Violenza sessuale, maltrattamenti e lesioni alla moglie: condannato a 11 anni
L'imputato, Giancarlo Mastropasqua, si trova già in carcere per scontare una condanna a otto anni per quattro rapine in sale slot e bar nella bergamasca
La sentenza nei confronti di Giancarlo Mastropasqua, 36enne di Casirate, è arrivata mercoledì al tribunale di Bergamo: 11 anni di carcere per violenza sessuale, maltrattamenti e lesioni sulla moglie 27enne. L'uomo, già in carcere per scontare una pena di 8 anni per quattro rapine a sale slot e bar nella bergamasca, al termine dell'udienza ha avuto uno scoppio d'ira in aula davanti al collegio giudicante.
Violenza sessuale, maltrattamenti e lesioni, 37enne condannato a 11 anni
Condannato a 11 anni di reclusione per i reati di maltrattamenti, lesioni e violenza sessuale nei confronti della moglie 27enne originaria di Muggiò. E’ questa la sentenza emessa dal collegio - presieduto da Patrizia Ingrascì con i giudici a latere Laura Garufi e Francesca Mazza - del tribunale di Bergamo nei confronti di Giancarlo Mastropasqua, 36enne residente a Casirate, che si trova già in carcere per scontare una condanna, sempre di primo grado, ad otto anni di reclusione per quattro rapine a sale slot di Brembate e Martinengo e al "Green Bar" di Treviglio messe a segno dall’imputato insieme ad una banda - composta da una coppia di coniugi residenti nel lodigiano e un quarto malvivente, coinvolto solo nella rapina a Treviglio, della provincia di Cosenza - che agiva, tra il milanese e la bergamasca, con il volto travisato da passamontagna e maschere da clown, minacciando di morte i gestori con pistole e mazze da baseball per farsi consegnare contanti, tagliandi «gratta e vinci» e tabacchi. Mentre gli inquirenti indagavano sulle rapine vennero a galla le vicende di presunta violenza domestica, costati a Mastropasqua un’ulteriore misura cautelare, il processo e la condanna emessa mercoledì dal tribunale orobico.
Lo scoppio d'ira in aula dopo la condanna
Il 36enne ha assistito all’udienza nella "gabbia" a vetrate dei detenuti, restando pacato seduto su una sedia. Pochi minuti dopo la lettura della sentenza, però, quando il suo avvocato Antonio Impellizzeri ha chiesto di avvicinarsi per parlargli, Mastropasqua ha reagito con uno scatto d’ira, tirando un calcio alla sedia e rompendola. Gli agenti della penitenziaria hanno cercato di bloccarlo, mentre in aula è calato il gelo: lui ha reagito scalciando la vetrata, mentre la moglie veniva portata fuori dall’aula, terrorizzata, dalla madre. In tribunale c’erano anche la madre e la sorella dell’imputato che hanno cercato di calmarlo, mentre gli agenti, a fatica, lo hanno portato via. il tutto sotto gli occhi del collegio giudicante. Le giudici nella sentenza - più pesante dei 9 anni e 3 mesi chiesti dal pubblico ministero Paolo Mandurino - hanno negato la concessione delle attenuanti generiche invocate dalla difesa, che aveva chiesto l’assoluzione dall’accusa di violenza sessuale, la più pesante, e il minimo di pena per gli episodi di maltrattamenti e lesioni, considerando che nel corso del processo l’imputato non ha dato segni di pentimento e "risulta gravato da precedenti condanne caratterizzate dalla violenza alle persone, significativa di una indole incline all’uso della forza".
La vittima, in tribunale, aveva raccontato il suo calvario
La 27enne aveva raccontato il suo calvario, protrattosi fra agosto 2022 e aprile 2023, nell’udienza del 3 aprile scorso. "Non potevo mettere i tacchi o truccarmi. Potevo indossare solo biancheria che voleva lui e la maglietta della salute sotto le altre maglie". E ancora: "Non potevo uscire, né avere amicizie. Dovevo stare in casa con le imposte chiuse. Ci eravamo conosciuti in Facebook, mi fece cancellare tutti i profili, anche quello che avevo per il lavoro". Secondo quanto riferito, lui si infuriava per qualsiasi cosa, anche se la tavola era apparecchiata male, o se rideva davanti a uno spettacolo in tv. E poi, le botte: "Mi aveva insegnato come bere dalla bottiglietta d’acqua, dovevo inserire entrambe le labbra. Quando ero incinta, eravamo da McDonald e io sbagliai, il labbro sotto rimase fuori. Allora mi portò a Treviglio, in una zona senza lampioni, senza niente, mi fece uscire dalla macchina tirandomi per i capelli, mi legò a un albero e iniziò a picchiarmi. Diceva “ti ammazzo” e continuava a picchiare. Poi mi sono accorta che avevo perso sangue e, a casa, mi mise a letto e mi curò". In seguito, la ragazza riuscì a recarsi in ospedale al San Gerardo di Monza, decise di abortire e una psicologa, che si rese conto della situazione, fece partire una segnalazione, arrivata ai carabinieri. "Dovevo sempre chiedere scusa", proseguì. Disse di essersi messa in ginocchio e di avere baciato i piedi all’ex dopo il presunto stupro, l’11 maggio 2023, per convincerlo a portarla in un locale pubblico, dove lei poi lo lasciò definitivamente. Corse alla cassa, fece chiamare la madre, il barista l’accompagnò in caserma e dalla caserma la portarono in ospedale. Uscì con 25 giorni di prognosi. Quel pomeriggio, prima di incontrarsi, con Mastropasqua si scambiarono molti messaggi, anche spinti, come rimarcato dalla difesa: "Io volevo assecondarlo perché mi aveva detto che poi mi avrebbe ridato le mie cose e la mia macchina".
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