Romano

Il gioco e il calcio accendono la platea del Festival della Cultura

Venerdì sera nel teatro della Fondazione Opere Pie Rubini si è svolto il terzo appuntamento della rassegna organizzata da Rotary e Università di Bergamo

Il gioco e il calcio accendono la platea del Festival della Cultura
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Venerdì sera nel teatro della Fondazione Opere Pie Rubini a Romano si è svolto il terzo appuntamento della rassegna organizzata da Rotary e Università di Bergamo.

La terza serata: Giocare

Perché giochiamo? “Non c’è una vera spiegazione – ha esordito il relatore Corrado del Bò – tutti lo facciamo e lo sperimentiamo”. E non c’è neppure una contrapposizione assoluta tra ludico e serio: “I bambini – ha proseguito – giocano molto seriamente. L’idea stessa di gioco si accompagna a quella di restrizione: si tratta delle regole del gioco e, addirittura, è possibile giocare solo se gli avversari si riconoscono entro un terreno comune di rivalità, il che presuppone una forma di cooperazione”. Incalzato da Fabio Cleto, del Bò ha poi proseguito spiegando come lo sport sia forma di sublimazione dell'agonismo e, talvolta, del conflitto: “L'elemento agonistico è fondamentale per lo sport, anche quando si tratta di gioco e non solo di contesti professionistici”.

L’idea di sport

Quando il gioco si trasforma in sport cosa avviene?

“Siamo cresciuti con l’idea che lo sport sia legato ad un’attività fisica e a risultati eccellenti misurati e misurabili, eppure oggi si discute molto degli E-sport. Gli scacchi sono sport della mente? È possibile inserire gli sport della mente nelle Olimpiadi? Perché la prestazione mentale non dovrebbe essere intesa anche come fisica?”.

Negli E-sport c'è un’attività prestazionale che ci porta verso la frontiera del virtuale e del reale, grazie agli strumenti telematici che consentono di simulare attività sportive con le quali conservano molte analogie: “Tutto può essere sport e allora gli E-sport aprono ad una platea sterminata. Stiamo percorrendo vie che modificano i parametri cognitivi”.

Il calcio

Se si parla di sport in Italia non si può non fare i conti con il calcio.

“Sono un grande appassionato di calcio – ha riconosciuto il professore, che al calcio ha peraltro dedicato diversi studi – come tutti i bambini degli anni ‘70. Crescendo ho perso il contatto viscerale con il calcio, ma ho cominciato a guardare il calcio con gli occhi del filosofo che lavora nel dipartimento di giurisprudenza e che dunque affronta quel territorio in una prospettiva specifica, quella del diritto. Alcune questioni che vedevo sempre più dibattute in TV rivelavano una dimensione filosofica spiccata, della quale i protagonisti erano inconsapevoli. Il VAR ha incrementato questo aspetto, oggi che il calcio è diventato spettacolo televisivo e si è trasformato in business. Il VAR è stato introdotto con l’intenzione di ridurre polemiche ed errori, ma queste si sono spostate solo in un altro momento della questione. Chi attiva lo strumento? Quando? A chi spetta la decisione ultima? Si tratta di un problema legato alle regole e dunque al diritto”.

Il calcio dunque spiega il mondo? “Educare ad uno sport significa educare alla cittadinanza”.

Prossimo appuntamento del festival sarà venerdì 28 aprile con Marco Belpoliti per la parola Guardare.

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