Presidio anti-abortista davanti all'ospedale di Treviglio, scoppia la polemica
La segretaria provinciale della Cgil: "Utilizzati toni violenti e intimidatori". Matilde Tura (Pd): "Un fatto gravissimo"
Il presidio anti-abortista tenutosi davanti all'ospedale di Treviglio nel pomeriggio di giovedì 4 gennaio 2023 ha sollevato un vespaio di polemiche. All'evento ha partecipato anche il vescovo di Cremona, monsignor Antonio Napolioni.
Presidio anti-abortista
Il presidio anti-abortista, ufficialmente un "momento di preghiera e di testimonianza in difesa della vita contro aborto ed eutanasia", è stato promosso da "40 Giorni per la Vita" in collaborazione con "Ora Et Labora In Difesa Della Vita". All'evento hanno partecipato una decina di persone, tra cui il padre bianco Giuseppe Locati, collaboratore del settimanale trevigliese "Il Popolo Cattolico" (ma presente a titolo personale), don Angelo Rossi cappellano dell'Ospedale di Treviglio e, a sorpresa, il vescovo di Cremona monsignor Antonio Napolioni, che aveva sostenuto la raccolta firme anti-abortista di "Un cuore che batte".
Le proteste della Cgil
Non sono mancate le proteste e le polemiche contro il presidio anti-abortista. In particolare da parte della Cgil, che venerdì 5 gennaio ha diramato un comunicato a nome della segretaria provinciale del sindacato Annalisa Colombo. Nel mirino alcuni degli slogan utilizzati dagli anti-abortisti, come “Abortire è come affittare un sicario” oppure “L'aborto è un vero Olocausto di Stato”.
"Gli organizzatori hanno definito l'iniziativa come un 'incontro di preghiera, concomitante con lo svolgimento degli aborti' - ha sottolineato Colombo, che si è detta profondamente scossa per i toni intimidatori e violenti utilizzati - Non si sa esattamente cosa quest’ultimo dettaglio significhi, facendo persino sorgere il dubbio che dati sensibili sugli interventi svolti all’interno siano trapelati impropriamente all’esterno".
"L'aborto è un diritto sancito dalla Legge"
“Periodicamente, e con sempre maggior frequenza negli ultimi anni, si ripropongono iniziative volte a demonizzare l’interruzione volontaria di gravidanza e colpevolizzare le donne che vi ricorrono, spesso a seguito di decisioni difficili e sofferte - ha proseguito Annalisa Colombo - Oltre ai presidi all’interno degli ospedali, alle convenzioni degli stessi con varie associazioni, alle iniziative dei movimenti antiabortisti, ora si aggiunge anche il caso di Treviglio, con il cosiddetto ‘incontro di preghiera’ anti-abortista. Noi crediamo fermamente che alle donne debba essere garantita la libertà di scelta prevista dalla legge. Continuiamo ad impegnarci affinché sia così. La legge 194/78 ha sancito un diritto fondamentale, un diritto che nel corso degli anni ha subito attacchi da molti fronti ma che ha permesso a molte di scegliere consapevolmente se diventare madri o no, e che non obbliga chi non è d’accordo a fare lo stesso”.
"Troppi medici obiettori di coscienza"
"Questa situazione rappresenta per le donne, soprattutto per le migranti con difficoltà linguistiche, un ostacolo spesso insormontabile, soprattutto in alcuni territori - ha sottolineato Colombo - I consultori pubblici, in tutto il Paese sono pochi: lo 0,6 ogni 20mila abitanti. Ricordiamo, inoltre, che i dati raccolti in molti Paesi dimostrano che laddove l’interruzione di gravidanza è lecita e regolata dalla legge, i numeri che si registrano sono notevolmente più bassi. Vogliamo tornare alle interruzioni di gravidanza clandestine? Nel mondo l’aborto non sicuro è una delle prime cause di morte materna e, anche se in Italia non arriviamo a questo, è senz’altro necessario sostenere economicamente i consultori pubblici in modo che possano garantire tutte quelle attività che nel corso degli anni si sono ridotte al lumicino. Pensiamo che iniziative come quella promossa a Treviglio non servano a tutelare né la sicurezza né la libertà delle donne. Ma solo a intimidire chi entra ed esce dalla struttura sanitaria e chi dentro vi opera”.
Matilde Tura: "E' un fatto gravissimo"
"Trovo il fatto gravissimo, per diversi motivi - ha detto - Innanzitutto che si svolga una una manifestazione intimidatoria e violenta nei confronti delle donne, chiamandola 'incontro di preghiera'. È ormai ben chiaro a tutti che la violenza non è solo quella fisica, e l’esporre cartelli con scritto 'mamma io ti perdono' o 'meglio in braccio che sulla coscienza' e inscenare funerali di bambolotti sono tutte forme di violenza psicologica di inaudita ferocia, pensate e studiate per umiliare e colpevolizzare una donna che si avvalga di un diritto garantitole dalla legge italiana. Legge nata dalla volontà del popolo italiano che si è espresso in un referendum che si è svolto 40 anni fa. Se si vuole pregare si può pregare per quello che si vuole, anche senza cartelli e bambolotti, e soprattutto non davanti a un Ospedale, luogo dove chiunque deve poter trovare la cura e l’assistenza di cui necessita senza sentirsi giudicato, intimidito, demonizzato. Mi sembra anche grave che per dare l’idea dell’importanza e dell’attualità dell’iniziativa si millanti di essere a conoscenza di dati sensibili sugli interventi in corso nell’Ospedale, evidentemente coperti da segreto professionale, gettando di fatto discredito sulla professionalità di chi lavora all’interno dell’Ospedale. Una mancanza di sensibilità e di rispetto nei confronti di chi fattivamente e quotidianamente e non per cercare visibilità si adopera per il benessere, la salute e la vita delle persone".