Treviglio

La ripartenza minata da guerra e rincari, Alvise Biffi: «Dall’euforia al panico, serve accorciare le catene»

Anche l’economia e il mercato del lavoro locali stanno cambiando pelle, in questi anni: dallo smartworking alla battaglia per i prezzi, ecco cosa ci aspetta, tra crisi e opportunità

La ripartenza minata da guerra   e rincari, Alvise Biffi: «Dall’euforia  al panico, serve accorciare le catene»
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Basta fare quattro passi in centro a Milano per rendersene conto: l’esplosione dello smart-working dopo la pandemia, ha tagliato le gambe a un intero settore economico, quello che riforniva di cibo e di servizi migliaia di impiegati, quadri e dirigenti delle aziende cittadine che ora invece lavora da casa. Ma se quello che sembra essere un enorme problema per la metropoli, fosse in realtà un’opportunità per l’hinterland? Se n’è parlato a lungo, settimana scorsa, durante una serata organizzata dal Rotary Club di Treviglio al Palace Hotel di Zingonia. Ospiti del club, tre rappresentanti lombardi delle maggiori associazioni di categoria del mondo produttivo, tra cui il trevigliese Alvise Biffi, vice presidente di Piccola Industria Assolombarda, Marco Barbieri, segretario generale di Unione Confcommercio Milano Lodi Monza e Brianza ed Enrico Brambilla, di Confartigianato Milano. A fare gli onori di casa, il presidente in carica del Rotary cittadino, Giuseppe Leoni, insieme al direttore del «Cittadino» di Lodi Lorenzo Rinaldi che ha moderato la serata.

Enrico Brambilla (Confartigianato), Torberto Lodovici, Giuseppe Leoni (Rotary Treviglio), Alessandro Cianciaruso (Rotary Dalmine), Alvise Biffi (Confindustria), Lorenzo Rinaldi, Diego Lorenzi (Rotary Romano) e Marco Barbieri (Confesercenti)

Al centro del dibattito dovevano esserci le prospettive di crescita post-pandemia. Inevitabilmente, però, a smorzare l’ottimismo ci si è messa la cronaca internazionale, e non si è potuto non parlare a lungo anche delle ripercussioni locali delle sanzioni su Russia e Ucraina.

La tempesta perfetta sul commercio lombardo

Particolarmente pessimista a riguardo è stato Barbieri di Confcommercio.

"Non ci resta che fare un salto a Lourdes... - ha esordito, tranchant, il segretario di Confcommercio - Un mese fa avevamo accantonato (e comunque non risolto) il problema della pandemia, dopo l’inverno disastroso dei contagi da variante Omicron, con quarantene e contagi, che ci ha fatto dimenticare quel + 15% registrato nel commercio al dettaglio tra il 2019 e il 2021, un risultato ottenuto anche grazie al volano dell’online. Pensavamo di esserne fuori, e rieccoci con la crisi internazionale".

Gli effetti, soprattutto nei comparti legati al turismo internazionale finalizzato allo shopping nella città simbolo del "made in Italy" modaiolo, saranno pesantissimi.

"Nel 2019 in Lombardia sono arrivati 200mila turisti russi. Turisti abituati a spese decisamente ingenti. A questo stop si somma l’assenza del pendolarismo, perché dopo i vari lockdown moltissimi dipendenti sono rimasti in smart-working".

Ciliegina, si fa per dire, sulla torta è l’impennata dei costi delle utenze. Tre ingredienti di una tempesta perfetta che rischia di mettere a repentaglio anche chi, come i commercianti lombardi, hanno tradizionalmente le spalle piuttosto larghe.

"Siamo quelli che ripartono sempre, appena ce n’è l’occasione - ha concluso Barbieri - Ma occorre averne almeno la possibilità". E una soluzione, almeno, andrà trovata sul fronte del prezzo dell’energia. «"Serve un tetto agli aumenti" ha concluso il segretario.

Incognite sull’artigianato

Dello stesso tenore le preoccupazioni di Enrico Brambilla, di Confartigianato.

