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Volontari in Romagna tra fango e solidarietà: "Uno scenario apocalittico"

L'intervista a Giacomo Passera, fondatore e presidente del "Nucleo Sommozzatori di Treviglio", testimone di un’esperienza umana che graffia l’anima

Volontari in Romagna tra fango e solidarietà: "Uno scenario apocalittico"
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Uno scenario apocalittico, di quelli che si fissano nella mente e nel cuore e non se ne vanno mai più, anche se da trent’anni fai il sommozzatore e ne hai viste di tutti i colori. La portata dell’alluvione avvenuta in Romagna è comprensibile fino in fondo solo da chi è stato là, in mezzo alla devastazione, rischiando anche grosso per aiutare la popolazione sommersa da acqua e fango. Lo si legge bene nello sguardo di Giacomo Passera, fondatore e presidente del "Nucleo Sommozzatori di Treviglio", testimone di un’esperienza umana che graffia l’anima e che non si sente nemmeno di raccontare fino in fondo, nella sede del Nucleo, in via Crippa a Treviglio.

L'esperienza dei volontari in Romagna

Giacomo Passera

Meglio portare a galla - e mai espressione è stata così calzante - solo aneddoti a lieto fine. Già perché è capitato anche di recuperare un corpo senza vita... un pugno nello stomaco per chi fatica giorni e giorni, mangiando quel che capita e dormendo male in una base che non offre certo comfort, per mettere in salvo famiglie imprigionate nelle loro stesse case, senza corrente elettrica né gas, con gli oggetti quotidiani e i ricordi di una vita intera affondati nell’acqua torbida o trascinati via dalla corrente. Passera racconta, anche lui è un fiume in piena di emozioni che riaffiorano, voci e volti incrociati a Solarolo, Massa Lombarda e Sant’Agata sul Santerno, nel Ravennate, dove ora per le strade ci sono montagne di fango e di rifiuti.

Quante persone avete soccorso?

"Siamo riusciti a raggiungere 25 famiglie, un totale di 130 persone sfollate. Ci siamo adoperati anche per aiutarle a comunicare: erano isolate nelle loro case e così, in attesa di metterle in salvo, prendevamo in consegna i loro cellulari per caricarli in piazza, dove avevamo posizionato i generatori di corrente, poi glieli riportavamo".

Quali le condizioni di lavoro che avete affrontato?

"In piedi dalle 6 fino alle 23, poche ore di sonno in branda, cibo quando arrivava e poi di nuovo al lavoro. Una squadra di 12 volontari che ringrazio per l’impegno e la professionalità dimostrata. Siamo partiti martedì della scorsa settimana, nella notte, e siamo rimasti fino a venerdì, poi ci ha dato il cambio un altro gruppo. Partito anche un carroattrezzi per recuperare il veicolo in panne, a cui la corrente ha anche strappato la targa anteriore. Forse tra un paio d’anni vedremo qualche soldo, intanto però dobbiamo affrontare la spesa".

Tanto coraggio, ma anche paura?

"Se non ci fosse la paura si farebbero le cose con superficialità, invece con la paura si medita e ci si comporta come se davanti ci fossero i propri parenti. L’importante è non mostrarla, perché bisogna dare coraggio a chi è in difficoltà. Ma è soprattutto una volta a casa, quando ci si rilassa, che a mente fredda si realizzano i rischi corsi. Un bagaglio che porterò sempre con me".

Leggi l'intervista completa sul Giornale di Treviglio in edicola o clicca qui per l'edizione sfogliabile digitale.

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