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Il Pd bergamasco scrive a Zingaretti: "Il nostro No al referendum per essere rappresentati meglio, non meno"

In poche ore l'iniziativa di Federico Pedersoli e Matteo Rossi ha raccolto 80 adesioni dagli iscritti al partito.

Il Pd bergamasco scrive a Zingaretti: "Il nostro No al referendum per essere rappresentati meglio, non meno"
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Si scalda il dibattito politico intorno alle ragioni del "Sì" e del "No" sul referendum confermativo per il taglio dei parlamentari. Una consultazione popolare che va oltre al diritto dei cittadini di esprimersi in merito a modifiche che cambierebbero interi articoli della Costituzione italiana e si conferma uno scontro prima di tutto politico.

Il Pd bergamasco scrive a Zingaretti

Per questo il Pd bergamasco ha deciso di scrivere al segretario del Pd Nicola Zingaretti per spiegare le ragioni di un "No" che punta a migliore, piuttosto che minore, rappresentanza in Parlamento. Una lettera redatta su iniziativa di Federico Pedersoli e Matteo Rossi, che in poche ore ha raccolto più di 80 adesioni.

Caro segretario,
ti scriviamo affinché la prossima direzione nazionale indichi la strada della libertà di voto ai nostri iscritti in vista del prossimo referendum costituzionale.
Noi, iscritti ed elettori del Partito Democratico di Bergamo, riconosciamo e sosteniamo il lavoro che hai svolto in questi mesi difficili, sia nel rilancio del partito, sia dell’azione del governo, capace di affrontare la situazione creatasi dalla pandemia e di rinnovare il ruolo delle istituzioni europee verso una maggior attenzione e una capacità di intervento nelle politiche sociali e ambientali. Altrettanto crediamo si debba nel rapporto con l'alleato incidere maggiormente e con minore subalternità su temi sentiti nella nostra comunità: immigrazione, ruolo nel mediterraneo, scuola e lavoro, oltre le logiche necessarie in questo particolare momento di sostegno e di intervento dello Stato.
La coesione che il Paese ha saputo dimostrare è maturata anche grazie alla funzione responsabile svolta dal nostro partito, e la tenuta del Pd è innanzitutto frutto del lavoro del gruppo dirigente che stai guidando con capacità e che ti riconosciamo.
Il passaggio referendario non è certo facile, e condividiamo in toto l’allarme che hai lanciato circa l’uso strumentale che vuol farne chi intende lavorare contro il partito e contro il governo.
Al tempo stesso, tanti iscritti ed elettori del Pd stanno decidendo in piena coscienza di votare "No", con argomenti, sentimenti e valori che attengono all’importanza del ruolo del Parlamento, al timore della cultura dell’antipolitica di cui si fanno portatori alcuni sostenitori del "Si", alla convinzione della necessità di riforme migliori e complete a partire dal superamento del bicameralismo paritario che la riduzione dei deputati renderà pressoché impossibile: i nostri gruppi parlamentari hanno votato tre volte no e una volta "si alla condizione che" (non verificatasi). Vi è in gioco la riduzione degli spazi della rappresentanza anche dei più deboli, senza alcun passo avanti in tema di governabilità del paese.
Il nostro "No" non è figlio né di una logica conservativa né di un attacco al governo, bensì della volontà di essere rappresentati meglio e non meno, e del bisogno di un profilo più autonomo e riformista per il nostro partito dentro l’attuale maggioranza.
Crediamo pertanto che lasciare libertà di coscienza e di voto ai nostri iscritti possa essere una scelta capace di arricchire un dibattito aperto nel Paese, utile a superare il clima di scontro e la discussione a tratti caricaturale delle reciproche posizioni a cui stiamo assistendo, nel pieno rispetto di quello che sarà l’esito e nella piena consapevolezza del percorso di riforme che dovrà continuare nelle aule del Parlamento. E' giunto il momento di sganciare definitivamente il tema referendario dalle sorti del governo che deve proseguire il suo lavoro. D'altro canto la compagnia dei "sì" degli oppositori al governo è molto ampia e quella riduzione di rappresentanza la votano perché figlia di un'idea incrollabile e pericolosa delle destre quella dell'autoritarismo, che noi combattiamo".

Le lettera porta le firme di: Carmine Acerbis, Matteo Acquaroli, Mariella Agnello, Davide Agostinello, Paolo Amaddeo, Roberto Amaddeo, Monica Ardizzone, Maria Teresa Azzola, Marco Bacis, Giovanni Barbieri, Mirvjen Bedini, Alberto Bellini, Davide Belotti, Sandro Benigni, Roberto Benintendi, Maurizio Betelli, Liala Bonfanti, Silvio Bonomelli, Rita Bettoni, Alessandro Cainelli, Erminio Cattaneo, Rosalba Cattaneo, Franco Chiaramonte, Salvatore Colangelo, Alberto Colombelli, Emanuele Comi, Max Conti, David Corsalini, Riccardo Cortesi, Franco Daminelli, Marika De Beni, Alessandro De Bernardis, Patrizio Dolcini, Beppe Facchetti, Milva Facchetti, Paolo Falbo, Enrico Felli, Ivar Foglieni, Chiara Frassoldati, Giovanna Gambirasi, Tommaso Giocondo, Gabriele Giudici, Giorgio Gori, Michele Guadalupi, Giovanni Guerini, Michele Lecchi, Giancarlo Lodi, Serena Longaretti, Vittorio Magni, Maria Carla Marchesi, Erik Molteni, Edoardo Musitelli, Raffaello Nardini, Maurizio Ornaghi, Luca Pandini, Dino Paoli, Diego Parimbelli, Donatella Pasinelli, Michela Pellicelli, Angelo Petro, Giuseppe Petruzzo, Annarosa Pievani, Sergio Piffani, Luca Pirelli, Graziano Pirotta, Pia Placa, Alfredo Pozzi, Mario Presezzi, Olivano Previtali, Tiziano Ravasio, Angela Reggiani, Giovanni Rossi, Ferruccio Rota, Daniela Scandella, Stefano Segna, Stella Tringali, Giuseppe Signorelli, Alberto Vergalli, Alberto Vertova, Paola Vezzoli, Elisabetta Zilioli, Angela Ortelli, Giampietro Ferraris, Denise Nespoli, Marco Caravita.

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