Le reazioni

Sentenza sul femminicidio di Yana Malaiko: una giustizia parziale che non riconosce la premeditazione

L'associazione Y.A.N.A. ha espresso l’insoddisfazione per il verdetto di primo grado di 20 anni di reclusione all’omicida della giovane donna ucraina che ha vissuto a Romano.

Sentenza sul femminicidio di Yana Malaiko: una giustizia parziale che non riconosce la premeditazione
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L'associazione Y.A.N.A. ha espresso l’insoddisfazione per il verdetto di primo grado di 20 anni di reclusione all’omicida della giovane donna ucraina che ha vissuto a Romano.

Giustizia parziale

“Quanto vale la vita di una donna? Quanto vale la vita di una ragazza di 23 anni barbaramente uccisa dall’ex fidanzato?”. Questa la reazione a caldo dell’associazione Y.A.N.A, You are not alone, dopo la lettura della sentenza emessa ieri, giovedì 7 marzo 2025, dal Tribunale di Mantova, in merito all’omicidio di Yana Malaiko, la giovane che ha vissuto a Romano, nei confronti dell'unico accusato, l’ex fidanzato Dumitru Stratan.

“La giustizia italiana ha emesso la sentenza per il femminicidio di Yana Malaiko, condannando l’imputato a 20 anni di reclusione. - hanno detto i referenti dell'associazione Yana - Nonostante il riconoscimento di tutte le aggravanti, la Corte non ha voluto riconoscere la premeditazione, concedendo così uno sconto di pena rispetto all’ergastolo. La scelta del rito abbreviato ha poi ridotto ulteriormente la condanna di un terzo, portandola a vent'anni”.

Lo sgomento per la sentenza

Una giustizia parziale per l’efferatezza e la violenza in cui si svolsero i fatti. Yana infatti attirata con una scusa nell'appartamento a Castiglione delle Stiviere  di Stratan fu uccisa e il suo corpo occultato in un trolley e gettato in un'area boschiva, fu ritrovato dopo dieci giorni di ricerche.

“Una decisione che lascia sgomenti - sostengono i referenti dell’associazione - Nonostante l’evidenza dei fatti: il monitoraggio degli spostamenti di Yana nei giorni precedenti l’omicidio, le minacce di morte, il sabotaggio delle telecamere del condominio, l’attesa nascosto sotto le scale prima del suo arrivo e persino le ricerche online su come creare un veleno, la giustizia oggi non ha voluto riconoscere la premeditazione. In aula, al termine della lettura della sentenza, un silenzio tombale ha espresso il sentimento unanime di insoddisfazione e incredulità di tutti i presenti. Questa non è giustizia".

La ricerca della giustizia

La delusione per la sentenza di primo grado non ha scoraggiato la famiglia di Yana e l’associazione che in questi anni è sempre rimasta accanto al padre Oleksandr Malaiko.

“Non ci fermeremo. Verrà presentato ricorso in appello per ottenere la condanna che Yana merita, per dare un segnale forte contro la violenza sulle donne, affinché la vita di una ragazza di 23 anni non venga valutata con indulgenza verso chi l’ha strappata via. - concludono i referenti dell'associazione - Vogliamo esprimere la nostra profonda gratitudine alla dottoressa Lombardo e al suo team per l’enorme impegno profuso, e all’avvocato Angelo Lino Murtas, che fin dalle prime ore dalla scomparsa di Yana ha dato non solo la sua professionalità, ma anche tutto ciò che umanamente era possibile, arrivando a sporcarsi scarpe e pantaloni pur di cercare il corpo di Yana. Continueremo a combattere. Per Yana. Per tutte le donne”.

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