"Il nostro mondo veniva da un 2021 positivo, stavamo crescendo a pieni giri - ha commentato - Ma già alla fine dell’anno abbiamo cominciato a soffrire di un problema che poi è esploso: la fluttuazione dei prezzi e le difficoltà di approvvigionarsi. In tanti artigiani si sono chiesti se accettare o meno nuove commesse, no sapendo se sarebbero o meno rientrati nei costi di produzione. E poi, da febbraio, è esploso il tema dell’energia e le difficoltà nell’import-export con la Russia e l’Ucraina, che vale circa 4 miliardi di euro all’anno nella nostra zona". All’orizzonte, tuttavia, la luce in fondo al tunnel si vede. "Abbiamo un’imprenditoria sana, che investe, e abbiamo il dovere di accompagnarla fuori da questo marasma".

Biffi: «Dall’euforia al panico»

Relativamente ottimista anche il trevigliese Biffi, che i trevigliesi conoscono anche come amministratore della Società di trasformazione urbana "Treviglio futura". Il manager  ha tracciato agli ospiti del club una lucida analisi del quadro economico internazionale.

"Lourdes? Ma no, venite a Treviglio, dove c’è la Porta Santa del Cinquecentesimo anniversario della Madonna delle Lacrime" ha esordito, rispondendo con una battuta al collega Barbieri. Dal punto di vista di Confindustria, l’invasione russa dell’Ucraina arriva a destabilizzare ulteriormente un quadro economico che ha del paradossale.

"Molte aziende hanno avuto un’importante crescita degli ordini, ma continuano ad avere difficoltà di produzione a causa da un lato della difficoltà di approvvigionamenti sulle materie prime e dall’altro dell’aumento delle bollette, che in alcuni casi sono persino quadruplicate" continua.  Soprattutto nelle aziende in cui "il controllo di gestione non è particolarmente evoluto" si è passati dall’euforia al panico nel giro di poche settimane.

"Imprenditori hanno accettato molto commesse, per poi scoprire che avrebbero avuto costi più alti dei ricavi - ha spiegato - E a qualcuno conviene persino bloccare la produzione, ed aspettare che per scarsità, aumentino i costi del prodotto finito".

Le soluzioni non sono dietro l’angolo, soprattutto perché "il problema del costo dell’energia ce lo tireremo dietro per almeno un anno, dovendo tra l’altro anche rimpinguare i depositi energetici strategici nazionali".

Ma la crisi è anche un’opportunità

Come se ne esce? Per Biffi occorre guardare a politiche di medio-lungo periodo, traendo qualche lezione dai due disastri che abbiamo vissuto e che stiamo vivendo. In primis, accorciando le catene dell’approvvigionamento, passando dal livello globale a quello europeo.

"Molte aziende hanno capito che le catene lunghe non sono sempre convenienti" ha spiegato. E all’onda dell’internazionalizzazione, si sta opponendo quella del back-reshoring: il ritorno delle aziende dall’estero. "Su questa scala, oggi siamo noi il paese in cui si può produrre a costi ridotti - ha aggiunto - La scommessa è di riuscire a cavalcare questo vantaggio, senza diventare la fabbrica “cheap” d’Europa".

Lo smart working? Non si torna indietro

La sfida dei prossimi anni sarà del resto, anche, quella di far fronte al cambiamento del mercato del lavoro portato dallo smart-working, un «fenomeno» destinato probabilmente a restare oltre la pandemia. "Lo vediamo ormai anche nei colloqui: i collaboratori ci chiedono sempre più spesso, tra le prime cose, quale sia la politica aziendale sull’organizzazione del lavoro per obiettivi". Scommettere sull’innovazione, in questo senso, farà probabilmente la differenza tra le aziende che riusciranno a tenere con sé le risorse migliori e quelle che invece le perderanno.

"La desertificazione di Milano? E’ un problema per Milano, ma un’opportunità per l’hinterland - ha argomentato Biffi - Siamo di fronte a una nuova geografia del lavoro, ma non tutto il male vien per nuocere. L’organizzazione del lavoro per obiettivi è un’opportunità, non solo un rischio, anche perché questi due anni hanno messo in evidenza che nel middle management di molte aziende ci sono grandi sacche di inefficienza".

 

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