Il premier Conte a Bergamo: "La zona rossa? L'abbiamo considerata ma il contagio era già diffuso" VIDEO
Il presidente del Consiglio è arrivato in via Tasso ieri sera alle 23 per incontrare il sindaco Gori, il prefetto e i rappresentanti della sanità bergamasca.
È durato poco più di un’ora il vertice di ieri in prefettura a Bergamo tra il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il prefetto Enrico Ricci, il sindaco Giorgio Gori e alcuni rappresentanti della sanità bergamasca. Prima di chiudersi a colloquio con i rappresentanti delle istituzioni Conte ha risposto a qualche domanda della stampa come riportano i colleghi di PrimaBergamo.it.
Conte a Bergamo
Conte, arrivato alle 23, ha lasciato via Tasso alle 00.30, dopo aver incontrato per primo il sindaco, che ha sottoposto principalmente i temi di un reddito di emergenza a sostegno delle fasce sociali deboli, maggiormente colpite dal punto di vista economico, quello dei genitori che dovranno rientrare al lavoro e quello delle mascherine. Quindi, il premier ha incontrato Massimo Giupponi, direttore generale di Ats Bergamo, Maria Beatrice Stasi, direttore dell’Asst Papa Giovanni XXIII, Fabio Pezzoli, direttore sanitario dell’Asst Papa Giovanni XXIII di Bergamo, e Simonetta Cesa, direttrice della direzione delle Professioni sanitarie e sociali del Papa Giovanni.
Zona rossa? Il contagio era già diffuso
Inevitabile, la domanda sulla mancata zona rossa tra Alzano e Nembro, sulla quale il premier è parso un po’ in difficoltà. Conte non ha detto nulla di nuovo: "L’abbiamo considerata, abbiamo fatto delle valutazioni sulla base di un contagio che appariva già diffuso. Abbiamo quindi chiesto un approfondimento al comitato tecnico-scientifico. Il 5 marzo è arrivata la relazione il 6 marzo sono andato in Protezione civile. La sera del 7 ho firmato il Dpcm che ha messo in zona rossa tutta la Lombardia".
Domanda anche sul motivo per cui non si sia deciso di “tracciare” buona parte della popolazione, almeno quella che dovrebbe tornare a lavorare dal 4 maggio, con test e tamponi: "Se avessi mappato tutti i lavoratori, il Paese avrebbe dovuto restare fermo troppo tempo. Non ci sono i tempi tecnici per farlo". Infine, prima di incontrare le autorità presenti, una domanda anche su cosa avrebbe detto ai medici che in queste settimane hanno lottato in prima linea contro il virus, spesso “a mani nude”: "Prima fatemeli incontrare, poi vedremo cosa gli dirò. Di certo li ringrazierò per il lavoro svolto in queste settimane".
Papa Giovanni: "Abbiamo chiesto riaperture ragionevoli"
"È stato un incontro dove c’è stata la possibilità di illustrare quelle che possono essere alcune linee per il futuro – ha spiegato a margine dell’incontro la dottoressa Stasi -. Abbiamo rappresentato la nostra preoccupazione, chiedendo anche che le aperture siano ragionevoli e vengano attuate con massima prudenza. Finché non avremo una cura o un vaccino dovremo adottare misure di responsabilità verso noi stessi e gli altri. A Bergamo c’è stata certamente un’ondata diversa da quella che si è registrata nel resto d’Italia: abbiamo avuto oltre diecimila positivi in provincia, pari a cinque volte i casi di regioni intere come Campania e Puglia, o tre volte rispetto al Lazio. Ragioniamo di una realtà di necessità e di guerra diversa dalle altre e anche la lettura dei fenomeni deve essere diversa".
Tamponi: "Troppi vincoli oggettivi"