Non solo sagra: si apre il dibattito sulla «radice amara» di Soncino
Resta un solo produttore sul territorio soncinese, Roberto Bosio
Bastano pochi numeri a descrivere la «Sagra delle radici» di Soncino: l’evento targato Pro Loco spegne la sua 51esima candelina e coinvolgerà oltre 100 stands per circa 6 ore di festa nelle vie del centro storico. L’appuntamento, come da tradizione, è per la quarta domenica di ottobre, che quest’anno cade il 22. Tanta musica, visite guidate offerte dai volontari dell’associazione, ma c’è spazio anche per l’analisi di un fatto importante: sul territorio di Soncino, di produttori delle tradizionali radici, ne è rimasto solo uno. Cinque in tutta Italia.
Le “lontane radici” delle radici
L’azienda è quella di Roberto Bosio, si trova a Gallignano e produce radici amare dal 1950. «La coltivo perché l’hanno sempre fatto in famiglia, anche per me ormai è una tradizione», ha spiegato il titolare. La radice di Soncino è un prodotto ostico da coltivare: si pianta a luglio, sotto il solleone, si raccoglie tra autunno e inverno, con il terreno umido e al freddo. E lo si deve fare rigorosamente a mano, perché la meccanizzazione della produzione, per questo prodotto tipico, è ancora un miraggio. Non stupisce che sempre meno agricoltori vogliano dedicarci il loro tempo.
A calare sono i clienti
Il problema però – sarebbe contento Keynes – sta nella domanda: «Diminuisce la gente che consuma radici e siamo stati costretti nei decenni passati a diversificare la produzione. Chi coltiva solo radici non riesce a stare sul mercato: per me oggi rappresentano solo il 20% degli introiti aziendali. Se vendi di più perché un tuo concorrente chiude, non è un bel segnale in realtà, significa che va male il settore. Bisogna volerla la concorrenza, non averne paura», ha detto Bosio. Le vendite di radici di aziende soncinesi sono passate dai 100mila quintali degli anni Sessanta ai meno di 20mila attuali. Lo smercio si concentra soprattutto nel Nord Italia: «Abbiamo avuto qualche richiesta da Roma e anche dal Meridione, ma le spese di spedizione sono troppo alte. La grande distribuzione non ci aiuta in questo caso».
Il «modello zenzero»
Qual è allora la soluzione? «Bisogna innovare il prodotto. Dobbiamo puntare alla radice come pianta officinale e depurativa, ha tante ottime proprietà curative: non può più essere concepita come una concorrente delle insalate. Anche perché sulle insalate l’IVA è al 4%, sulle radici amare al 10%: significa che chi le tassa già le prende per erbe officinali». La sagra delle radici dà certamente una mano, ha concluso Bosio: «Aiuta a far conoscere le caratteristiche uniche della radice di Soncino, diverse da quelle coltivate nei territori vicini. Contiene più minerali ed è più gustosa grazie alla qualità della nostra terra». La strada, però, è ancora tutta in salita.