Rivolta

Il boss della ‘Ndrangheta che si vanta al bar di aver fatto vincere a Rivolta il sindaco Sgroi

Tutto nasce a Pioltello, dal tentativo dei Maiolo di ricostruire il clan dopo l’operazione «Infinito». Il sindaco non risulta né indagato né tanto meno destinatario di misure cauterlari.

Il boss della ‘Ndrangheta che si vanta al bar di aver fatto vincere a Rivolta il sindaco Sgroi
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«È una persona che non conosco, l’ho incrociato casualmente un paio di volte durante la campagna elettorale, in uno dei bar del paese. Non avevo idea di chi fosse. Figuriamoci se sono stato a casa sua... E tanto meno, se ci ha aiutati in campagna elettorale».

Non ha dubbi il sindaco Giovanni Sgroi, che d’altra parte, bene precisarlo subito, non è indagato: le conversazioni intercettate dalla Direzione distrettuale antimafia, in cui il boss della ‘Ndrangheta Cosimo Maiolo si vanta di aver contribuito alla vittoria della lista del medico di Treviglio, sono vanterie prive di fondamento. Spacconate da bar, insomma.
Ma se sul piano giudiziario la stessa Magistratura ha tenuto fuori Sgroi e la sua Giunta dalle indagini che stanno scuotendo, invece, la politica di Pioltello, sul fronte politico la pubblicazione delle intercettazioni in cui si parla del neo sindaco hanno generato un vero putiferio. Ma andiamo con ordine.

La vicenda di Pioltello

Tutto nasce, appunto, a Pioltello, dove secondo l’accusa dei magistrati Alessandra Dolci, Paolo Storare e Stefano Amendola della Dda, alle elezioni comunali dell’autunno 2021 il candidato sindaco del centrodestra Claudio Fina (Forza Italia) avrebbe goduto in campagna elettorale del sostegno esplicito di uno dei vertici della cosca pioltellese, il boss Maiolo, affiliato alla ‘Ndrangheta.

Un personaggio decisamente pericoloso, e noto, Cosimo Maiolo, già coinvolto nelle indagini del 2010 dell’inchiesta «Infinito» e condannato a 11 anni e 4 mesi di carcere. Appena uscito, si era messo d’impegno con il suo uomo di fiducia Luca Del Monaco, per ricostruire l’impresa del clan di famiglia. In tutti gli ambiti: ha operato, stando a quanto emerso, anche nell’ambito delle pompe funebri, durante l’emergenza Covid. Quello che mancava, alla cosca pioltellese, era soltanto un appoggio politico. E Maiolo sperava di poterlo ottenere alle ultime Comunali, assicurandosi un candidato «amico».

Nel dettaglio, secondo l’accusa Maiolo avrebbe fatto valere la sua posizione di leadership nella cosca attiva nella cittadina dell’hinterland milanese, attivandosi per convincere (con i suoi «metodi mafiosi» e con i suoi collaboratori s’intende) frotte di cittadini soprattutto di origine straniera, a votare per Fina. Di più, avrebbe anche organizzato un banchetto elettorale a favore del candidato sindaco Claudio Fina e dell’aspirante assessore all’Urbanistica Marcello Menni, nella pescheria gestita dal figlio di Maiolo, Omar. Un appoggio che «si è ulteriormente palesato» con l’incontro di Maiolo con lo stesso politico, al quale il boss - si legge nell’ordinanza che ha portato in carcere lui e altri otto affiliati - «ha espressamente promesso il suo appoggio, ancorché, necessariamente, occulto».

Ricostruire la Locale e controllare la Logistica

Il tutto, all’interno di un piano «di ricostituzione e di riattivazione della locale di Pioltello» si legge ancora nella stessa ordinanza: il tentativo di condizionare le elezioni amministrative avrebbe infatti costituito «un vero e proprio snodo» che avrebbe consentito al clan, in caso di riuscita, «di riaffermarsi definitivamente sul territorio, tessendo un’alleanza strutturale con la nuova amministrazione comunale». E da lì, a condizionare «pubblici appalti e per il controllo di concessioni, autorizzazioni e servizi pubblici». Un «salto di livello» essenziale, continuano i magistrati, nella prospettiva di recuperare all’associazione il potere disperso con l’operazione «Infinito», che appunto aveva sgominato la «locale» di Pioltello.

Di più: l’obiettivo era anche trafficare in armi e munizionamento, ed «acquisire direttamente e indirettamente la gestione e/o controllo di attività economiche, in particolare nel settore della logistica».
Non andò bene: a Pioltello, vinse comunque la candidata del centrosinistra Yvonne Cosciotti. Ma le pressioni su decine di cittadini perché votassero Fina ci furono, secondo i magistrati. E alla conclusione delle indagini, ormai più di un anno dopo il voto, tra i capi d’imputazione c’è anche quello di «coercizione elettorale».

