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Da Sharon Verzeni all'omicidio al Carrefour in via Tiraboschi: quando l'arma bianca diventa letale

Tutti i delitti di Bergamo e provincia hanno un elemento in comune: il coltello usato per uccidere.

Da Sharon Verzeni all'omicidio al Carrefour in via Tiraboschi: quando l'arma bianca diventa letale
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Tutti i delitti di Bergamo e provincia hanno un elemento in comune: il coltello usato per uccidere.

La diffusione dei coltelli

C’è troppa gente che gira col coltello in tasca a Bergamo, gli episodi recenti di cronaca nera lo confermano. Nel delitto di venerdì scorso in centro città è stato usato un coltello. Nell’aggressione di sabato a una donna fuori da un supermarket di Seriate c’è di mezzo un coltello. L’omicidio Verzeni dell’estate scorsa è avvenuto a coltellate. E tanto per gradire, due giorni prima di via Tiraboschi, i carabinieri hanno denunciato un 36enne di origine marocchina che aveva allestito un giaciglio alla stazione autolinee in cui c’erano sette grossi coltelli da cucina e uno multiuso. Sono alcuni esempi di quanto siano diffuse, impropriamente e pericolosamente, le armi da taglio in Bergamasca. Si tratta, a dire il vero, di un fenomeno allargato a tutto lo Stivale. Ma che sta destando forti preoccupazioni fra i cittadini.

La facilità di reperimento

Le forze dell’Ordine lo stanno monitorando con molta attenzione. Prima di tutto per la facilità di reperimento di simili armi. Mentre avere una pistola presuppone il porto d’armi - e in caso di violazione è previsto l’arresto -, appropriarsi di un coltello è molto più semplice: non servono autorizzazioni e esserne trovati in possesso implica solo una denuncia. Che poi va verificata con tutti i crismi del caso: che si tratti di un coltellino svizzero, di un multiuso, di uno stiletto, di un coltello a scatto e burocrazia discorrendo. Un coltello da cucina, ovvero quello usato più di frequente, invece è acquistabile ovunque anche se, in teoria, non sarebbe consentito portarlo fuori dalla propria abitazione se non per giustificato motivo. Certo è che, nelle mani sbagliate e con un uso improprio, diventa pericoloso quanto un’arma.

L'omicidio di via Tiraboschi

Ne è stato dimostrazione fin troppo palese l’omicidio del vigilante del Carrefour che ha sconvolto la città. Un caso del tutto particolare, d’accordo. Ma non più tardi di qualche settimana fa il questore di Milano aveva lanciato l’allarme per la diffusione sempre più ampia di armi da taglio. Specie fra le bande di ragazzini. Una sorta di “cultura del coltello” che è andata accoppiandosi con quella del sopruso. La cosiddetta “legge del più forte” (che spesso fa rima col più armato) che si sta diffondendo fra i giovanissimi, anche attraverso i falsi profeti della musica e le violentissime serie televisive. Dove il messaggio che passa è che, nella giungla urbana, se non hai un coltello non sei nessuno. Solo che il fenomeno ora sta prendendo una brutta piega. A fronte di gang di ragazzini di origini straniera, spesso dotate di coltelli, che aspirano a controllare a modo loro il territorio, c’è la reazione dei giovanissimi italiani che, per imitazione o per autodifesa, tendono a loro volta ad armarsi. Si tratta di un’escalation che le forze dell’Ordine registrano da tempo. Le lame spuntano ovunque, anche negli scontri fra piccole bande di quartiere. Spesso i ragazzini le usano con la stessa disinvoltura dei cellulari, per portare a termine piccole rapine, furti e minacce a coetanei e rivali. Se prima le risse finivano a scazzottate, oggi è un attimo che dal confronto spunti il coltello. E ci vuol poco perché dalle ferite alle braccia si passi a qualche colpo malauguratamente mortale.

Delitti in crescita

I dati, d’altronde, parlano chiaro. In Germania nell’ultimo anno i reati con armi bianche sono cresciuti del 15 per cento, tanto che si sta pensando a zone “lama free”. In Inghilterra vorrebbero mettere kit di “primo soccorso” lungo le vie più a rischio. Le vittime da accoltellamento in Europa sono aumentate del 36 per cento. E crescono anche in Italia. Nella vicina Milano le lesioni provocate da under 18 (dovute principalmente a coltelli) segnano + 48 per cento. Così come nelle altre grandi città del Nord, a forte immigrazione. In taluni gruppi sociali, uscire con un coltello in tasca è diventato una sorta di rito di passaggio all’età adulta, rivelano i rapporti del Dipartimento di pubblica sicurezza. Un’abitudine figlia del degrado sociale in cui vivono intere fasce della popolazione, residente o immigrata che sia.

Paura e autodifesa

La cultura del coltello non è delle nostre latitudini, invero. Ma il timore che anche la Bergamasca, per reazione, si stia rapidamente “adeguando”, c’è tutto. La diffusa sensazione d’insicurezza fra la cittadinanza è stata trascurata per anni, sottovalutata, persino derubricata a onirica percezione. Per contro, ora potrebbe spingere a scelte pericolosamente irrazionali, che seguono il bisogno di autodifesa. È inutile negarlo, con l’omicidio di via Tiraboschi qualcosa a Bergamo è cambiato. Per quanto si tratti di una vicenda dai connotati del tutto particolari, la città ora ha davvero paura. È rimasta col fiato sospeso finché il presunto assassino non è stato assicurato alla giustizia. Ma nel profondo è ancora sbigottita, sconcertata. L’orrendo fatto di sangue è avvenuto alle tre del pomeriggio, in pieno centro non alla stazione, con i bergamaschi in giro a passeggio, per le vacanze. Davanti a donne e bambini. Con il dispositivo di sicurezza incrementato per il periodo natalizio. Con un’audacia che rasenta la follia. Lo ha detto chiaramente il prefetto Luca Rotondi: "Non è un problema di carenza di personale tra le forze dell’Ordine: anzi, i servizi sono stati rafforzati. È emersa piuttosto la necessità di essere ancora più incisivi nei controlli, perché troppi giovani, italiani o extracomunitari, girano con i coltelli in tasca". Certo, che un ventottenne incensurato del Togo per motivi tutti suoi di colpo decida di ammazzare in mezzo alla gente il presunto rivale in amore con undici coltellate, era del tutto imprevedibile.

Educazione alla legalità

Non ci sono telecamere o pattuglie che tengano. I controlli delle forze dell’Ordine possono tutt’al più prevenire episodi in zone note, limitare i danni, persino scongiurare situazioni a rischio. Ma quel che serve, dicono gli esperti, è soprattutto una forte azione di educazione alla legalità. Da esercitare sui giovanissimi, sugli immigrati e, perché no, anche sugli italiani che talvolta tendono a risolvere i conflitti con la violenza, ivi compresa quella verbale, prologo alla successiva. Il problema, dunque, è anche e soprattutto sociale. Certo è che in una società sempre più aggressiva, le ricette semplicistiche messe in campo finora - da quelle buonistiche a quelle ghettizzanti - hanno fallito. E la dimostrazione lampante è che i cittadini sentano, anche per un solo istintivo secondo, la necessità di armarsi, per difendersi da sé.

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