Treviglio

Dentro lo smartphone: uso e abuso del digitale in adolescenza

Secondo incontro per il ciclo di conferenze promosso dall'associazione trevigliese Famiglie InForma: si parla di adolescenti in rete

Dentro lo smartphone: uso e abuso del digitale in adolescenza
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"Dentro lo smartphone: uso e abuso del digitale in adolescenza". Questo il tema del secondo incontro del ciclo promosso dall'associazione trevigliese Famiglie InForma e dedicato in modo particolare all'adolescenza.  A tenere la conferenza, che si è svolta mercoledì 18 novembre alle 18 nello Spazio Hub di piazza Garibaldi a Treviglio, sono state le psicologhe e psicoterapeute Michela Corti e Nicole Adami.

Dipendenze in adolescenza

Come anche per il primo incontro, al momento di riflessione, hanno preso parte in rappresentanza dell'Amministrazione comunale, la vicesindaco Pinuccia Prandina e l'assessore al Bilancio e Politiche giovanili Valentina Tugnoli.

"In Comune c’è un tavolo formato da adolescenti, associazioni, ASST, psicologi che pongono attenzione al tema dell’adolescenza - ha esordito la vicesindaco - L’adolescenza ha bisogno di ascolto e di attenzione. Oggi le psicologhe tratteranno il tema dell’uso esagerato dei social e di Internet perché questo fenomeno, questa attitudine dei nostri adolescenti può arrivare ad una dipendenza comportamentale che non è una dipendenza da sostanze ma è una dipendenza che è importante conoscere per prevenire e affinché non si arrivi al ritiro sociale".

Il riferimento è alla cosiddetta sindrome ‘’hikikomori’’ ovvero la condizione caratterizzata da un rifiuto della vita sociale, scolastica o lavorativa per un periodo di tempo prolungato, di almeno 6 mesi, e da una mancanza di relazioni intime ad eccezione di quelle con i parenti stretti.

"Il ritiro sociale è una realtà del nostro territorio. Ci sono circa 40 adolescenti in tutto l’ambito che sono in terapia e il fenomeno di questa confusione con la realtà e il virtuale - ha evidenziato Prandina - Questo è molto preoccupante. Ci sono famiglie che per nutrire il figlio che sta chiuso camera, portano loro il vassoio fuori dalla porta dalla camera e il ragazzo, se gli pare, ritira il cibo".

L'esempio degli adulti

"Una riflessione che ho fatto prima con una mamma in platea è il nostro stesso utilizzo dello smartphone mentre aspettavamo l’inizio dell’evento - ha aggiunto Tugnoli - Ci diciamo che i giovani hanno bisogno di esempi e noi stessi non lo siamo sempre. Dobbiamo fare i conti con questa tecnologia che anche noi adulti utilizziamo quindi non va demonizzata".

"L'uso deve essere corretto, non bisogna essere iperconnessi e perdere di vista la realtà. L’altra emergenza è ciò che transita nello smartphone, se è vero che c’è ritiro sociale, è vero anche che c’è un utilizzo dello smartphone a sfondo pornografico. Questa pericolosità va raccontata perché talvolta i ragazzi non si rendono nemmeno conto del reato che stanno commettendo, proprio per non conoscenza. Non tutto quello che c’è in questi strumenti va bene; questi strumenti devono essere governati e questo insegnamento è compito dell’adulto’’.

Non si educa con la paura

Ma che emozioni genera negli adulti parlare dei rischi legati all'uso della tecnologia? Paura, rabbia, impotenza, preoccupazione, mediazione, frustrazione e curiosità.
La dottoressa Nicole Adami è quindi partita da un aspetto filogenetico e neurobiologico: non si può educare con la paura. E' difficile essere buoni educatori se si è educatori spaventati. Quando si è spaventati, preoccupati e rabbiosi, il sistema nervoso non sta in relazione. Si è neurologicamente progettati per la sopravvivenza, quindi quando si è spaventati la reazione normale del cervello sano può essere la
fuga o la rabbia.  Quando ci si affaccia ad un argomento con paura, rabbia, senso di impotenza non si sta più in relazione con i ragazzi. Quante discussioni famigliari si ingaggiano con la rabbia e portano a dei muri di gomma che rimbalzano addosso? Tante, troppe.

