Uccise la compagna gettandosi nell'Adda con l'auto, Carlo Fumagalli condannato a 22 anni
L'uomo, 50 anni, aveva confessato subito dopo la tragedia.

E' stato condannato a 22 anni di carcere Carlo Fumagalli, l'uomo che il 19 aprile 2022 uccise la compagna Romina Vento gettandosi nel fiume con l'auto a Fara d'Adda. La sentenza è arrivata oggi, martedì 30 maggio 2023.
Condanna per Carlo Fumagalli
Come riporta Primalamartesana, la Corte d'Assise del Tribunale di Bergamo ha emesso oggi, martedì 30 maggio 2023, la sentenza per Fumagalli, il vapriese 50enne chiamato a rispondere dell'omicidio della compagna, la 44enne Romina Vento, avvenuto un anno fa a Fara. La sera del 19 aprile 2022 Fumagalli si era lanciato con l'auto nelle acque dell'Adda, impedendo alla compagna di riemergere.
L'udienza
Nel corso dell'udienza che si era tenuta il 12 maggio scorso, il Pubblico ministero aveva chiesto una condanna a 22 anni di reclusione, con la concessione delle attenuanti generiche all'imputato, che compensano l'aggravante determinata dal fatto di aver ucciso la convivente. Il 50enne, che dopo l'omicidio era stato ritrovato dai carabinieri mentre vagava per le strade di Vaprio, il suo paese di origine, aveva subito confessato. Nel corso del processo, Fumagalli aveva rilasciato delle dichiarazioni spontanee ricostruendo gli ultimi anni del rapporto con la compagna, iniziato nel 1997 e da cui erano nati due figli, spiegando come fosse andato in crisi da circa due anni.
Giustizia riparativa
Durante l'udienza del 12 maggio, prima della condanna, sia il Pubblico ministero che la Difesa avevano sostanzialmente concordato sulla dinamica e sulla richiesta di pena al giudice Giovanni Petillo. L'avvocato di parte civile che rappresenta i due figli, minorenni, della coppia, aveva anche chiesto un programma di giustizia riparativa per l'assassino reoconfesso, chiedendo che - quando sarà il momento - possa incontrare i due ragazzi.
La giustizia riparativa o giustizia rigenerativa, in ambito giuridico, è un approccio teorico al reato e alla pena rispettivamente come danno alle persone e come rimedio pratico alle sue conseguenze. Da ciò consegue l'obbligo, per gli imputati giudicati colpevoli, di rimediare alle conseguenze delle proprie condotte nei confronti delle vittime, che non hanno più un ruolo meramente "passivo" di spettatori della pena.
Teorizzata già dagli anni Ottanta, specie in Nord America, la "restorative justice" "si distingue dal modello moderno e contemporaneo di pena" che tende a considerare il reato come "semplice" violazione di una norma, e la pena come "conseguenza giuridica" sanzionatoria. Diversamente, per la Restorative Justice «Il crimine è una violazione delle persone e delle relazioni interpersonali; le violazioni creano obblighi; l'obbligo principale è quello di rimediare ai torti commessi» come spiega uno dei suoi fondatori, Howard Zehr.
Nel caso specifico dell'omicidio di Fara, le principali vittime - oltre ovviamente a Romina Vento - sono i suoi familiari e in particolare i figli, minorenni, che nel giro di poche ore, quel 19 aprile, hanno perso sia la mamma, uccisa, che il papà arrestato e portato in carcere. L'avvocato che li rappresenta quali parti civili propone per loro, in un futuro ancora da definire, un percorso che possa prevedere anche un incontro con il padre.