Il pianto che fermò la guerra. E che ancora ci interroga
La riflessione del parroco Monsignor Norberto Donghi in occasione della festa per la Madonna delle Lacrime
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Di Monsignor Norberto Donghi, parroco di Treviglio
In questi tempi incerti, in cui i venti di guerra soffiano minacciosi sul nostro mondo, il ricordo del Miracolo di Treviglio del 1522 risuona con una potenza rinnovata. Come allora, quando le truppe del generale Lautrec si apprestavano a saccheggiare la Città, l'ombra della violenza incombe sulle vite di tanti nostri fratelli, portando con sé paura e angoscia.
Eppure, proprio in quel momento di disperazione, un segno di speranza si manifestò: le lacrime versate da Maria, un pianto che commosse il cuore del generale e lo spinse a ritirare le sue truppe. Quella lacrima cambiò tutto. La notizia si diffuse rapidamente e giunse fino al generale nemico. Lautrec incredulo e commosso, decise di risparmiare la Città. Treviglio si salvò non grazie alle armi, né a trattative diplomatiche, ma per un segno di dolore. Fu il pianto della Madonna a disarmare il cuore di un condottiero.
Sono passati 503 anni da quel giorno, eppure il mondo è ancora lacerato dalla guerra. In questo momento, nel mondo, sono attivi oltre 50 conflitti in 92 nazioni; dall’Ucraina alla Palestina, dallo Yemen al Sudan, le immagini che ci raggiungono ogni giorno sono quelle di Città ridotte in macerie, famiglie spezzate, popoli in fuga. E mentre si discute di strategie militari e alleanze geopolitiche, le lacrime dei civili rimangono troppo spesso inascoltate.
La storia di Treviglio non è solo un episodio del passato, né riguarda solo la fede. È un monito universale. Ci ricorda che dietro ogni conflitto ci sono vite umane, speranze infrante, dolore. E ci invita a chiederci: cosa può fermare la violenza? È ancora possibile che il pianto di un innocente, la sofferenza di un popolo, scuota le coscienze e spinga qualcuno a fermarsi, come accadde nel 1522?
Forse, oggi più che mai, abbiamo bisogno di riscoprire il valore di quelle lacrime. Non come semplice emozione, ma come presa di coscienza.
La Madonna di Treviglio ci mostra che il dolore può diventare un appello alla pace, che la guerra non è mai inevitabile e che, anche nei momenti più bui, può esserci una speranza capace di disarmare persino un generale.