L'associazione delle vittime scrive al Papa: “Basta comprensione per i criminali detenuti”
L'associazione scrive a Francesco: "Dignità nelle carceri, ma devono essere anche luoghi di afflizione e punizione".
"Basta parole di sostegno soltanto per i carcerati, noi vittime siamo signori nessuno". Ha scritto direttamente a Papa Francesco, da Cividate, il rappresentante provinciale dell' "Osservatorio nazionale sostegno vittime dei reati", Adriano Balestra. L'ex assessore, aggredito brutalmente sei anni fa da una banda di rapinatori nella sua azienda, chiede più attenzione per le vittime di reati e meno enfasi mediatica sulle rimostranze dei carcerati, dopo le proteste dei giorni scorsi per le condizioni di detenzione nei penitenziari italiani durante l'emergenza Covid-19.
Basta comprensione solo per i carcerati
Attraverso una lettera del suo referente provinciale bergamasco l' "Osservatorio nazionale sostegno vittime" si è rivolto al Pontefice, per chiedere un preghiera per le famiglie che ogni giorno soffrono per la scomparsa di un proprio caro. Una preghiera accompagnata da un appello, perché si riduca la "comprensione" pubblica per le rivolte in carcere durante i primi giorni dell'emergenza Covid-19, dopo che lo Stato aveva deciso di sospendere le visite dei parenti.
La lettera inoltrata da Balestra
“Noi (vittime) siamo i veri invisibili, diamo fastidio, perché ricordiamo allo Stato la sua incapacità di prevenire e reprimere il crimine, ricordiamo alle aule di tribunale come la giustizia umana sia fallace e imperfetta, e ricordiamo alla gente comune che chiunque può essere vittima di un delitto che gli cambierà la vita per sempre. - recita il testo - Anche in queste ultime settimane, durante e dopo le rivolte in carcere dei detenuti, ascoltiamo sempre e soltanto parole di comprensione e sostegno in loro favore da parte di chi ha ruoli istituzionali e mediatici molto importanti, senza che mai nessuno si ricordi del dolore che ogni giorno proviamo noi, privati dalla cattiveria dell’uomo dei nostri affetti più cari e della nostra serenità. Ciò non può che aumentare il nostro senso di abbandono, la nostra certezza di essere tanti, innumerevoli, signori nessuno”.
La denuncia dell'Osservatorio
“E’ assolutamente giusto e imprescindibile che i luoghi di restrizione della libertà personale debbano rispettare la dignità della persona, e che la pena sia anche rieducativa, perché siamo tutti convinti che un condannato riabilitato non sbaglierà più e non farà altre vittime sul suo percorso di vita, una volta uscito dal carcere - continua la lettera - Ma la pena deve essere anche afflittiva, deve rappresentare una punizione, perché nella punizione è insito anche il valore della rieducazione, e spesso, essa è l’unica giustizia che una vittima può ottenere. Ossia, quella di una pena severa, ma giusta. Il perdono è qualcosa di intimo, talvolta legato al sentimento religioso, ma non può essere né scontato, né preteso, soprattutto da chi subisce gravi reati. Né, di certo, le vittime possono essere aiutate in questo percorso, se, sistematicamente, le si dimentica nel loro dolore e nella loro sofferenza, pensando esclusivamente a recuperare la pecorella smarrita mentre quelle rimaste nel recinto muoiono di fame. Le chiediamo di pregare anche per noi, per alleviare le nostre sofferenze, il nostro sconforto e la mancanza dell’affetto dei nostri cari uccisi”.
L'aggressione ai Balestra
Il cividatese Adriano Balestra è da alcuni anni il referente per la provincia dell’osservatorio nazionale sostegno vittime, l’associazione che si occupa di fornire sostegno alle vittime di reato e aggressione e di cambiare le leggi a tutela delle vittime. Il 9 dicembre 2014 Adriano Balestra e suo padre Giovanni erano stati selvaggiamente picchiati durante una rapina nella loro azienda in via Romano a Cividate. Un'aggressione che provocò gravi danni fisici a Giovanni. Nel maggio del 2017 sono stati condannati tre rumeni responsabili della rapina e dell'aggressione. Otto anni e 8 mesi a Alin Jan Burujana, di 31 anni e a Marinel Oprea; quattro anni e 8 mesi a Marvin Marian, 55 anni. Una condanna in abbreviato che ha scontato un terzo della pena. Gravi le accuse, di tentato omicidio, rapina aggravata e lesioni gravi, per i primi due e per il palo, che secondo la difesa quella sera fece da autista, solo di rapina e lesioni personali.