Salute e benessere

Tumore alla prostata, come diagnosticarlo e curarlo

Intervista alla dottoressa Gaia Colalillo, urologa del Policlinico San Marco e del Centro Diagnostico Treviglio: una malattia maschile molto diffusa grazie a prevenzione e nuove tecnologie può essere considerata poco pericolosa

Tumore alla prostata, come diagnosticarlo e curarlo
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Il tumore della prostata è uno dei più frequenti nell’uomo ma è anche uno dei meno pericolosi, grazie alla diffusione della prevenzione e alle nuove tecniche di cura. Ne abbiamo parlato con la dottoressa Gaia Colalillo, urologa al Policlinico San Marco di Zingonia e al Centro Diagnostico Treviglio del Gruppo San Donato.

Tumore alla prostata, come diagnosticarlo e curarlo

Dottoressa, partiamo col dire cos’è la prostata?

"Che cos’è la prostata e a cosa serve sono le domande più frequenti dei pazienti. La prostata è una ghiandola che ricorda la forma di una castagna, posizionata sotto la vescica e davanti al retto. Il compito principale è quello di produrre e immagazzinare il liquido seminale rilasciato durante l’eiaculazione. Avvolge e sostiene l’uretra, contribuendo inoltre anche alla continenza urinaria".

Parliamo del tumore alla prostata.

"Il tumore della prostata è uno dei più frequenti nell’uomo e ha un rischio direttamente corre- lato all’età: tra i 50 e i 60 anni colpisce un uomo su quattro, mentre dagli 80 anni questa condizione riguarda la metà de- gli uomini. Rispetto ad altri tumori, cresce in genere lentamente senza diffondersi al di fuori della prostata e presenta un tasso di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi superiore al 95%. Esistono, tuttavia, anche forme più aggressive, nelle quali le cellule neoplastiche invadono rapidamente i tessuti circostanti, diffondendosi anche in altri distretti. Nonostante l’incidenza del tumore sia cresciuta nell’ultimo decennio, in concomitanza con la maggiore diffusione degli esami di screening, le terapie attuali possono curare molti più pazienti, limitando le complicanze".

Ci sono dei sintomi che possono segnalare il tumore?

"Tendenzialmente il tumore della prostata non presenta una sintomatologia chiara, perché origina nella maggior parte dei casi nella zona periferica della ghiandola, quindi prima di causare dei sintomi urinari ostruttivi impiega molto tempo. Inoltre, potrebbe anche avere una crescita verso l’esterno, quindi senza alcun coinvolgimento dell’uretra".

Come si arriva alla scoperta del tumore?

"Grazie alle campagne di prevenzione e alle indicazioni del medico di medicina generale, oggi negli esami del sangue di routine si include anche il dosaggio del Psa sierico, (antigene prostatico specifico), marker rilasciato dalla prostata. L’innalzamento e l’andamento di questo valore permette di individuare un’eventuale neoplasia prostatica. Tuttavia la sua alterazione non si registra solo in presenza di tumore. Pertanto, l’esame di screening del Psa deve essere eseguito una volta l’anno a partire dai 50 anni e dai 40-45 anni per coloro che hanno una storia di familiarità (parenti di primo grado che hanno avuto un tumore prostatico) o che presentano mutazioni genetiche ereditarie. Va anticipato anche nei soggetti di etnia africana".

La dottoressa Gaia Colalillo

Ci sono dei fattori di rischio di cui tenere conto?

"Non ci sono dei fattori di rischio specifici come per altri tumori. Certamente la familiarità e l’eredità genetica sono fattori significativi. Anche la madre può trasmettere geni che, nella donna, sono correlati al tumore dell’ovaio e della mammella. Se ereditati nell’uomo, invece, in presenza di mutazioni, espongono a rischio di tumore prostatico. Un altro fattore di rischio non modificabile è l’età: è un tumore più frequente dopo i 65 anni. Tra i fattori di rischio non modificabili, invece, ci sono obesità, sedentarietà e dieta ricca di grassi saturi".

Una volta fatti gli esami del sangue specifici, cosa bisogna fare?

