciuto la cicatrice sul volto dell’imputato e la descrizione fisica non coincideva. Nessuna traccia biologica o impronta sui bossoli lo ha collegato alla sparatoria. La difesa ha evidenziato anche l’assurdità di un militare che agisse a volto scoperto. Il tribunale ha così disposto l’assoluzione e la scarcerazione, in attesa delle motivazioni della sentenza.