Treviglio, dallo psicologo 40 medici e infermieri a rischio di stress post-traumatico
"Hanno vissuto situazioni pesanti e ora, finita la tempesta, continuano a pensarci". Lo stress post-traumatico si fa sentire tra chi ha lavorato in prima linea per mesi.
Per medici e infermieri la morte è una componente che fa sicuramente parte della quotidianità. E’ normale che in un ospedale, accanto ai tanti guariti, ci sia anche chi purtroppo se ne va per sempre. Chi ci lavora lo sa bene e lo accetta come come «regola del gioco». Eppure, l’emergenza Coronavirus ha dimostrato che anche chi è abituato ad essere così a stretto contatto con la sofferenza ha dei limiti. Sono state settimane drammatiche, quasi catastrofiche. Il personale sanitario si è ritrovato improvvisamente a dover gestire un numero di deceduti quasi da guerra e, lo dicono le cronache, più volte ha dovuto scegliere a chi dare l’opportunità di provare a sopravvivere al maledetto virus. Non solo: ha dovuto anche sostituire i parenti per dare l’ultimo saluto a chi perdeva la sua battaglia con il Covid, ha dovuto dare carezze e stringere le mani per far sentire meno soli chi se ne stava andando. Una situazione che nessuno, medici, infermieri, Oss e Asa probabilmente avrebbe immaginato di dover vivere.
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Lo stress post traumatico tra medici e infermieri
Uno scenario che, inevitabilmente, ha lasciato degli strascichi sia fisici, ma soprattutto mentali. Ecco perché l’Asst Bergamo Ovest ha deciso di attivare una sorta di screening tra i suoi dipendenti, per capire quanto la pandemia ha influito sul benessere psicofisico del personale. A tutti è stato inviato via mail con un questionario di autovalutazione per capire se e quanto l’emergenza ha influito a livello psicologico sui sanitari, ma anche sul personale amministrativo. Test con i quali si può capire l’impatto che hanno avuto gli eventi tragici di marzo e aprile e quale sia l’attuale qualità di vita professionale. «Dopo la compilazione - ha spiegato Gianfranco Lupi, responsabile del servizio di Psicologia Clinica - il dipendente ottiene un risultato che dà un’indicazione del suo stato di stress. E’ poi lui a decidere, in totale autonomia, se rivolgersi al nostro Sportello Benessere (già attivo da prima dell’emergenza sanitaria, ndr) e affrontare un percorso che lo aiuti a risolvere i suoi conflitti interiori. Ovviamente . ha proseguito Lupi - il nostro consiglio è di chiedere aiuto adesso, perché il rischio è di accumulare le tensioni e di esplodere poi come una bomba magari tra mesi o addirittura anni».
Quaranta sanitari hanno aderito
Al momento sono già una quarantina le persone che si sono rivolte agli psicologi della Asst. In maggioranza sono infermieri, ma ci sono anche medici e qualche impiegato. «Si tratta di soggetti che hanno un disagio legato a un profondo stress - ha spiegato Gianfranco Lupi - Hanno vissuto situazioni pesanti a cui ora, finita la tempesta, continuano a pensare. Immagini, spesso terribili, che tornano davanti agli occhi. Molti hanno un senso di impotenza, l’angoscia di non aver potuto aiutare le persone che soffrivano. E poi ci sono le tante morti a cui hanno assistito, situazioni a cui quasi nessuno era abituato. Infine, c’è anche la preoccupazione per i propri cari, il timore di infettare genitori, mogli, mariti e figli. Tutto questo mina il benessere psico-fisico ed è quindi necessario intervenire affinché il quadro non peggiori».
Per ora gli interventi sono soltanto al livello individuale. L’obiettivo del pool di specialisti che si sta occupando dello Sportello Benessere è però quello, quando la situazione di emergenza sarà rientrata, di organizzare sedute collettive, un progetto di gruppo che aiuterà a superare più facilmente questo momento drammatico.
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