Terapia del plasma, anche in Bergamasca si cercano volontari: COME DONARE
Il "Papa Giovanni XXIII" aderisce a uno studio dell'Irccs di Pavia per verificare l’efficacia del trattamento sperimentale.
"Donare il plasma per aiutare chi sta ancora combattendo contro il Covid-19. E’ ora possibile, per chi è guarito, dare un contributo immediato e concreto alla cura dei pazienti ricoverati in ospedale a causa del Coronavirus con una donazione di plasma, la parte liquida del sangue". Lo fa sapere l'Asst Papa Giovanni XXIII di Bergamo, che sta cercando volontari per uno studio in corso a Pavia. La speranza è di riuscire ad aiutare malati in condizioni critiche, somministrando loro del plasma di persone guarite che contiene gli anticorpi necessari a sconfiggere il virus.
Bisogna essere stati malati di Covid-19 ed essere guariti
Per donare il proprio plasma ai fini di implementare lo studio è necessario avere un’età compresa tra i 18 e i 67 anni, aver avuto la malattia confermata da un tampone positivo ed essere guariti, condizione accertata da due tamponi negativi consecutivi.
La donazione di plasma viene effettuata, previa attenta valutazione clinica e laboratoristica di idoneità alla donazione, con una procedura di plasmaferesi, che dura circa 40 minuti. Chi vuole dare il proprio prezioso contributo a questo progetto ed ha le caratteristiche richieste può inviare una email all'indirizzo simt.qualita@asst-pg23.it.
“La procedura è per certi versi simile alla donazione di sangue – ha spiegato Anna Falanga, direttore del Dipartimento interaziendale di Medicina trasfusionale ed ematologia della provincia di Bergamo - Il prelievo avviene dalla vena del braccio con effetti collaterali scarsi o nulli per il donatore, che può tornare alla sua vita normale subito dopo la donazione”.
Una cura sperimentale su un'idea tutt'altro che nuova
La somministrazione di plasma iperimmune per il nuovo Coronavirus è ancora una cura sperimentale e l’ospedale di Bergamo ha aderito allo studio promosso dall’IRCCS San Matteo di Pavia, che si pone l’obiettivo di verificarne l’efficacia.
“L'idea di usare il plasma raccolto da persone precedentemente infette per trasferire passivamente gli anticorpi ad una persona malata risale a quasi 100 anni fa ed è stata applicata nella cura di vari agenti patogeni, come la rabbia, l'epatite B, la poliomielite, il morbillo, l'influenza, l'Ebola. Oggi, la stessa idea viene applicata contro il COVID-19 – ha commentato Anna Falanga- È tra le terapie che stiamo testando per i pazienti Covid positivi che permangono in una condizione critica e si sta dimostrando efficace, ma vanno approfonditi tanti aspetti, dai tempi della somministrazione alla tipologia di malato che può effettivamente trarre beneficio dal trattamento. È necessario quindi generare casistica e dati da analizzare per mettere a punto una strategia valida, ma anche priva di rischi. Per fortuna abbiamo alle spalle decenni di esperienza nel settore delle terapie immunoematologiche, il che ci aiuta a muoverci su un terreno non del tutto sconosciuto, anche se di questo virus in particolare si sa ancora poco.”.