Rsa, rette alle stelle per pochi posti: quasi ventimila bergamaschi in lista d'attesa
E' la situazione delle Rsa in bergamasca a cui si rivolgono sempre più famiglie in cerca di adeguata assistenza per i loro cari

Troppi pochi posti con un costo giornaliero spesso insostenibile e una lista d'attesa inaccettabile. E' la situazione delle Rsa in bergamasca a cui si rivolgono sempre più famiglie in cerca di adeguata assistenza per i loro cari. Una cura che spesso necessita di un'attenzione e di una professionalità che è difficile poter garantire a domicilio.
L'allarme della Cisl sulle Rsa
Così, nonostante tutti vorremmo invecchiare tra le mura di casa nostra, ci si ritrova costretti a cercare un posto nelle tante (ma non sufficienti) strutture bergamasche. Ammettendo di riuscire a trovarlo - sono quasi ventimila i bergamaschi in lista d'attesa - ci si scontra con i costi sempre più simili a quelli di hotel a tre stelle.
L'allarme della Cisl
"Costi alle stelle, carenza di posti letto a contratto, liste d’attesa lunghissime, disparità fra territori, bisogni emergenti che attendono risposte: oggi, in Lombardia, e in misura altissima a Bergamo, riuscire ad accedere ad una Rsa è un problema, anche perché la domanda è esplosa. E a pagarne le conseguenze sono le famiglie", è il commento che arriva dalla Cisl.

In provincia di Bergamo sono state censite 68 Rsa, tutte private, 46 registrate come Onlus. In totale, sono 6.566 i posti letto autorizzati (il 2,63 per cento rispetto al numero degli over 65 bergamaschi), con un costo che oscilla tra la retta minima di quasi 70 euro a una massima di 77 euro. In lista di attesa, ci sono 19.580 persone (erano 9.041 nel 2022, un aumento del 40,67 per cento). Sono 17 le strutture con nuclei per Alzheimer o non autosufficienti, con 440 posti letto dedicati.
Pochi posti letto con rette esorbitanti
I posti letto autorizzati nelle strutture bergamasche sono passati dai 6.313 del 2020 ai 6.566 dello scorso anno. La retta media minima ha avuto una crescita negli ultimi anni dai 58,71 euro del 2020 ai 69,89 euro del 2024. Come per le minime, anche per le rette massime, le Rsa del territorio bergamasco sono quelle che hanno praticato gli aumenti maggiori, sia in valori percentuali che in valori assoluti (13,11 per cento e 10,11 euro).
"Il dopo pandemia ha sollevato impetuosamente il tema della sostenibilità dei costi per la gestione delle Rsa, conseguentemente anche dell’aumento delle rette - ha spiegato Mario Gatti, segretario della Fnp Cisl provinciale - Allo stato attuale, dopo inutili tentativi di arrivare a una discussione collettiva e a un confronto responsabile, ci troviamo di fronte a un panorama variegato, in cui alcune Rsa hanno applicato aumenti più o meno coerenti col dato dell’inflazione, mentre altre da gennaio 2025 e, ancora, in questi giorni hanno ulteriormente calcato la mano".
La Cisl denuncia il "far west"
"Non siamo disposti ad accettare questo modus operandi un po’ da Far West: in più occasioni pubbliche, ci siamo espressi nell’interesse del valore che le Rsa rappresentano per la comunità bergamasca - ha proseguito - Ci aspettiamo lo stesso senso di responsabilità dai gestori e, con rispetto, ricordiamo che lo devono alla comunità che ha dato loro mandato per avere un servizio dignitoso e la prospettiva di continuità futura".
Per Gatti, la sostenibilità economica è data anche da ricerca di modelli organizzativi più adeguati e razionali e nuovi servizi alternativi al ricovero, meno costosi ma rispondenti alla necessità degli anziani e delle loro famiglie.
