Reddito di maternità, via alla raccolta firme anche in bergamasca

Mille euro al mese per le madri senza reddito fino al compimento dell'ottavo anno del figlio. Questa la proposta del Popolo della Famiglia.

Reddito di maternità, via alla raccolta firme anche in bergamasca
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Il lavoro della madre, lo si dice da anni, se fosse pagato varrebbe lo stipendio di un dirigente. Un modo di dire, più che altro, giusto per ricordare il valore del lavoro svolto dalle madre all'interno della famiglia, ma ora il Popolo della Famiglia ha deciso di fare di più.

Il reddito di maternità

Lo fa con la proposta di introduzione del Reddito di maternità (l'assonanza con il Reddito di cittadinanza non è certo casuale) che da metà gennaio arriverà anche nella Bassa per raccogliere firme in oltre 150 Comuni. Nei gazebo allestiti finora sono state raccolte già 600 firme.

"A dicembre sono già state raccolte 580 firme con una dozzina di gazebo, mentre a livello nazionale già a metà mese è stata superata la quota 10mila - ha fatto sapere il coordinamento provinciale del PdF Bergamo - Il “reddito di maternità” è un intervento a favore delle donne e delle famiglie, che prevede 1000 euro al mese per le neomamme prive di un altro reddito lavorativo: una proposta concreta per rispondere all’emergenza dell’inverno demografico e, per noi bergamaschi, per combattere lo spopolamento delle nostre valli".

Gazebo anche a Treviglio

I circoli PdF della Bergamasca hanno già depositato i moduli in 134 Comuni della Provincia, dove i residenti possono firmare negli orari di apertura degli uffici. È possibile firmare anche ai gazebo. Affinché la proposta di legge arrivi in Parlamento occorreranno 50mila firme.
Ecco dove si potranno trovare i gazebo: Pedrengo (9 gennaio, mattina), Treviglio (12 gennaio, mattina)Urgnano (12 gennaio, pomeriggio),  Brusaporto (15 gennaio, mattina), Almè (16 gennaio, mattina), Trescore (22 gennaio, mattina) e Scanzorosciate (31 gennaio).

Mille euro per otto anni

La proposta parla chiaro: l'obiettivo è sostenere le madri nella scelta di rimanere a casa con i figli, fornendo un sostegno alle coppie monoreddito e riconoscendo il ruolo sociale del lavoro della madre. Per questo il Popolo della famiglia vorrebbe mille euro per ogni donna (con cittadinanza italiana) sprovvista di altro reddito. La richiesta andrebbe effettuata entro 15 giorni dalla nascita (o dall'adozione) e l'assegno sarebbe garantito per i successivi otto anni.

Non solo. All'arrivo del quarto figlio o del primo figlio disabile il bonus diventerebbe vitalizio. Si tratta di circa 3 miliardi all'anno che secondo il PdF andrebbero ritrovate nel Fondo per la presidenza del Consiglio per le politiche famigliari e le pari opportunità.

Un passo avanti e due indietro (COMMENTO)

Ripartiamo proprio dalle pari opportunità. Quali precisamente? Perché il rischio nascosto all'interno di proposte di questo genere è quello di veder tornare le donne all'interno delle mura domestiche, isolate ed emarginate dalla vita sociale, economica, produttiva, politica, scientifica... oppure obbligate a scegliere tra la carriera e la famiglia. Ed è questo, per la maggior parte delle donne, il vero problema. Veder garantita la possibilità di lavorare e accedere ai ruoli che meritano senza dover sacrificare il sogno di avere una famiglia. Restare incinta senza la paura di perdere il proprio posto o di subire mobbing al rientro dalla maternità. Questo sarebbe un passo verso le pari opportunità. Così come in casa, per fortuna, non è più solo la donna a occuparsi dei figli, ma la loro educazione e la crescita è affidata a entrambi i genitori con padri sempre più presenti e capaci di accudire un figlio.

Garantire mille euro per otto anni, per ogni figlio, con l'incentivo del vitalizio all'arrivo del quarto pargoletto, è un modo gentile per dire alle donne qual è il loro posto. Un modo gentile e certamente furbo, visti i tempi che corrono. Crescere un figlio costa, sicuramente. Scegliere di avere un figlio quando non si hanno certezze economiche è difficile se non impossibile. Ma pagare le donne perché restino a casa a far figli è offensivo. Come sarebbe l'Italia tra qualche decennio? Più popolosa, forse, ma con meno dignità. E passati gli otto anni (perché chi me lo fa fare di andare a lavorare per avere uno stipendio minore della maternità?)? Sarà semplice, immagino, rientrare nel mondo del lavoro. Un mondo che tornerà a essere ancora più patriarcale e dove non sarà stato fatto alcun intervento per migliorare le condizioni lavorative delle donne che scelgono di essere anche - ma non solo - madri.

