Urgnano

Cinque donne in carriera si raccontano ai ragazzi delle medie

Una bella iniziativa organizzata ieri, venerdì 25 novembre, dalll'istituto comprensivo per combattere gli stereotipi di genere.

Cinque donne in carriera si raccontano ai ragazzi delle medie
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Donne in carriera raccontano la loro esperienza ai ragazzi delle medie di Urgnano: la violenza si combatte anche abbattendo gli stereotipi di genere.

Cinque donne in carriera dicono stop al pregiudizio

Cinque professioniste, cinque biografie da raccontare contro ogni forma di pregiudizio e
stereotipo di genere. Ieri, venerdì 25 novembre, all'Auditorium dell'Istituto comprensivo di Urgnano, in occasione della Giornata mondiale per l'eliminazione della violenza contro le donne i ragazzi di terza media hanno dialogato con la regista teatrale Silvia Barbieri, l'arbitra e avvocata Carlotta Filippi l'architetta e ingegnere Francesca Malgorani, la dottoressa medico chirurgo specialista in pediatria Beatrice Pietrobon e la commissaria di Polizia locale di Cologno Monica Tresca.

Una mattinata per combattere gli sterotipi

La piaga della violenza contro le donne si combatte in primo luogo con la cultura: non basta incarcerare chi se ne macchia, è necessario andare alla radice del problema, la prevaricazione di un sesso sull'altro nasce e si alimenta con la mancanza di rispetto, il pregiudizio, lo stereotipo, l'accettazione di ruoli che impongono alla donna una posizione subordinata nella società. Ecco allora la presiona iniziativa dell'Istituto comprensivo guidato dalla dirigente Valeria Cattaneo, che ha messo a tu per tu cinque donne che hanno conquistato i vertici di professioni tradizionalmente maschili.

Una scalata possibile

Tutte e cinque le professionisti hanno parlato ai ragazzi della loro esperienza, della fatica e della soddisfazione per aver raggiunto l'obiettivo.

"Sono soddisfatta della mia vita e della mia carriera - ha detto Barbieri - mio padre mi ha sempre spinto verso la professione di insegnante ma io volevo fare l’attrice. Questo suo atteggiamento mi ha resa molto competitiva con il genere maschile, seppur in maniera totalmente positiva. E' necessario che la comunità si faccia carico delle problematiche esistenti nei singoli nuclei famigliari, portando testimonianza, laddove necessario, per aiutare donne vittime di vessazioni e violenze, siano esse fisiche o verbali. Il mio motto è: forza e capacità di credere in se stessi".

"Il mio ruolo di avvocato viene riconosciuto e stimato, mentre, soprattutto a livello di partite provinciali o regionali, quello di arbitra è spesso oggetto di ingiurie da parte degli spettatori - ha fatto notare Filippi - Alcuni non accettano che una donna prenda decisioni. Come avvocato, ho difeso arbitre ingiuriate e talvolta vittime di aggressioni fisiche da parte dei tifosi. La mia esperienza mi ha condotta a difendere legalmente donne vittime di violenze ma, al contempo, anche presunti colpevoli. Non bisogna giudicare i fatti, ma applicare le regole"

"Spesso sento commenti o battute sul fatto che una donna si presenti in cantiere, e vengo chiamata “signora”, anziché per titolo ha rimarcato Malgorani - ma dopo avermi conosciuto apprezzano il mio modo rapido ed efficace nel risolvere problemi. Quello che conta sono lo studio e la determinazione".

"Mia madre era una casalinga e  mi ha spinta verso lo studio, dicendomi che è la scuola ciò che conta di più - ha affermato Pietrobon -  Grazie ai consigli della mia professoressa di biologia mi sono indirizzata verso il mondo dello studio scientifico e, in particolare, della medicina. Poi mi sono fidanzata con un ragazzo che frequentava la Facoltà di Farmacia e ho pensato di fare lo stesso ma mio padre mi ha consigliato di non abbandonare il sogno di diventare medico, perché "la strada più difficile è quella da seguire, quella facile si può sempre intraprendere in seguito".

"Nel mondo delle forze dell’ordine e non solo essere donna rappresenta una qualità aggiuntiva, perché permette una diversa visione su ciò che la circonda e una prospettiva non immediatamente percepibile da un uomo in alcuni casi specifici - ha fatto presente Tresca - Sin da bambina ho sentito che il rispetto delle regole era importante. L’ambiente nel quale mi sono trovata a lavorare all'inizio era fortemente maschilista e lo è tutt'oggi. Certi colleghi hanno avuto comportamenti decisamente molesti, ma il problema di quegli atteggiamenti, e dei pensieri che li legittimano, riguarda in primo luogo chi li tiene. La divisa rappresenta responsabilità, non potere".

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