Tragedia

Chi erano Fernando Bergamelli e Oscar Cavagnis, gli scialpinisti morti sul Gran Zebrù

Sono stati travolti mercoledì 19 maggio da una valanga staccatasi dalla seconda vetta più alta del Trentino Alto-Adige.

Chi erano Fernando Bergamelli e Oscar Cavagnis, gli scialpinisti morti sul Gran Zebrù
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A guidarli nel tempo libero era una passione genuina per la montagna e per l’attività sportiva. Oscar Cavagnis, 46 anni di Vertova ma originario di Nembro, e Fernando Bergamelli (nella foto in evidenza), 55 anni di Pradalunga, sono morti proprio tra gli ampi spazi aperti che amavano, travolti mercoledì 19 maggio da una valanga staccatasi sul Gran Zebrù, seconda vetta più alta del Trentino Alto-Adige, al confine tra le province di Sondrio e Bolzano. A raccontare chi erano gli scialpinisti morti sul Gran Zebrù sono i colleghi di Prima Bergamo.

Chi erano gli scialpinisti morti sul Gran Zebrù

Oscar Cavagnis lavorava come commesso nel negozio Sport Specialist di Orio al Serio. Era sposato da undici anni con la moglie Chiara, che lascia insieme a due figli piccoli, di 10 e 5 anni.

Oscar Cavagnis

Cavagnis era un profondo conoscitore della montagna, iscritto al Cai di Nembro. Oltre che provetto scalatore e scialpinista, negli anni aveva praticato un gran numero di discipline sportive, sia a livello amatoriale sia agonistico: a cavallo tra gli anni Novanta e primi Duemila si era cimentato come ciclista professionista con le maglie di Cantina Tollo Alezia, Alexia Alluminio, Saeco e Landbouwkrediet.

La seconda vittima, Fernando Bergamelli, invece, lavorava in Provincia. In passato era stato a lungo un autista, nell’ultimo periodo lavorava come uscere in via Tasso. Viveva a Cornale, insieme alla moglie e al figlio di 22 anni.

Sportivo provetto, dopo un periodo di pausa aveva ripreso la carica di presidente del gruppo sportivo Gso, Bergamelli era anche un abile trombettista, tanto da aver fatto a lungo parte del corpo musicale del paese presieduto dalla sorella Clara.

Due i sopravvissuti

Con loro ieri, sopra il Colle della Bottiglia, a 3.600 metri d’altitudine, c’erano altri due scialpinisti rimasti illesi: uno è Simone Semperboni, accompagnatore alpino di Valbondione. Sono stati questi ultimi, solo sfiorati dalla valanga perché poco più avanti rispetto a Cavagnis e Bergamelli, a chiamare aiuto.

I due illesi sono stati raggiunti prima da un tecnico poi da una squadra di soccorritori che li ha accompagnati a valle. Le salme delle due vittime, invece, sono state recuperate a circa 3 mila metri di quota, sul versante altoatesino della montagna. I corpi sono stati portati al cimitero di Solda per il riconoscimento da parte dei familiari.

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