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Commenti
jessica.taborelli@netweek.it

Gentili Antonio e Luisa, nessuno mette in dubbio che mille euro al mese facciano comodo a tutti. La maggior parte delle donne sarebbe tentata di restare a casa piuttosto che lavorare per guadagnare (quando va bene) lo stesso stipendio. Tuttavia, proprio questa opportunità, rischia di sottrarre al mondo del lavoro le tante potenzialità delle donne. Per chi continuerà a lavorare le tutele saranno sempre meno, in virtù della "possibilità di stare a casa", quando invece è proprio lì, nelle tutele, negli orari flessibili e delle paghe dignitose che dovrebbe trovarsi la vera risposta contro la denatalità. Questo ovviamente è un punto di vista, su cui si può sempre, anzi si deve discutere e confrontarsi, perciò vi ringrazio molto per il vostro intervento.

jessica.taborelli@netweek.it

Gentile Massimo, chi si alza la mattina per andare a lavorare (qualsiasi lavoro faccia) lo fa, in primis, per avere un'entrata economica. Cosa succede quando trascorsi gli otto anni si prova a rientrare nel mercato del lavoro? Non si tratta solo di "far carriera", lavorare garantisce un'indipendenza economica molto preziosa, e non si può pensare a un mondo diviso in donne che lavorano da una parte e madri dall'altra. Questo ovviamente è un punto di vista, su cui si può sempre, anzi si deve discutere e confrontarsi, perciò la ringrazio molto per il suo intervento.

jessica.taborelli@netweek.it

Gentile Piero, nessuno pretende che la donna sia prima una lavoratrice. Semplicemente è un essere umano che magari ha studiato, ha delle ambizioni e dei sogni che spesso non può realizzare perché - povera lei - vuole anche una famiglia. Questo è sbagliato. E' sbagliato che una donna non possa lavorare e dedicarsi alla famiglia con le tutele e la flessibilità del caso. Non possiamo dividere il mondo in donne che lavorano e donne solo madri, non funziona così. Ci sono molti motivi che spingono una donna a lavorare e la prima è la propria soddisfazione e l'indipendenza economica. Questo ovviamente è un punto di vista, su cui si può sempre, anzi si deve discutere e confrontarsi, perciò la ringrazio molto per il suo intervento.

jessica.taborelli@netweek.it

Gentile Guido, il problema della denatalità è reale e va certamente affrontato. Non credo, però, che questa sia la risposta più adatta. Non quando mancano ancora tutele, orari concilianti e paghe adeguate riguardo al lavoro femminile. Molte donne restano a casa dal lavoro perché le condizioni di quell'occupazione non sono conciliabili con la famiglia e questo non cambierà se si introdurrà uno stipendio per le madri. Succederà solo che sempre più donne sceglieranno di stare a casa, magari solo per convenienza, e dopo otto (o più) anni si ritroveranno a non poter rientrate nel mercato del lavoro. Questo ovviamente è un punto di vista, su cui si può sempre, anzi si deve discutere e confrontarsi, perciò la ringrazio molto per il suo intervento.

jessica.taborelli@netweek.it

Gentile Gabriella, nessuno ha mai sostenuto che fare la madre a tempo pieno sia meno dignitoso di lavorare, ci mancherebbe. Un sostegno economico sarebbe gradito a tutte le donne, ma cosa accade una volta terminati gli otto anni? Come si rientra in un mercato del lavoro dove le donne saranno sempre meno presenti? Cosa sarà dell'indipendenza economica delle donne che, soprattutto in caso di maltrattamenti in famiglia o più semplicemente di separazioni, si ritroverebbero senza la possibilità di mantenersi? Questo è solo un esempio delle conseguenze negative di un provvedimento simile. Nessuno discute il fatto che alle donne debba essere concessa la possibilità di scegliere di restare a casa ad accudire i figli, ma la risposta non credo possa essere questa. Orari di lavoro concilianti, paghe dignitose e tutele per la maternità dovrebbero essere le priorità per un vero progresso. Questo ovviamente è un punto di vista, su cui si può sempre, anzi si deve discutere e confrontarsi, perciò la ringrazio molto per il suo intervento.

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