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Il vescovo chiama e mezzo migliaio di persone si mettono in marcia per riaccendere la speranza

Sabato 20 settembre la Comunità ecclesistica territoriale 11 ha organizzato la "Manifestazione della speranza", partita da cascina Battaina

Il vescovo chiama e mezzo migliaio di persone  si mettono in marcia per riaccendere la speranza

Torce che squarciano il buio, striscioni, le note della banda, sbandieratori e centinaia di persone in marcia dalla Cascina Battaina fino in piazza Libertà, per tenere viva la speranza che in tempi bui come quelli che stiamo vivendo, sembra vacillare. Lo ha capito il vescovo Francesco Beschi, che ha incaricato le Comunità ecclesiastiche territoriali (Cet) la “Manifestazione della speranza”, andata in scena sabato 20 settembre a Urgnano, dove sono convenuti famiglie, gruppi e associazioni, i sacerdoti della Fraternità e amministratori provenienti da tutti i paesi della Cet 11, guidata dal parroco di Cologno al Serio don Giuseppe Navoni.

Prima tappa: cascina Battaina

Una serata suggestiva, che ha conosciuto tre tappe con altrettante toccanti testimonianze. Almeno 300 persone si sono ritrovate alla cascina Battaina, dove ha sede una fondazione che si occupa di persone fragili, e dove a testimoniare speranza sono state famiglie ucraine, fuggite dal buio della guerra, che hanno trovato la speranza nell’accoglienza ricevuta qui nel 2022.

“Ho lasciato il mio Paese senza sapere dove andare e con il cuore colmo di paura. Qui ci hanno offerto un alloggio e ci hanno fatto sentire a casa” ha detto Ludmila.

“Ho sentito la paura addosso, l’ho sentita dentro – ha aggiunto Camila – Ora temo di non poter rivedere il mio Paese libero e felice”.

E come loro tre donne in un video sottotitolato proiettato in cortile. Il racconto del terrore vissuto sulla propria pelle, la fuga, la nostalgia per la propria terra hanno suscitato viva commozione. Quindi tutti si sono incamminati con il vescovo in testa a portare in spalla il capo di una lunga treccia lunga 90 metri, fatta di fili colorati a simboleggiare tanti «fili di speranza» intrecciati insieme per crearne una comune; dietro a sorreggerla il resto dei fedeli e gli amministratori, tra cui il sindaco Marco Gastoldi.

Seconda tappa: centro sportivo

La seconda tappa è stata al centro sportivo, con le trombe della fanfara dei bersaglieri «Scattin» a far risuonare le sue trombe, poi la testimonianza di sei ragazze ospiti della comunità di recupero «La Gasparina» di Romano, che hanno trovato la speranza in una nuova possibilità di vita.

“Non credere a chi ti dice che la tua vita non cambierà, io so che non è così, se credi e vuoi si riesce, non siamo dei falliti – hanno detto tra le altre cose – C’è splendore in una parola di coraggio, in una carezza, nella voglia di alzarti e ripartire Se ci credi una speranza c’è”.

Terza tappa: piazza Libertà

Poi avanti verso la terza tappa, quella della piazza dove c’erano almeno altre 200 persone ad attenderli ed è stata festa grande con la Fanfara, gli sbandieratori e la banda musicale. Qui a testimoniare la speranza, quella delle nuove generazioni, sono stati i ragazzi dei diversi oratori della Cet, che hanno mostrato foto, video e raccontato le tante attività svolte. A concludere una serata che ha lasciato il segno una celebrazione giubilare in chiesa.

“Abbiamo percorso le strade insieme, fianco a fianco e la treccia è sembrata più leggera – ha detto il vescovo – così se coltiviamo la speranza e camminiamo insieme è più facile, la vita è più leggera. Abbiamo attraversato l’oscurità e poi raggiunto il cuore del paese, dove è esplosa la gioia. Il mondo ha bisogno di gioia, di speranza e di perdono. In questa ‘Manifestazione della Speranza’ vogliamo dire insieme che la speranza è un dono, è la scelta di rinunciare alla rappresaglia e di esercitare la misericordia”.

Poi un gesto altamente simbolico: “Si può spegnere la candela bianca della pace, quella rossa dell’amore, quella azzurra della fede – ha affermato spegnendo a una a una le fiammelle  – ma se resta accesa quella verde della speranza si va avanti”.

“È andata molto bene – ha commentato don Navoni – l’idea è di organizzare ogni anno un nuovo evento per ritrovarsi”.

Foto Gianluigi Radavelli