Il dramma di Amir: passa da Treviglio la speranza di salvargli la vita
Il piccolo di due anni ha contratto il rotavirus in Marocco e, grazie a una cugina, è stato ricoverato all'ospedale di Bergamo.

Un dramma. Con un lieto fine insperato, ancora da scrivere, ma che grazie a una 38enne di Treviglio e al provvidenziale intervento dei medici dell’ospedale di Bergamo sembra ora possibile.
Amir
E’ un vero e proprio incubo quello che stanno vivendo Hanae e Azeddine Boudressa, genitori del piccolo Amir (nella foto col padre) che da più di due settimane sta lottando tra la vita e la morte contro un virus che ha rischiato di compromettergli il funzionamento di fegato e reni. Il piccolo è nato il 14 settembre 2017 a Merate (Lc) e risiede con la famiglia a Mapello. Entrambi sono originari del Marocco ed è nella loro terra natale, che quest’estate hanno deciso di trascorrere le vacanze. Un viaggio che si è presto trasformato nell’incubo peggiore per un genitore.
Il malore in Marocco
"Il 22 agosto sia io che mio figlio abbiamo iniziato a non sentirci bene, ad avere problemi di stomaco", ha raccontato la madre Hanae. Visto che il bimbo si era indebolito molto, la mamma ha però deciso di portarlo in una clinica privata della città di Fez per farlo visitare e fargli eventualmente prescrivere qualche vitamina o un antibiotico. "Abbiamo solo chiesto una visita pediatrica, ma i medici ne hanno approfittato per tenerlo lì e farci pagare una serie di inutili esami", ha continuato mamma Hanae nel suo racconto. E’ a quel punto che il piccolo Amir ha iniziato a stare male per davvero, peggiorando di minuto in minuto, arrivando a rigurgitare sangue.
L'incubo
Al quinto giorno di ricovero Amir è entrato in coma, ma ai genitori è stato riferito che era semplicemente sedato. I medici della clinica hanno consigliato alla giovane coppia di trasferire il loro bambino in un altro ospedale ed è a quel punto che mamma e papà hanno preso coscienza della gravità della situazione. Gli è stata infatti diagnosticata un’epatite fulminante. L’unica salvezza sarebbe stato il trapianto di fegato, ma i medici hanno spiegato che in quella struttura non c’era la possibilità di effettuare un’operazione di quella portata e che l’unica speranza era trasportarlo in Europa.
L'aiuto della cugina
Ai genitori non è rimasto altro che aggrapparsi con tutte le loro forze alla speranza, trovando aiuto in una cugina della mamma, che ha avuto l’intuizione di contattare il Papa Giovanni XXIII. "Sapevo che l’ospedale di Bergamo è molto rinomato – ha affermato Hanane Larhrib, residente a Treviglio, 38 anni e in Italia da 37 – così ci siamo attivati per farlo ricoverare lì. Per fortuna i medici lo hanno accettato e da quel momento hanno iniziato ad aiutarci a distanza". Dopo varie peripezie e un volo privato pagato 33 mila euro, la famiglia di Amir è arrivata a Bergamo il 29 agosto.
La terribile scoperta
Ma una volta ricoverato, i medici hanno scoperto che Amir non aveva un’epatite ma ben altri problemi, ancora più gravi: il piccolo aveva contratto il Rotavirus, un’infezione che provoca disidratazione e che può risultare letale se non curata adeguatamente, come è avvenuto appunto in questo caso. Il bimbo potrebbe averlo preso alla clinica privata marocchina in cui era rimasto ricoverato, a causa del contatto con strumentazioni mediche non sufficientemente igienizzate. Il virus gli aveva provocato danni al fegato, ai reni, ai polmoni e al cervello.
La speranza
"I medici credevano che Amir non avrebbe superato la notte", ha raccontato la cugina Hanane. Eppure il piccolo è ancora in vita e sta continuando a combattere contro la morte. In ospedale lo tengono monitorato con continui esami e negli ultimi giorni hanno iniziato a notare piccoli miglioramenti: il fegato e i reni si stanno rigenerando e giovedì scorso si è svegliato dal coma. "Ringraziamo con tutto il cuore il personale del Papa Giovanni perché è stato l’unico ad appoggiarci quando il nostro Paese ci ha lasciati soli. Qui sono tutti degli angeli perché stanno facendo il possibile per salvargli la vita", ha affermato la cugina. La speranza è che questo incubo abbia un lieto fine.