Treviglio festeggia il 25 aprile ricordando la figura di Giacomo Matteotti nel centenario della sua morte
Un lungo corteo, accompagnato dal corpo musicale, aperto dalle istituzioni civili e militari insieme a tanti trevigliesi: così la città ha celebrato il 79esimo anniversario della Liberazione
Un lungo corteo, accompagnato dal corpo musicale, aperto dalle istituzioni civili e militari insieme a tanti trevigliesi. Così la città ha celebrato il 79esimo anniversario della Liberazione quest'anno dedicata anche a omaggiare la figura di Giacomo Matteotti nel centenario della sua morte.
Treviglio celebra il 25 aprile e ricorda Giacomo Matteotti
A ricordare il giornalista e deputato socialista rapito e assassinato dai fascisti il 10 giugno del 1924 è stato proprio il sindaco Juri Imeri nel discorso ufficiale pronunciato questa mattina in piazza Insurrezione, con lo sguardo rivolto proprio a via Matteotti.
"Un anniversario simbolico che permette però di ricordare una vicenda storica, umana e politica che abbiamo voluto raccontare anche all’inizio di questo mese al Teatro Nuovo Treviglio con lo spettacolo di Maurizio Donadoni - ha ricordato il primo cittadino - Mussolini con abilità machiavellica poté impunemente dichiarare di assumersi tutta 'la responsabilità politica, morale, storica' di quanto era avvenuto, ma non quella penale. Così il rapimento e l’assassinio di Matteotti divennero poi l’infelice simbolo dell’affermazione del regime totalitario in Italia. Pochi giorni prima infatti, il 30 maggio 1924, Matteotti prese la parola alla Camera dei Deputati per contestare i risultati delle elezioni tenutesi il precedente 6 aprile e denunciò una serie di comprovate violenze, illegalità e abusi commessi dai fascisti per riuscire a vincere le elezioni in una requisitoria divenuta famosa".
"Non si voltò dall'altra parte"
"Matteotti era consapevole di esporsi a un grave rischio mettendo alla luce la deriva totalitaria del governo. Ma non per questo voltò la faccia dall’altra parte o scelse di fare un passo indietro. Si prese tutta la responsabilità delle sue parole e delle sue azioni, sapendo che non avrebbe mai ottenuto l’invalidamento del voto, ma auspicando di aprire una stagione politica di dura opposizione al regime fascista dai banchi della Camera. E gli era ben chiaro anche che avrebbe potuto rischiare la vita - ha proseguito Imeri nel racconto - Terminato il suo intervento in Parlamento disse infatti rivolgendosi a Giovanni Cosattini seduto accanto a lui ed indirettamente ai suoi compagni di partito: 'Io, il mio discorso l'ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me'. Purtroppo il presentimento divenne realtà pochi giorni dopo".
Contro le guerre in ogni tempo
"Matteotti ha messo in gioco la propria vita e l’immenso affetto per la moglie e per la propria famiglia per amore della giustizia e per rivendicare uno Stato libero e democratico. Lo ha fatto senza cedere a ricatti o minacce. O a quella che sarebbe stata la comprensibile paura di morire e di perdere tutto. E questa storia, che interseca l’amore per la “cosa pubblica” a quello per gli affetti più intimi e privati, suscita ammirazione e, soprattutto, richiama alle responsabilità - ha aggiunto tornando poi all'attualità - In questo mondo, pervaso dalle notizie sulle guerre anche a noi vicine, in cui a volte non è facile nemmeno capire la complessità di quello che accade, si rischia di doversi in qualche modo trovare a dover prendere posizione, da una parte o dall’altra, alimentando tensione anche dove la democrazia esiste davvero e la violenza non può e non deve essere ammessa. L’unica posizione che dobbiamo prendere è quella per la pace, auspicando passi indietro, dialogo, diplomazia e riconoscimento dei diritti".
E poi un augurio per il nostro tempo, già sconvolto da tante, troppe guerre.
"Io mi auguro che gli eroi della nostra epoca possano essere coloro che sono in grado di determinare la pace nel mondo, il successo della ricerca scientifica, la valorizzazione del welfare, il rispetto per l’ambiente, la costruzione di modelli di vera giustizia sociale, la promozione del sistema economico, lo sviluppo scolastico e culturale, il superamento delle disparità di trattamento, l’affermazione del merito - ha dichiarato - È forse un’utopia, ma è la strada da percorrere riconoscendo con onestà che 'la violenza e la dittatura predicata dall'uno, diviene il pretesto e la giustificazione della violenza e della dittatura in atto dell'altro'. Parole di Giacomo Matteotti, che così si esprimeva rispetto al fascismo e al comunismo".
"Alimentiamo e difendiamo la democrazia"
"È giunta l’ora di superare inutili fazioni, di riconoscere gravi errori da parte di chiunque abbia usato la violenza o regole di regime per la propria affermazione, allora come oggi. Siamo un paese democratico e libero grazie a tanti uomini e donne che hanno combattuto per il tricolore che oggi sventoliamo ed esponiamo con ancora più orgoglio e che abbiamo omaggiato con ogni corona deposta, ogni preghiera recitata, ogni onore reso - ha concluso Imeri - Matteotti e i partigiani ci hanno consegnato la democrazia e noi alimentiamo ogni anno, in questa giornata, la memoria, il rispetto e il pensiero commosso dell’intera città di Treviglio per tutti coloro che hanno contribuito a consegnare alla nostra nazione il dono più grande: la libertà".
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