L'operaia milionaria rischia cinque anni di carcere
I fondi neri del marito e la voluntary disclusure. Ma lei sostiene di non sapere da dove venissero
La casalinga-operaia con una mega villa in paese, Carmen Testa, rischia cinque anni di carcere. Questa la richiesta di condanna avanzata dal pubblico ministero, nell'ambito del processo nei confronti della sessantenne arcenese, che nel 2015 avrebbe fatto rientrare in Italia tramite "voluntary disclosure" - uno strumento che consente ai contribuenti che detengono illecitamente patrimoni all’estero di autodenunciarsi alla Magistratura - un tesoro a sei zeri: nove milioni di euro, provenienti da una bancarotta del marito, poi mancato, negli anni Novanta.
La presunta frode e la maxi villa
Tutto era cominciato dalle indagini su una presunta frode fiscale da 28 milioni a carico del marito. Una lussuosa ed enorme villa con piscina (nella foto), circondata da un immenso giardino e un piccolo campanile in legno con tanto di orologio e campane, non passa certo inosservata a chi passa dal paese. E nemmeno alle Fiamme gialle. Confrontando il tenore di vita di Testa con le sue dichiarazioni dei redditi, avevano cominciato a indagare ormai anni fa, arrivando ad un sequestro da 14 milioni.
La voluntary disclosure e l'accusa del pm
Ma come si è arrivati alla richiesta di condanna per lei, se la voluntary disclosure che aveva richiesto ormai otto anni fa è di fatto uno strumento che serve a regolarizzare la posizione degli evasori? Il problema è che, secondo i pm, Testa avrebbe ostacolato gli accertamenti che avrebbero escluso i beni riportati in Italia dalla possibilità di accedere a questa procedura: la "regolarizzazione" avrebbe dovuto infatti escludere le somme derivanti dalla bancarotta fraudolenta.
Sequestro preventivo
E da lì, sempre secondo l’accusa, arriverebbero gran parte delle somme accumulate in Svizzera. Gli investigatori avevano scoperto che quei soldi erano stati trasferiti a Lugano attraverso l’interposizione di una società avente sede nel Belize. Ed erano state così richieste e ottenute misure cautelari per un maxi sequestro preventivo comprendente 7 milioni di euro, una società immobiliare e 29 tra fabbricati e terreni. Da qui il processo per falso e riciclaggio a carico della donna. Di tutt'altro avviso i suoi legali, che invece chiedono il dissequestro dei beni: Testa, sostengono, non aveva idea della provenienza dei soldi che aveva chiesto di far rientrare.