Cosa c’entra Rivolta?

Ma cosa c’entra Rivolta? E soprattutto, cosa c’entra l’Amministrazione comunale guidata dall’ex primario dell’ospedale di Treviglio Giovanni Sgroi? Sulla vicenda, la lunga ordinanza (circa 300 pagine) riserva poche righe, e come detto Sgroi non è né indagato né tanto meno destinatario di misure cautelari.
Il fatto è che prima di essere arrestato, Maiolo, originario di Caulonia (Reggio Calabria), classe 1964, risultava residente proprio a Rivolta, in via Modigliani. Frequentava inoltre un bar del paese, e ha conosciuto Sgroi durante la campagna elettorale.

I magistrati hanno ricostruito i rapporti tra Maiolo e Fina proprio a ridosso del voto, tra domenica 3 e lunedì 4 ottobre 2021 (si votò anche il lunedì fino alle 15), e proprio in quelle ore, a un certo punto Maiolo viene intercettato dagli inquirenti mentre parla con alcuni conoscenti delle Comunali di Pioltello, il cui spoglio non era ancora avvenuto. Ed è proprio in questa stessa conversazione, intercettata, che Maiolo si è messo a parlare anche di Sgroi, sostenendo di aver aiutato lui in campagna elettorale.

La promessa scherzosa: «Al recupero crediti»

Maiolo, si legge nell’ordinanza, si è vantato di aver conosciuto Sgroi attraverso un amico e ha riferito, intercettato, anche che lo stesso Sgroi si sarebbe in seguito recato più volte a casa sua, per chiedere sostegno alla sua campagna elettorale. Circostanza che, tuttavia, non emerge dalle intercettazioni e che lo stesso Sgroi, come detto, ha smentito.

«In tono scherzoso - scrivono i magistrati - (Maiolo) ha anche aggiunto di aver chiesto al dottore cosa avrebbe fatto in caso di vittoria alle elezioni», e riferisce che questi abbia «ironicamente risposto che avrebbe affidato a Maiolo l’incarico di recupero crediti per conto del Comune».

Una conversazione che dimostrerebbe come, almeno secondo Maiolo, Sgroi conoscesse «perfettamente» i trascorsi criminali del boss. Sgroi, riferisce Maiolo, gli avrebbe risposto, testualmente: «A te, dove ci sono da recuperare i soldi, vai tu»).

La battuta al telefono, ma il boss non ricorda il nome

Una spacconeria detta tra amici, per vantare, millantando credito, amicizie importanti anche a Rivolta, oltre che a Pioltello? Sicuramente, il rapporto tra Sgroi e Maiolo non dev’essere stato tanto stretto, se è vero che in un passaggio della stessa conversazione intercettata lo stesso Maiolo dice all’amico con il quale conversa di non ricordarsi il nome del candidato sindaco del centrodestra. «Lo chiamo così, “dottò”... Di nome... Come c***o si chiama di nome, che io di solito lo chiamo per nome?».
Ma di elezioni rivoltane Maiolo è tornato a parlarne anche il giorno dopo, martedì. Si trovava in un bar del centro storico, a pochi passi dalla piazza, e qui è stato intercettato mentre chiacchiera, soddisfatto, con un avventore. «Allora abbiamo vinto?», gli chiede quest’ultimo. «Eh?...», fa Maiolo. «Abbiamo vinto?». Maiolo: «A Rivolta sì, gli abbiamo rotto il c**o, a Rivolta sì, a Rivolta ce l'abbiamo fatta». «Calvi (l’ex sindaco, ndr) può andare a fare in c**o» conclude l’avventore.

Nessuna ipotesi di «coercizione elettorale» a Rivolta

A differenza di Pioltello, le indagini per «coercizione elettorale» non toccano tuttavia Rivolta, almeno in questo filone d’inchiesta. Le dichiarazioni di Maiolo sul presunto appoggio (comunque non circostanziato) a favore di Sgroi e quindi della lista «Rivolta dinamica» non hanno dato seguito ad altre indagini, per quel che è dato sapere al momento, né ci sono evidenze di un coinvolgimento attivo del sindaco in un qualche progetto politico definito, al quale abbia avuto parte anche Maiolo o altri degli indagati. Tuttavia, come del resto era prevedibile, il dibattito politico a Rivolta si è infuriato. Se non altro, per chiedere chiarezza da parte del sindaco su quegli incontri, durante la campagna elettorale, durante i quali i due si sono conosciuti.

Le due minoranze, «RivoltiAmo» e «La Risvolta», hanno chiesto unite un Consiglio comunale aperto alla cittadinanza, per sollecitare il primo cittadino a chiarire. Mentre lui, nel frattempo, in un’intervista a CremascoWeek (l'edizione è in edicola da oggi, venerdì 16 dicembre 2022), ha raccontato la vicenda dal sul punto di vista parlando di sciacallaggio politico.

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