Addio Claudio Ronchi, animo buono del "Bulldog"
Magazziniere in Same, si è spento lunedì all'età di 39 anni dopo una lunga battaglia con il tumore al cervello diagnosticatogli nel 2016. Era l'anima del pub di via Crivelli
Una battaglia contro la malattia, un tumore al cervello, durata otto anni e che purtroppo non ha dato scampo a Claudio Ronchi, 39 anni, di Treviglio, magazziniere alla "Same Deutz-Fahr" da dicembre del 2000. Lascia nel dolore la famiglia che gli è sempre stata accanto, gli amici - anche quelli del "Bulldog Pub" che era una sorta di seconda casa per lui - e i colleghi. Ieri, giovedì, la Basilica di San Martino era colma per dargli l'ultimo saluto.
Il "mostro" si è portato via Claudio Ronchi a soli 39 anni
Una giovane vita stroncata troppo presto da un male terribile, un tumore al cervello tanto subdolo da ricomparire quando meno te lo aspetti, quando dopo un doppio intervento e le cure, anche sperimentali, tentate, la "luce in fondo al tunnel" della paura e della sofferenza sembrava un traguardo lì da raggiungere. Dopo che per otto lunghi anni la battaglia contro il cancro, combattuta giorno dopo giorno, controllo dopo controllo, cura dopo cura, sembrava potesse essere vinta. Il destino, però, ha piani spesso incomprensibili e nel giro di pochi mesi ha spento la fiammella di speranza che albergava nel cuore di chi gli voleva bene e ha strappato un ragazzo di 39 anni all’affetto di genitori, fratelli, parenti, amici e colleghi di lavoro. Claudio Ronchi ha vissuto sulla propria pelle cosa significhi convivere, forzatamente, con un male che, purtroppo, raramente ti lascia scampo: lo ha fatto per otto lunghi anni, da quando nel 2016 all’ospedale di Bergamo gli stato diagnosticato il tumore. Uno chock per tutta la famiglia e, ancor più, per un trentenne che davanti ha ancora tutta una vita di vivere, ma che col tempo ha lasciato spazio alla speranza: l’intervento e le cure all’Istituto neurologico Besta di Milano sembravano aver "domato" il mostro e Claudio era tornato alla sua ruotine quotidiana: il lavoro alla "Same Deutz-Fahr" dove da dicembre del 2000 era operaio addetto al magazzino spedizioni, le passioni per i videogiochi e la tecnologia, il calcio e il tifo sfegatato per il Milan, i viaggi con gli amici ad Amsterdam, la vacanze in Puglia e qualche uscita con il metal detector nelle campagne della Bassa alla ricerca di monete o cimeli antichi.
Al "Bulldog" Claudio era l'anima del locale
E, alla sera, l’immancabile tappa al "Bulldog Pub" di via Crivelli, quasi una seconda casa per Claudio. Ci siamo conosciuti lì e dopo il periodo del lockdown pandemico, quando nella gente la voglia di "evadere" era forte, siamo entrati in confidenza, diventando amici, condividendo qualche ora di relax tra una birra, una bruschetta e l’immancabile Oransoda che a Claudio piaceva tanto. Era lui l’anima del locale, perché aveva un animo buono nonostante a prima vista apparisse schivo ed introverso e aveva la capacità di coinvolgere tutti nei suoi discorsi: dagli amici di sempre, quelli cresciuti con lui in via Jenner e conosciuti poi strada facendo come Diego, Mauro, Alessandro, Stefano, Alan, "Giachi", sino a quelli come il sottoscritto, Raffaele, Paolo, il Rota, Giacomo, Anna, Ivan, Piera, Dario e Lorella conosciuti frequentando il pub. L’appuntamento era lì, Claudio c’era, sempre, estate e inverno, seduto sulla sedia in plastica del tavolino esterno allestito da Dario davanti alle vetrina di un negozio chiuso da anni. Quando mancava, raramente, lo si sapeva, era perché le pesanti cure oncologiche non gli permettevano di uscire. Aveva uno spirito forte Claudio, quello che gli ha permesso di affrontare due interventi e le cure senza mai lamentarsi, mai. Ad accompagnarlo, con amore, nel suo cammino contro la malattia ci sono sempre stati papà Piero, mamma Carla, il fratello Stefano, la sorella Simona e il cognato Diego, la zia Egle, lo zio e le cugine che gli sono stati accanto, soprattutto quando, pochi mesi fa, le sue condizioni di salute sono peggiorate, costringendolo prima al ricovero in ospedale a Treviglio e, poi, quando più nessuna terapia era in grado di arginare il "mostro", a concludere il suo cammino all’hospice della Fondazione Anni Sereni.
Claudio Ronchi si è spento lì, lunedì nel tardo pomeriggio (mercoledì 12 giugno avrebbe compiuto i 40 anni), e ieri mattina, giovedì 13, la Basilica di San Martino era gremita di amici, colleghi e conoscenti per dargli l’ultimo saluto.
Io voglio farlo come quelle sere al pub quando ci incontravamo: "Bella Cla!", ti sia lieve la terra amico.