Fontanella

Svelato il sistema-truffa di "monitoraggio" al processo contro le cooperative

La testimonianza chiave dell'operatrice che nel 2017 fu stuprata nel centro accoglienza della cascina Fenatica a Fontanella.

Svelato il sistema-truffa di "monitoraggio" al processo contro le cooperative
Pubblicato:

La testimonianza chiave dell'operatrice che nel 2017 fu stuprata nel centro accoglienza della cascina Fenatica a Fontanella.

I fatti del 2017

Processo cooperativa Rinnovamento, parla l’educatrice vittima di abuso e rivela il sistema del «monitoraggio». Il 20 settembre 2017 un profugo ventenne proveniente dalla Sierra Leone e ospite della cascina Fenatica aveva chiuso un’operatrice 26enne del centro d’accoglienza "Terra Promessa" in un bagno della struttura. Qui, l’aveva picchiata e stuprata. La sua testimonianza innescò l’inchiesta sull’accoglienza migranti che ha visto coinvolte diverse coop e la Caritas. L’indagine che è arrivata a contare 83 indagati ma che con il tempo si è sgonfiata. Alcune condanne sono comunque arrivate in abbreviato, altri indagati hanno patteggiato (padre Antonio Zanotti, fondatore di «Terra Promessa», a 4 anni), mentre 7 persone sono a processo per rispondere, a vario titolo, di truffa allo Stato e sfruttamento del lavoro.

Il processo

L’operatrice oggi 30 enne è stata sentita giovedì scorso a processo come teste, ha ricordato che a Fontanella gestiva 30 migranti, quasi sempre da sola. E ha parlato di un meccanismo, il «monitoraggio», introdotto all’interno della comunità e non previsto dalla Prefettura: lasciare «monitorate », cioè in sospeso, le posizioni degli ospiti che non rientravano a dormire, si ubriacavano o erano protagonisti di risse, che da regolamento andavano cacciati. Sistema giustificato dai vertici della Coop: «Per dar loro una seconda possibilità». La punizione era invece l’azzeramento del «pocket money» non contemplato dalle linee guida della Prefettura, ossia i 2,50 euro al giorno spettanti di diritto agli ospiti, che veniva corrisposto. Le lamentele per questa «multa» non erano infrequenti, ha raccontato la giovane: «Per un “pocket money” negato è successa la cosa a me: quel ragazzo è entrato nel mio appartamento con il coltello, arrabbiato perché non aveva preso i soldi». Dopo il gravissimo episodio il prefetto dell’epoca, Elisabetta Margiacchi, l’aveva invitata per un incontro, prima del quale l’economo della coop Giovanni Trezzi che ha patteggiato 3 anni e 9 mesi e una delle responsabili erano agitati al telefono.

Le testimonianze

«Temevano che l’educatrice raccontasse le irregolarità- ha raccontato Roberto Canzaniello del Nucleo investigativo dei carabinieri di Bergamo - dalle parole dell’educatrice, sentita come vittima dell’abuso, erano risultati anomalie strutturali, personale inadeguato e un’artefatta contabilità presentata alla Prefettura per i rimborsi».

In particolare, ha ricordato il sottufficiale citando le intercettazioni, i migranti in struttura:

«Venivano dichiarati presenti, falsificando le loro firme, anche se risultavano assenti, di modo che la coop continuasse a percepire dalla Prefettura i 35 euro giornalieri a ospite». In più, ha dichiarato il militare: «Le fatture per le manutenzioni venivano duplicate: un singolo intervento per lavori veniva replicato come spesa in altre strutture gestite dalla coop, di modo che arrivassero più rimborsi».

«Dopo che ero stata sentita in caserma – ha aggiunto la vittima dell’abuso –, Trezzi mi telefonava chiedendomi: “Perché hai detto questa cosa ai carabinieri?”. Io gli rispondevo che se intervengono le forze dell’ordine non puoi dichiarare il falso». Poi dal prefetto lei era stata ricevuta. «Ma avevamo parlato solo del mio episodio e mi aveva espresso solidarietà».

Seguici sui nostri canali