Morena Massai va in pensione dal "Caimi": "Questo lavoro mi ha dato tanto"
E' entrata nella struttura vailatese 36 anni fa e da allora ha svolto con professionalità e disponibilità verso i pazienti il suo lavoro di operatrice socio-sanitaria

Morena Massai, operatore socio-sanitario 63enne della Fondazione Ospedale Caimi Onlus di Vailate, andrà in pensione oggi, sabato 1 marzo. Ha lavorato per 36 anni nella struttura, facendosi sempre riconoscere per la sua professionalità e la disponibilità verso i pazienti nel suo lavoro quotidiano di cura e di assistenza Proveniente da Bagnolo Cremasco, era stata assunta il 16 maggio 1988.
Al "Caimi" per 36 anni, Morena Massai va in pensione
Un lungo capitolo della sua vita lavorativa lo ha speso con professionalità e impegno Fondazione Ospedale Caimi Onlus di Vailate. Da oggi, sabato 1 marzo, Morena Massai, operatrice socio-sanitario, si potrà godere la pensione. L'abbiamo intervistata.
Come ricorda questi anni di lavoro e come sono cambiati nel tempo?
"Mi sono sempre trovata molto bene al Caimi e il lavoro di reparto mi è sempre piaciuto. Sicuramente il lavoro di Oss. nel tempo è molto cambiato, si è evoluto notevolmente. All’inizio, quando ho iniziato, non si conoscevano gli ambienti ospedalieri, si era un po’ “catapultati” in un mondo sconosciuto, anche se sono stata molto aiutata dai colleghi più esperti. È un lavoro molto pesante, con aspetti negativi e positivi. A me personalmente ha dato tanto, pensavo di non farcela e invece ce l’ho fatta e i ricordi sono senz’altro positivi. È una professione che è cambiata tanto nel tempo perché prima non avevamo ausilii, come i sollevatori, che adesso sono necessari. L’aspetto positivo è senz’altro legato agli incontri e ai rapporti che si stabiliscono sia con colleghe e colleghi sia con i pazienti e le famiglie. Spesso i famigliari mi riconoscono per la strada e questo mi fa piacere".
Oltre alla tecnologia e alle pratiche quotidiane cosa è cambiato nel tempo?
"È cambiata la tipologia dei pazienti, che hanno diverse patologie, anche perché si tende ad allungare sempre di più la vita. Prima avevamo 42 ospiti, di cui la metà erano autosufficienti a lunga degenza e pochi pazienti gravi. Adesso invece ne abbiamo 20 ma tutti gravi e con più patologie da seguire. La mia professione stessa è mutata nel tempo ampliandosi, anche perché adesso c’è una preparazione scolastica ampia ma poi, per questo lavoro, anche l’esperienza è fondamentale. Con il lavoro sul campo si impara molto".
Il rapporto con le famiglie si è modificato col tempo?
"I parenti sono diventati molto più esigenti, più presenti e più attenti rispetto a prima, per cui sono necessarie molte attenzioni e molta pazienza. Bisogna proprio imparare a mediare tra pazienti e parenti".
Il momento peggiore?
"Quello del Covid: la pandemia è stato un periodo duro sotto diversi punti di vista".
Ora potrà dedicarsi ai suoi hobby?
"Sì, mi posso dedicare alle mie camminate, alla passione per la montagna e a fare la nonna".