Gli "invisibili" dello sport alzano la testa
Sono tantissimi. Si sono organizzati su WhatApp, e ieri mattina, venerdì, a San Siro, hanno protestato pacificamente perché lo Stato si ricordi anche di loro: gli «invisibili» dello sport, una delle categorie più colpite dalla crisi legata al lockdown.
Istruttori sportivi: una categoria di "invisibili"
Sono istruttori di nuoto, di fitness, di yoga, personal trainer. «Collezionisti» di brevetti e titoli di studio che si affastellano sui curriculum, ma che raramente valgono un contratto di lavoro stabile. Anzi. I contratti di «collaborazione sportiva», spiegano, sono il trionfo della precarietà. Ora che l’emergenza Covid-19 ha chiuso le palestre e le strutture sportive, per molti di loro la pausa significa semplicemente disoccupazione a entrate zero. Tra loro ci sono anche tre professioniste della Bassa e del Cremasco, che in questi giorni hanno diffuso interessanti lettere aperte per riflettere sulla loro condizione. Sara Carminati, trevigliese, Maria Di Guido, cremasca, e Antonella Rutigliano, atleta paralimpica di Spino d’Adda che dopo una vita a gestire palestre, ora tiene corsi anche per chi - come lei - ha dovuto affrontare i postumi di un brutto incidente o un percorso oncologico.
"Covid ha fatto emergere una categoria di invisibili - raccontano - Senza contratti stabili, senza sicurezza sul lavoro, e ora senza lavoro" spiega. Carminati è istruttrice di nuoto, anche nella piscina cittadina. Di Guido insegna fitness musicale, e fit kombat, con studi a Londra, Parigi e Madrid. Rutigliano, invece, si è specializzata tra le altre cose in Pilates. Per tutte e tre, lo stop di Covid-19 ha significato un blocco quasi totale delle entrate. "Molti gestori di palestre ci chiedono in queste settimane di tenere corsi online per mantenere un rapporto con i nostri corsisti - spiegano - E va bene, per carità: capiamo il momento. Certamente non possiamo farlo gratis, come in molti datori di lavoro invece ci hanno chiesto".
Mercato del lavoro saturo, ma...
Il mercato del lavoro nel loro settore è inflazionato, anche per l’ingresso di molti giovani senza esperienza e senza specializzazione, ma che costano molto poco. "Spesso sono giovani sportivi - spiegano - Che a tempo perso, per rendersi indipendenti dai genitori, fanno gli istruttori. Ma non basta essere bravi atleti per essere bravi maestri. Bisogna studiare. Noi l’abbiamo fatto, ci siamo formati. Ma per molti operatori non ha alcun valore, tutto ciò".
E poi c’è il problema degli ammortizzatori sociali pressoché inesistenti e di un rapporto di libero-professionismo spesso molto poco libero.
"Finché si lavorava, si faceva finta che le cose andassero bene... - spiegano - Ma ora è evidente che figure come le nostre hanno bisogno di un’associazione di categoria che finalmente le rappresenti. Per questo ci stiamo muovendo, anche con la Cgil, e questa mattina a Milano faremo sentire la nostra voce".
Il flash mob a San Siro
Ieri moltissimi collaboratori hanno portato davanti al «Meazza» uno strumento rappresentativo della propria attività interrotta, per un flash mob in sicurezza. Intanto, Rutigliano ha anche scritto al ministro dello Sport Vincenzo Spadafora raccontando la sua storia e il suo impegno sportivi massacrato dall’emergenza e dalla crisi. La speranza, chiedono, è che la «Fase 2» porti con sé anche una riforma del loro settore. "Sappiamo che molti imprenditori titolari di impianti sportivi sono in difficoltà, ma non chiediamo la luna - concludono - Lo sport è la nostra vita: vogliamo solo poter fare il nostro lavoro serenamente".
Leggi gli interventi e la lettera aperta a Spadafora sul Giornale di Treviglio - CremascoWeek in edicola, oppure QUI