Ci sono molte situazioni, di rischio o in cui si possono innescare meccanismi patologici. Non si sta parlando di qualcosa di certamente pericoloso come l’eroina, di sicuramente nociva per i ragazzi. Si parla di strumenti che servono e che bisogna sapere maneggiare con attenzione, gli adulti per primi.

Il rinforzo intermittente

Bisogna uscire dalla logica della paura ed essere curiosi di questo mondo. Non si può educare con la paura né con l’incoerenza. La dottoressa Adami, a tal proposito, invita ognuno dei presenti a guardare il proprio tempo di utilizzo sul cellulare. Bisogna partire dalla consapevolezza che gli adulti in primis siano utilizzatori della tecnologia, soprattutto negli ultimi tre anni. Dalla pandemia i ragazzi sono stati inseriti nella didattica a distanza, immersi in un mondo digitalizzato per due anni per poi toglierli da questo mondo per riprendere a criticarli per il loro tempo di utilizzo sul cellulare. A scuola i ragazzi sono chiamati ad utilizzare varie piattaforme digitali. I ragazzi sono inseriti in un mondo che è incoerente. Dentro i social si hanno legami e anche loro possono avere legami. I social soddisfano un po’ di bisogni e gli adulti mandano messaggi incoerenti, demonizzando o utilizzando la tecnologia come ricatto: ‘’te lo do e te lo tolgo’’. Questo è sconsigliato perché funziona un po’ come le slot machine, si chiama rinforzo intermittente. L’utilizzo della tecnologia a ricatto crea un maggiore craving, un maggiore desiderio della tecnologia e crea un maggior rinforzo intermittente sulla voglia di usarla.

Per educare bisogna pensare che l’educazione è un processo a lungo termine, non finisce mai e si evolve e cambia sui bisogni dalle fasce di età. Per educare bene bisogna stare nel mondo che c’è adesso, nel loro mondo. Non va bene la frase ‘’ai miei tempi’’ perché quei tempi non esistono più. Bisogna approcciarsi con curiosità al tema, prima che con paura. Dentro questi strumenti, da un punto di vista probabilistico, ci sono molte più risorse che rischi. Purtroppo, risalta di più la situazione negativa rispetto a quella positiva.

Il metodo ‘’0-3-6- 9’’

Ci sono due approcci che abbiamo; il primo è creare una scuola di educazione al digitale per educare le famiglie. Questo non serve per evitare i rischi, ma prima di dare uno strumento che potenzialmente ha dei rischi, si informano i ragazzi sulle regole da seguire e sui potenziali rischi in cui si incorrere. I ragazzi oggi incorrono a questi strumenti senza un’educazione al digitale.

Che strumenti ci possono essere? Infiniti. Il progetto francese di Serge Tisseron chiamato ‘’0-3-6- 9’’ ci dice quali siano le linee guida che dobbiamo seguire nelle varie fasce di età. Sotto i 3 anni, sarebbe meglio non proporre la televisione. Dai 3 ai 6 anni si possono integrare i cartoni. Rispetto al passato, il mondo è cambiato perché ci sono contenuti che sono evoluti in meglio. I modelli di tanti cartoni sono modelli sani. Bisogna uscire dalla logica della paura ed entrare in quella dellaqualità del contenuto scelto. A partire dai 9 anni devono essere chiare le caratteristiche di utilizzo e i rischi. Dai 12 anni in poi si possono utilizzare le tecnologie da soli se si è correttamente informati sull’uso.

Le quattro regole

Nella sua illustrazione Adami ha spiegato quali siano le fondamenta di Internet, individuando quattro regole e una riflessione conglusiva.

  1. Ciò che entra su internet è di pubblico dominio. In internet si copia. I ragazzi devono sapere che è irreversibile. Quanti genitori in primis mettono le foto dei figli minorenni su internet? Eppure, gli adulti sono proprio quelli che criticano gli adolescenti per l’utilizzo degli strumenti.
  2.  Tutto ciò che viene caricato su internet ci resterà per sempre, non viene mai cancellato definitivamente.
  3.  Non tutto ciò che si trova è vero o legittimo. Internet è il regno delle ‘’bufale’’ quindi non tutto ciò che si trova è vero.
  4.  Le immagini estetiche sono ritoccate e con filtri, questo è protettivo del senso di inadeguatezza dell’immagine corporea.

