L'indagine

Tentata estorsione di stampo mafioso, nove arresti

I due imprenditori edili bergamaschi hanno subito pressioni e intimidazioni da "mediatori", tra cui due romanesi, per chiudere un contenzioso da 30 milioni accettandone 8

Tentata estorsione di stampo mafioso, nove arresti
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Hanno messo in atto una tentata estorsione nei confronti di due imprenditori edili, padre e figlio, residenti a Mozzanica e titolari di un'azienda a Fara d'Adda. Lo scopo era convincerli ad accettare 8 milioni di euro per chiudere una vertenza per un credito di 30 milioni che i due bergamaschi vantavano per lavori svolti, in subappalto, in un grosso cantiere di Milano. I "mediatori" avrebbero fatto pressioni e intimidazioni di stampo mafioso. Nell'inchiesta sono state arrestate nove persone, otto finite in carcere e uno ai domiciliari.

Due imprenditori vittime di tentata estorsione

Hanno subito una tentata estorsione, aggravata da metodi mafiosi, due imprenditori, padre e figlio, residenti a Mozzanica e titolari di una ditta di costruzioni con sede a Fara d’Adda. Vantavano un credito di 30 milioni di euro, per lavori svolti in subappalto in un grosso cantiere di via Pini a Milano, ma quando è stato il momento di incassare quanto dovuto, sono iniziati i problemi. Il committente, il costruttore Lorenzo Sbraccia, titolare della "Fenice spa" si era opposto. Da lunedì è finito in carcere raggiunto, insieme ad altre otto indagati (uno ai domiciliari), da un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Milano Fabrizio Felice per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. Avrebbe fatto ricorso, secondo le ricostruzioni dei Ros dei carabinieri coordinati dal pubblico ministero antimafia Francesco De Tommasi nelle loro indagini, di "mediazioni estorsive" per convincere gli imprenditori bergamaschi - forti di un decreto ingiuntivo che appurava il credito di 30 milioni, secondo lo stato di avanzamento dei lavori - a chiudere il contenzioso non davanti ad un tribunale, ma accettando la cifra di 8 milioni.

Il filone di indagine su "Equalize" arrivato in bergamasca

L’indagine che ha portato in bergamasca è una costola della maxi inchiesta sui presunti dossieraggi illegali e accessi abusivi nelle banche dati delle Direzione Distrettuale Antimafia di Milano con al centro l’ex poliziotto e manager dell’agenzia di investigazioni "Equalize" Carmine Gallo, morto il 9 marzo. A lui Sbraccia si sarebbe rivolto per scoprire negli incartamenti si ci fossero informazioni compromettenti nei riguardi degli imprenditori di Mozzanica e sempre Gallo avrebbe, secondo le indagini, suggerito all’imprenditore le figure di "mediatori" tra soggetti vicini alle famiglie della ‘ndrangheta. Uno era Annunziatino Romeo, 59enne calabrese di Platì, ma residente a Corsico, nel milanese, ex pentito di mafia e ritenuto vicino alla cosca Barbaro Rosi: avrebbe dovuto convincere, facendo pressione e intimidendoli, gli imprenditori a chiudere la questione accettando l’offerta di 8 milioni. Secondo le intercettazioni Romeo sarebbe stato scelto "proprio per la sua fama criminale". Avrebbe avvertito gli imprenditori di prendere quei soldi altrimenti non li avrebbero presi più, marcando bene l’accento calabrese. E sarebbe stato lui a coinvolgere, nel ruolo di "mediatori" anche Francesco Baldo e il pluripregiudicato Fulvio Cilisto, entrambi residenti a Romano quando i tentativi di convincere gli imprenditori non raggiunsero gli scopi prefissati. Sarebbe stato proprio Cilisto a mettere definitivamente in allarme padre e figlio, incontrando il primo in un bar e facendo riferimento a fantomatici "calabresi di Treviglio" che, a suo dire, avrebbero avuto a cuore la chiusura del contenzioso. Entrambi i romanesi sono finiti in carcere.
La tentata estorsione non è andata a buon fine perché i vertici dell’azienda di Fara, dopo una "trattativa" durata per circa cinque mesi nel 2023, l’avrebbero interrotta anche perché gli emissari di "Fenice" sarebbero arrivati ad offrire una cifra addirittura inferiore agli 8 milioni.
Il giudice per le indagini preliminari di Milano Felice in questi giorni avvierà gli interrogatori di garanzia nei confronti delle nove persone raggiunte dalle ordinanze di custodia, in carcere come ai domiciliari.

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