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Parla il killer della Soncinese: "Non sapevo stare al mondo. Oggi insegno ai ragazzi a stare lontani dall’illegalità"

Riparte da Romano la rubrica del Giornale di Treviglio - Romano Week dedicata ai casi di cronaca nera con la carriera criminale e la successiva redenzione di un operaio di Calcio, Francesco Pedersoli Morelli.

Parla il killer della Soncinese: "Non sapevo stare al mondo. Oggi insegno ai ragazzi a stare lontani dall’illegalità"
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Riparte da Romano la rubrica del Giornale di Treviglio - Romano Week dedicata ai casi di cronaca nera con la carriera criminale e la successiva redenzione di un operaio di Calcio, Francesco Pedersoli Morelli.

I delitti e la prigione

"Non voglio sottrarmi alle mie responsabilità. Vi racconto quello che faccio oggi, va bene, ma vorrei tenere un basso profilo, per rispetto della memoria di chi non c'è più, del dolore e della riservatezza dei parenti". Al telefono, Francesco Pedersoli Morelli parla soppesando ogni frase, ma la voce tradisce comunque l’emozione di un ricordo che pesa come il cemento, anche per lui. L'accento bergamasco che doveva avere trent'anni fa, da operaio sbandato di Calcio, nato in una cascina di via Covo nel cuore della Bassa profonda, è completamente scomparso. Ha preso una cadenza veneta, leggera ma inconfondibile. Alla soglia dei 60 anni, oggi il duplice omicida di Ghisalba è quasi in età da pensione. Ha scontato la sua pena per il massacro avvenuto nel 1991. Oggi è un uomo libero. Dei trenta a cui era stato condannato nel 1995, dopo il primo processo del 1994 che lo aveva invece mandato all’ergastolo, ne ha scontati in tutto circa 27, godendo di qualche sconto per buona condotta.

La nuova vita

"Non voglio passare come esempio di redenzione" premette ancora. Eppure la parola non sarebbe eccessiva, se si pensa che oggi Francesco Pedersoli Morelli è un giornalista e un attivista, "colonna" e co-fondatore di una rivista che si occupa di carcere, di carcerati e di educazione alla legalità. Il nome del giornale è "Ristretti orizzonti", e più che un giornale «è un progetto», spiega. Un laboratorio in cui si parla di diritti dei detenuti, ma anche di educazione e di cultura della legalità. Di quei mesi, di quei giorni in cui uccise a sangue freddo i coniugi Parati, 33 anni dopo ha un'immagine piuttosto disincantata.

"Ero un inesperto... Un inesperto della vita - racconta - Purtroppo ho fatto quel che ho fatto e non è stato “un momento”: no, è stato tutto un periodo, durante il quale non sapevo stare al mondo e avevo a che fare con cose più grandi di me. In carcere mi sono ricostruito, in quasi trent'anni. Mi sono diplomato. Avessi avuto più esperienza della vita, allora, forse le cose non sarebbero andate così, ma non ne avevo".

 

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