E quindi, serve un contratto di utilizzo nel momento in cui si offre un cellulare. Non diventa poi un tira e molla ma un utilizzo se si rispettano le regole.

Dentro lo smartphone

Cosa attira, quindi, gli adolescenti? Dentro gli smartphone trovano la soddisfazione di bisogni che sono sani in adolescenza e preadolescenza. Sperimentano il senso di onnipotenza, sentirsi liberi di fare tutto. Internet è comodo perché fa stare rilassati, il nostro corpo non processa pericolo a livello ambientale quando si usa il cellulare.
L’utilizzo potenzia l’autostima, grazie ad una serie di trucchetti che modificano l’immagine. L’adolescente è un po’ allergico ai limiti e lo smartphone rappresenta lo strumento che consente di evadere i limiti. Bisogna, però, sapere e saperli guidare per indicare loro dei margini di rischio.

Relazione e comunicazione

La dottoressa Corti ha invece posto l'attenzione sulla relazione con i ragazzi che rappresenta l'arma principale per contrastare l'insorgere di comportamenti errati e dipendenza. È importante che ci sia la possibilità di parlare dentro casa di ciò che c’è nello smartphone, che non diventi un tabù. Ai genitori preoccupati per l’assenza di un’alternativa e per una possibile confusione tra la realtà e il mondo social ha risposto:

"Il mondo dentro lo smartphone c’è e anche se proponiamo un’alternativa quel mondo continua ad esserci - ha affermato Corti - La prima cosa che viene usata è il social, qualsiasi piattaforma online che serve per costruire una rete sociale con altre persone che condividono interessi, background e attività. Lo smartphone diventa un modo per mantenere le relazioni, anche di quelle che si creano fuori dal mondo social, ad esempio a scuola o durante lo sport".

Pro e contro del digital

La digital emotion regulation è la tendenza a regolare le proprie emozioni attraverso la tecnologia, magari la sera dopo una giornata stressante per tranquillizzarsi. I social spesso fungono da regolatori di emozioni. Questo può avere effetti positivi ma può anche prendere il sopravvento. Tra gli effetti positivi ricordiamo la possibilità di metterci in comunicazione con il mondo, la diffusione di notizie, la stimolazione della creatività e l’ispirazione, la possibilità di imparare grazie a molti influencer e divulgatori scientifici, la socializzazione e il rinforzo delle relazioni, l’offerta di supporto, la semplificazione. Tra gli effetti negativi, invece, ricordiamo la ridotta capacità empatica (dovuta anche ad una minore educazione nel mettersi nei panni degli altri, non solo per via della tecnologia), la difficoltà ad esprimere le opinioni dal vivo e non solo dietro uno schermo, la difficoltà a mantenere una conversazione fluida. Questo accade perché quando si è tanto abituati a scrivere si perde un po’ la capacità di condurre conversazioni spontanee, parlando di sé, delle proprie emozioni e pensieri. Tra i rischi anche la minore esposizione al confronto sociale, i comportamenti di dipendenza, l’aumento del fenomeno FOMO (fear of missing out, paura di perdersi qualcosa), la sensazione di solitudine (che può sfociare nella sindrome di ‘’hikikomoro’’), l’ingolfamento cognitivo, proprio perché si è ‘’bombardati’’ da informazione.

I rischi della rete

Di rischi legati alla rete se ne parla ormai quasi quotidianamente. Alcuni fenomeni sono ormai molto conosciuti: il cyberbullismo, ad esempio, o il sexting (scambio di immagini a sfondo sessuale tramite le chat), Oppure ancora le challenge (sfide): "In adolescenza non è inusuale vedere ragazzi che mettono alla prova il proprio coraggio e testano i propri limiti. Se in passato ciò si realizzava con ragazzi
che andavano veloci con il motorino, oggi la sfida si realizza nel digitale, dove il pubblico diventa più vasto ed entrano in gioco dinamiche di accettazione che sono alla base della formazione dell’identità in adolescenza".