"Se, come sembra, l’unica scelta è quella di proseguire con aumenti indiscriminati della retta, vedremo presto famiglie che, come per la rinuncia alla cura, saranno costrette a rinunciare per i loro cari all’accesso a queste strutture - ha concluso - Insieme agli altri sindacati, porteremo il tema davanti al Prefetto, anche per evitare che diventi terreno di conquista da parte di multinazionali, interessate solo a fare business".
Le sentenze sui malati di Alzheimer e malati gravi
A ciò, si aggiunge la questione delle recenti sentenze, che, come riporta Prima Bergamo hanno riconosciuto alle famiglie il diritto a non corrispondere la retta mensile per i congiunti malati di Alzheimer e in generale per gli anziani in condizioni di salute molto precarie. Questo per la connessione tra prestazioni socio assistenziali e sanitarie, che ha portato più familiari a sospendere i pagamenti e a intraprendere le vie legali, rischiando così di compromettere la tenuta dei bilanci delle strutture.
"Il risultato è un caos che verosimilmente peggiorerà negli prossimi mesi - denuncia il consigliere regionale Davide Casati, che lo scorso 13 maggio ha depositato un question time per richiamare l'attenzione della Regione - Rischiamo che si producano difficoltà per la tenuta dei conti delle Rsa, che a questo punto si troverebbero con i pagamenti scoperti. Già assistiamo a casi in cui alcune residenze sanitarie hanno iniziato a valutare l’ingresso di ospiti particolarmente fragili o con forte decadimento cognitivo".
Al tema sollevato dal consigliere regionale dem Davide Casati, componente delle commissioni III sanità e IX sostenibilità sociale, ha risposto il sottosegretario Mauro Piazza confermando la volontà della Giunta a proseguire il confronto politico e tecnico con le altre Regioni, al fine di chiedere, in modo condiviso, un intervento legislativo nazionale sul tema.
"Un riscontro positivo di cui siamo ovviamente soddisfatti - ha commenta Casati – ma ora bisogna fare presto perché il caos normativo che si è venuto a generare a seguito delle sentenze che hanno sancito la non corresponsione delle rette a carico delle famiglie rischia di mettere in difficoltà le oltre 700 Rsa lombarde e decine di migliaia di famiglie”.
Lo Stato deve fare la sua parte
La Giunta ha inoltre annunciato di voler avviare una specifica analisi della normativa di settore, dei setting, dei bisogni degli ospiti di Rsa, delle prestazioni e degli standard gestionali delle strutture, per definire in modo sempre più appropriato e personalizzato la filiera degli interventi dedicati alle persone con demenza; si tratta di oltre 33mila persone in Lombardia (dati 2024), che corrispondono a circa il 44% dell'utenza accolta in regime di Sistema sanitario nazionale nelle Rsa lombarde.
"Infine - conclude Casati - ho invitato la Giunta a prestare molta attenzione al Decreto Ministeriale approvato a fine aprile, e che sarà all’ordine del giorno della Conferenza Stato-Regioni, che prevede alcune modifiche di requisiti strutturali (per altri mai aggiornati in Lombardia negli ultimi 25 anni) che potrebbero incidere a livello economico sulle strutture tenute ad adeguarsi; in questo caso è fondamentale che alle Regioni vengano assicurati dallo Stato trasferimenti adeguati per poi poter supportare le Rsa senza che queste debbano gravare sui propri bilanci, con il rischio di riversare l'aumento dei costi sulle spalle delle famiglie aumentando le rette".
Contratti scaduti, sciopero per il 22 maggio
Intanto, il prossimo 22 maggio le sigle sindacali hanno indetto uno sciopero nazionale per il personale delle Rsa e sanità privata. Operatori sanitari, infermieri, Oss e personale amministrativo scendono in piazza per chiedere ciò che da troppo tempo è loro negato: rispetto, dignità, e un contratto che riconosca il valore del loro lavoro. La mobilitazione sostenuta da FP CGIL, CISL FP e UIL FPL chiede, a gran voce, il rinnovo del contratto collettivo Aiop/Aris della sanità privata - scaduto da oltre sei anni - e la firma di un contratto unico per le Rsa, dove il contratto Aris è fermo addirittura da 12 anni.