Omicidio Gozzini, in Aula emerge l’ipotesi del movente: pedofilia
Questo il presunto, inedito, movente che martedì, ieri, è emerso nell’aula della Corte d’Assise. Sul banco degli imputati c’è il 79enne Domenico Gottardelli
Pedofilia, è questo il presunto, inedito, movente che ieri, martedì 13 giugno, è emerso nell’aula della Corte d’Assise. Sul banco degli imputati c’è Domenico Gottardelli, 79 anni idraulico in pensione, di Covo, che il 14 settembre scorso sparò all'imprenditore Fausto Gozzini di Romano.
Il movente della pedofilia
Il pm Francesco Messina gli contesta l’omicidio volontario aggravato dalla premeditazione. La mattina del 14 settembre di un anno fa, Gottardelli viaggiò sulla sua pittoresca "Due Cavalli", con a bordo un fucile Beretta calibro 12 per raggiungere il parcheggio della Classe A Energy, a Casale Vidolasco, la ditta dell’amico Fausto Gozzini, 61 anni, residente a Romano. Gottardelli dopo essere entrato negli uffici, uccise con una fucilata al petto l’imprenditore. Ma ad allungare l’ombra della pedofilia su Gottardelli è stato l’avvocato di parte civile, Emilio Gueli, legale della vedova Renata Galbiani e di uno dei due figli Marcello Gozzini, l’altro figlio Marco è parte civile con l’avvocato Alessandro Pasta. In aula è emerso che nella primavera di un anno fa, Gozzini ricevette informazioni da Luigi, il vicino di casa a Susa in Tunisia, e dallo stesso factotum tunisino dell’imprenditore. La vedova ha raccontato: "Luigi voleva prendere in affitto la casa. A mio marito disse che era un andirivieni di giovani minori, una sorta di sexy shop. E il factotum gli raccontò di questo presunto traffico di pedofilia".
Le indagini
Camillo Calì è il comandante del Nucleo Investigativo dell’Arma che indagò sul movente.
"Ci siamo concentrati sui viaggi in Tunisia. Gottardelli passava parecchi mesi a Susa nell’appartamento del signor Gozzini. Abbiamo sentito la moglie e il figlio Marco. Ci hanno raccontato che nel mese di maggio, si presentò in ditta, richiedendo a Fausto di poter tornare in Tunisia".
Ma Gozzini si rifiutò, "perché avevano saputo che Gottardelli in Tunisia aveva avuto problemi con la giustizia. Riceveva ragazzi minori. Noi volevamo sentire il factotum". Lo chiamarono più volte, senza risposta. "Quando siamo riusciti a contattarlo, gli abbiamo chiesto se potesse venire a Cremona, ma lui ha detto di no per una questione di documenti".
Il racconto della vedova
"Quando lo ha saputo, mio marito rimase stupito. - ha raccontato la vedova di Gozzini - Io gli consigliai di non dargli più l’appartamento. Ero presente quando a maggio Gottardelli venne in ditta. Mio marito gli disse: ‘Non te la do più la casa in Tunisia’. ‘Ma cosa ti hanno detto?’, rispose lui: una frase ripetuta più volte. Mio marito, nonostante la sua insistenza, non gli disse che aveva sentito che lì dentro si portava bambini. Della cosa lo sapeva il socio di mio marito. Mio figlio Marco aveva sospettato che gli piacessero i ragazzini".
Insiste il presidente della Corte: "Suo marito non specificò il motivo imbarazzante?". "No", ha risposto.
La versione dell’omicida
Gottardelli non ha cambiato la sua versione del movente, resa al gip durante l’interrogatorio di garanzia, 9 mesi fa.
"Io e Fausto eravamo amici da parecchi anni. Lui frequentava la mia cameriera, entrava in casa, hanno preso i soldi in garage. Ho fatto una gran stupidata, chiedo scusa alla famiglia. Per cinque anni continuavo a macchinare, macchinare, macchinare. Sono scoppiato".
"Quando?", la domanda in aula. "Dev’essere stato l’11 settembre.- ha risposto Gottardelli - Dovevo andare a Treviglio per un controllo. Sono tornato a casa verso le 16.30-17. Ho visto il lenzuolo stropicciato. Sono sincero: questa cosa mi ha fatto scattare".
La perizia psichiatrica
Del "lenzuolo stropicciato", Gottardelli ha parlato agli psicologi che, su incarico della difesa, sono andati in carcere a visitarlo. Uno è Marco Frongillo, l’altra è Moira Liberatore.
"Gottardelli ha spiegato che quel giorno è scaturita la decisione dalla percezione di una piega del lenzuolo. Era entrato in casa, il lenzuolo era stropicciato. Ha parlato di un rapporto sessuale tra la cameriera (lavorava per lui da 28 anni) e il suo amico. Questo ulteriore ‘oltraggio’ lo avrebbe determinato. Lo raccontava con soddisfazione e serenità. Verso la vittima non aveva sentimenti di rabbia o di rancore, ma nemmeno di compassione".
La Corte ha disposto una perizia per verificare se il 79enne fosse capace di intendere e di volere al momento del fatto e sulla eventuale incompatibilità del regime carcerario con le sue condizioni di salute. L’incarico sarà conferito all’udienza del 27 giugno prossimo.