"Una volta dosato il Psa, si consiglia di eseguire una visita urologica, durante la quale verrà effettuata un’esplorazione prostatica digito-rettale. La visita non andrebbe mai omessa, anche in presenza di valori di Psa apparentemente nella norma. Infatti, circa nel 20% dei casi la diagnosi di tumore avviene solo attraverso l’esplorazione rettale. Rilevato un valore dubbio del Psa, esso potrebbe essere ripetuto a breve distanza o, in caso di forte sospetto, occorre indirizzare direttamente il paziente a eseguire una risonanza magnetica multiparametrica della prostata. Questo esame permette di verificare la presenza di aree sospette di neoplasia prostatica, di misurarne le dimensioni e valutarne il comportamento. Tale esame andrebbe eseguito in centri di riferimento per patologia prostatica, dotati di risonanze con elevata risoluzione e accuratezza diagnostica, oltre alla presenza di radiologi esperti. Se la risonanza segnalasse un forte sospetto di malattia, il paziente dovrà sottoporsi a una biopsia prostatica transperineale, procedura ambulatoriale, in anestesia locale. I campioni vengono prelevati attraverso il perineo sia nella zona “target” (area segnalata dalla risonanza magnetica), sia random a tappeto su tutta la restante ghiandola. Solo una volta ottenuto il referto istologico con diagnosi di carcinoma prostatico è possibile indirizzare il paziente verso un trattamento terapeutico mirato".

Quali sono le cure?

"Il paziente viene discusso in un meeting multidisciplinare con urologo, radioterapista, oncologo, anatomopatologo e radiologo. Questo è un passaggio fondamentale per un centro di eccellenza perché permette di individuare il percorso terapeutico più idoneo e personalizzato. Di fronte a una malattia a basso rischio, localizzata alla prostata, il paziente può essere indirizzato alla 'sorveglianza attiva': non deve essere sottoposto a nessun intervento, verrà solo valutato periodicamente attraverso esami del sangue, risonanza magnetica secondo schemi predefiniti mensili e biopsia prostatica confirmatoria a un anno dalla diagnosi. La sorveglianza attiva trova indicazione nei tumori di basso rischio, con lo scopo di ridurre il tasso di sovratrattamento, preservando il paziente dalle eventuali complicanze di un trattamento attivo. Se, invece, dopo un anno il comportamento tumorale risultasse più aggressivo si opterà per un trattamento radicale chirurgico o conservativo".

E quali sono le terapie successive?

"Se ci troviamo davanti a tumori di rischio intermedio o alto, la chirurgia laparoscopica-robot assistita rimane il trattamento più diffuso. L’intervento consiste nella rimozione della prostata, quindi del tumore, e successiva contestuale riconnessione del collo vescicale con l’uretra restante. Le attuali tecniche chirurgiche minimamente invasive ci permettono di preservare sempre di più le strutture neurovascolari limitando le due complicanze più comuni: l’incontinenza urinaria e la disfunzione erettile. In molti casi queste complicanze possono essere evitate o ridotte, grazie alla tecnica e all’esperienza del chirurgo. Ma se ci troviamo di fronte a un tumore infiltrante, le strutture neurovascolari potrebbero non essere preservate, riportando le complicanze funzionali esposte. Dunque, nel colloquio preoperatorio, il paziente deve essere informato dettagliatamente su tutte le opzioni terapeutiche disponibili e sui rischi che queste comportano".

Ci sono altre terapie?

"Tra le opzioni terapeutiche c’è anche la radioterapia. La prostata in questo caso viene irradiata con un numero predefinito di sedute. Anche in questo caso possiamo assistere a complicanze, quali disfunzione erettile, sanguinamento rettale e/o vescicale a breve e lungo termine. Oltre alla radioterapia, vi è anche una tecnica di nuova generazione che è la Terapia Focale. Prevede l’ablazione (asportazione, ndr) dell’area tumorale mediante differenti fonti di energia, tra le quali la più utilizzata sono gli ultrasuoni ad alta intensità focalizzati. Tale metodica ha il vantaggio di limitare gli effetti collaterali di un trattamento radicale sulla ghiandola, ma può essere adottata solo in casi selezionati e dopo attenta valutazione da parte di noi specialisti urologi".

E se il tumore si fosse diffuso con delle metastasi?

"Se ci dovessimo trovare di fronte a una malattia metastatica, l’ormonoterapia rappresenta un’opzione nei casi di cancro prostatico avanzato da sola o in associazione con altre terapie. Essa blocca il 'nutrimento' delle cellule tumorali, cioè la produzione degli ormoni sessuali maschili responsabili della crescita del tumore prostatico. Nei pazienti che sviluppano nel tempo una resistenza al trattamento ormonale potrebbe essere indicato un trattamento chemioterapico".

Per informazioni e prenotazioni

Il Centro Diagnostico Treviglio è aperto dal lunedì al venerdì, con orario continuato dalle 8.30 alle 19.00, e il sabato dalle 8.30 alle 12.30.
È possibile effettuare la prenotazione dei servizi attraverso i seguenti canali:
• tel. 0363300343 - 0363599411
• mail treviglio.cdt@grupposandonato.it
• App Gruppo San Donato
• WhatsApp 327.8061594

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