Le challenge

Le sfide social, le cosiddette challenge, possono essere goliardiche e simpatiche ma in alcuni casi possono essere pericolose. Si pensi alla ‘’blue Whale challenge’’, la cosiddetta ‘’balena blu’’: un curatore incita il ragazzo a compiere per 50 giorni 50 sfide in cui lo invita ad auto lesionarsi fino al cinquantesimo giorno in cui il ragazzo è spinto a suicidarsi. Altre challenge, seppur non così estreme, sono la ‘’hanging challenge’’ e la ‘’blackout challenge’’, dove il ragazzo è incitato a stringersi intorno al collo una sciarpa o una cintura pere mettere alla prova il proprio corpo e testare i propri limiti, vedere quando il corpo resiste in assenza di ossigeno.

La pornografia

Altro tema importante e profondamente legato alla rete è la pornografia che, come ha sottolineato Adami, è un tema legato alla sessualità, di per sé un tabù.

"Nella sessualità non ci sono elementi negativi perché fa parte dei bisogni umani fondamentali e dell’espressione umana - ha spiegato - Ma ci troviamo in una società perbenista e puritana che non ha un’educazione sessuale nelle scuole. Si preferisce lasciare il compito a YouPorn, piuttosto che strutturare questa educazione nelle scuole. Il rischio maggiore della pornografia è l’accesso al materiale senza conoscere la sessualità e il corpo umano. I modelli dentro la pornografia diventano modelli normativi del comportamento sessuale".

"Il porno, però, non c’entra niente con gli stupri - ha puntualizzato - La violenza perpetrata ed agita è legata alla personalità, al di controllo degli impulsi, ai meccanismi cerebrali. La pornografia diventa uno strumento che va a normare il confine di tollerabilità di certi comportamenti. Questo perché dentro la pornografia la donna è sottomessa, trattata in maniera violenta e prevaricante, trattata come un oggetto sessuale alla mercè dei desideri maschili: questo è il problema. l’aspettativa dei ragazzi sarà quindi quella per cui le ragazze cedano e accettino certi comportamenti. Le performance nel porno, inoltre, sono ginniche e ciò crea ansie da prestazioni enormi".

L'educazione sessuale

Ma l’industria pornografica è un’industria cinematografica e come tale utilizza Internet per fare mercato. Il vero assente è l’educazione sessuale affettiva, che dovrebbe essere fornita dai luoghi di educazione e formazione.

"Deve diventare materia, non bastano dei corsi brevi - hanno spiegato - Il Paese con il più basso tasso di abusi sessuali è l’Olanda, dove l’educazione sessuale inizia alla scuola d’infanzia. Insegano i confini del corpo, che non devono essere prevaricati nemmeno dai parenti e, se succede, anche se vengono incitati al silenzio, devono riferirlo. Se non c’è l’educazione, questi modelli diventano modelli da seguire".

Le "armi" per difendersi

Dal 21 novembre 2023 entrerà in vigore una legge, ha spiegato la dottoressa Adami, la quale consente di intestare la sim telefonica a un minore. Questa sim impedirà loro di entrare in otto tipologie di siti che promuovo il gioco d’azzardo; l’uso di armi; violenze e lesioni personali; odio, intolleranza ed estremismi; anoressia e bulimia; sette religiose; contenuti pornografici e siti con l’anonimato.

In aiuto accorrono anche le regole di protezione che vanno insegnate ai proprio figli: come quella di non fornire mai i propri dati personali; non incontrarsi mai privatamente con persone estranee conosciute in internet; non aprire documenti o e-mail di sconosciuti; non mandare foto personali a sconosciuti tramite internet o piattaforme Internet come Facebook; dare accesso a foto e altri documenti solo a conoscenti e amici; cercare consiglio se ci si sente insicuri di qualcosa.

"E' molto importante rimanere sul linguaggio dell’adulto all’interno delle chat, pur conoscendo le sfaccettature del linguaggio degli adolescenti - ha concluso Corti - Non bisogna avvicinarsi a loro in questo modo, ma bisogna proporre ai ragazzi è un linguaggio adulto, di rispetto. E' importante non adeguarsi al loro linguaggio, ma rimanere degli adulti fermi".

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