Quando Philippe Daverio venne a Romano e riabilitò il "Mostro"
Lo storico e critico d'arte è scomparso questa notte all'Istituto dei tumori di Milano all'età di 70 anni.

Era il novembre 2013 e a Romano nell'accesa diatriba sul futuro di Palazzo Muratori, il "Mostro" come lo chiamavano in tanti, s'inserì anche la voce autorevole di Philippe Daverio, lo storico e critico d'arte scomparso questa notte all'Istituto dei tumori di Milano all'età di 70 anni.
Daverio a Romano per riabilitare il "Mostro"
"Ormai ce l'avete e non è tanto orribile..." aveva detto Daverio, celebre gallerista nato in Francia ma cresciuto e realizzatosi in Italia, parlando di Palazzo Muratori che nel 2013 era tornato al centro delle controversie politiche in vista delle amministrative che si sarebbero tenute a breve per l'elezione del nuovo Consiglio comunale di Romano. Abbatterlo oppure no: una decisione che l'Amministrazione sembrava intenzionata a sottoporre al giudizio dei cittadini, ma che alla fine si era risolta in nulla. Palazzo Muratori è rimasto al suo posto anche se continuava a piacere a pochi, come l'ex sindaco Emilio Tognoli.
«Abbatterlo sarebbe sbagliatissimo, è un'architettura d'eccellenza che andrebbe valorizzata - disse all'epoca l'ex sindaco - Non è vero a mio avviso che deturpa la vista sulla chiese. Ospita manifestazioni e il porticato è diventato luogo di incontro e socializzazione. Forse all'epoca bisognava spendere di più, per migliorare la qualità dei materiali, ma ora occorre investire per potenziarlo».
Daverio e la difesa (parziale) di Palazzo Muratori
A riabilitare Palazzo Muratori ci pensò effettivamente proprio il critico d'arte intervenuto in un incontro organizzato in città, restando sempre molto cauto sul suo giudizio. Dall'esperto arrivò più uno spunto di riflessione che un parere pro o contro l'abbattimento, anche quando, concluso l'incontro, arrivò la domanda diretta in merito.
«Ormai ce l'avete - disse Daverio - E non è poi tanto orribile sebbene anche a me, messo lì, piaccia solo a metà. Quello che dà più fastidio è la sua veloce obsolescenza, ha solo qualche anno e sembra già da buttar via. Il motivo? La malattia dell'asta a massimo ribasso, che ha portato ad utilizzare materiali di scarsa qualità. Se avessero costruito San Pietro a massimo ribasso, avrebbero costruito un garage. Insomma, su due piedi non me la sentirei di buttarlo giù, non è privo di una sua grazia, sebbene privo di qualità. Piuttosto, integratelo con l'esistente».
E in proposito, l'invito fu quello di rivolgersi ai neo architetti.
«Lanciate una gara, un concorso di idee per giovani disperati dell'architettura per ridare un sapore nuovo a quella struttura».
Romano è bella. ma non la conosce nessuno
Ma non solo: Daverio elogiò la città dal punto di vista artistico, sottolineando però anche come fosse sostanzialmente sconosciuta nel resto della Lombardia, prendendola come cattivo esempio di patrimonio culturale non valorizzato e come spunto per parlare della sua «Save Italy», un progetto culturale pensato per utilizzare le bellezze del Belpaese come volano per l'economia e la crescita.
«Non sono mai stato qui, nemmeno sapevo dell'esistenza di questa città - ha detto - Ho fatto un giro in centro con il prevosto di una quarantina di minuti, e ho visto un quadro del Moroni, nella vostra stimolantissima chiesa parrocchiale, di cui ho scritto per il mio prossimo libro ma che non avevo mai visto dal vero. Avete dei portici che sono di una potenza formidabile, se rapportati alle dimensioni del centro abitato. Tra i più belli della Lombardia. La cosa strana è che nessuno lo sa, e su questo andrebbe fatta una riflessione seria».
Parole che, ancora oggi, hanno uno straordinario valore in una Bassa che sta facendo i conti con un rilancio turistico sempre più improntato alla scoperta delle bellezze storiche, architettoniche e artistiche, ma che ha ancora moltissima strada da fare.