Caso Sgroi, la testimonianza di una vittima di Treviglio
L'ordinanza: "Personalità incline alla tipologia delittuosa in esame".

«Agiva chiaramente come se non fosse una visita medica. Ricordo perfettamente la sua faccia, l’ho anche sognata per lungo tempo, sembrava che stesse godendo che fosse eccitato, ho avuto incubi per mesi».
Sono le parole, agghiaccianti, di una delle quattro vittime di violenza sessuale che nei mesi scorsi hanno denunciato il medico e sindaco di Rivolta d’Adda Giovanni Sgroi, dopo aver subito abusi durante delle visite mediche. Da due venerdì fa, il dottore - già «luminare» della Chirurgia di Treviglio - si trova ai domiciliari. Nonostante le richieste di dimissioni, e la sospensione dall'incarico disposta dal Prefetto di Cremona, a Rivolta d'Adda il sindaco non ha fatto passi indietro: la gestione del Comune è passata in mano alla vicesindaco, mentre un assessore esterno, dopo l'esplosione del caso, ha preferito lasciare il posto in Giunta.
Si era rivolta al medico per una visita gastro-enterologica
A parlare è, in particolare, una giovane donna residente a Treviglio (omettiamo ogni altra generalità). La sua testimonianza, riportata per stralci nell’ordinanza di custodia cautelare, rende bene l’idea di quel «preciso modus operandi» che il Pubblico ministero ha rilevato in tutti e quattro i casi di violenza sessuale contestati a Sgroi, ma anche, sempre citando l’ordinanza del Gip, quella «personalità incline alla tipologia delittuosa in esame». Quella di un violentatore seriale, in breve.
La giovane trevigliese si era rivolta a Sgroi alla metà di gennaio del 2024, per una visita gastroenterologica. Quel giorno, ad accompagnarla al Cmp (il centro polispecialistico di Pozzuolo Martesana del quale Sgroi era il direttore, e dove sono avvenute le violenze) c’erano entrambi i genitori, ma il medico al momento della visita aveva deciso di far entrare nella stanza soltanto la madre. Dopo una normale palpazione addominale, Sgroi ha confermato la precedente diagnosi già in possesso della ragazza. Ma poi, quando la madre ha fatto riferimento ad altri problemi sempre di natura gastro-intestinale, il dottore ha deciso di «approfondire», invitando la giovane a togliersi pantaloni, scarpe e mutande e facendola sdraiare sul lettino. Da qui, senza guanti, ha cominciato un’esplorazione rettale senza il preventivo consenso.
L’ha quindi fatta rivestire, ma prima di congedarsi al termine della visita l’ha invitata di nuovo a riaccomodarsi, senza abiti, sul lettino, per «controllare una cosa».
La madre incredula: "È un uomo molto potente"
È cominciata un’ecografia, ma se con una mano il dottore reggeva l’ecografo, con l’altra - senza guanti - sono ricominciate le palpazioni intime, con un chiaro intento masturbatorio. Stranita, la ragazza ha avuto la prontezza di chiedere: «Ma lo stomaco arriva fin lì?». La madre, che attendeva dall’altra parte di un separé, si è quindi sporta per chiedere se andasse tutto bene: ha riferito di aver visto Sgroi ritrarre la mano, riprendendo a muovere l’ecografo per concludere la visita velocemente.
Sotto shock, la giovane trevigliese si è quindi confidata con la madre per raccontarle l’accaduto. Ma inizialmente è stata la stessa donna, «d’istinto», ad essere incredula. Considerata la posizione di Sgroi - sindaco a Rivolta, stimatissimo medico conosciutissimo in tutta la Bassa - le ha consigliato di non denunciare. «È un uomo molto potente», pensava. Ma soprattutto, lo stesso Sgroi godeva in famiglia di grande riconoscenza, per il supporto e l’assistenza ricevuta durante precedenti problemi di salute occorsi alla madre stessa e ad altri famigliari.
I messaggi dal medico su WhatsApp
Ma non era finita. Lasciato lo studio «frastornata ed emotivamente scossa», la giovane vittima si sarebbe di lì a poco dovuta confrontare anche con l’ulteriore trauma di ricevere dal suo violentatore diversi messaggi, inviati dal medico nelle ore seguenti. Inizialmente, ancora su consiglio della madre, la stessa aveva risposto. Solo dopo mesi, e dopo l’inizio di un percorso di psicoterapia, ha deciso di raccontare quanto accaduto. Nel corso delle indagini, anche la stessa psicoterapeuta è stata sentita dagli inquirenti, che pur invocando il segreto professionale sul racconto resole della paziente, ha confermato «lo stato di shock» della donna, dopo la visita.
Perché sono stati disposti i domiciliari
I racconti delle altre tre donne sono sostanzialmente «sovrapponibili», quanto a modus operandi. Le quattro, che pure non si sono peraltro mai incontrate, hanno reso testimonianze molto simili: hanno subito pratiche e manovre non coerenti, comprese palpazioni e penetrazioni, sono state invitate dal medico a ricontattarlo su WhatsApp.
Da qui la decisione di applicare la misura degli arresti domiciliari: secondo il Tribunale, esiste infatti il rischio di inquinamento delle prove, «in ragione della posizione di potere» di cui Sgroi godeva in qualità di direttore sanitario del Cpm. Ma anche il rischio di reiterazione del reato: stante «l’assenza di autocontrollo mostrato, non avendo del resto sortito alcun effetto il precedente procedimento penale analogo pendente presso il Tribunale di Bergamo», è stato ritenuto «molto probabile» che continuando ad esercitare come medico Sgroi potesse commettere altre violenze.