Alle radici del vero karate: un’arte per riscoprire sé stessi - TreviglioTv

Alle radici del vero karate: un’arte per riscoprire sé stessi - TreviglioTv
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Per Daniel Vezzoli, 29enne di Romano, le arti marziali non hanno più segreti. Anzi, Daniel vive questa disciplina come era stata concepita alle origini, il tutto da autodidatta. Perché infatti, la sua conoscenza deriva da studi fatti in dieci anni su manuali e testi orientali.

«Non sono stato io ad avvicinarmi alle arti marziali – ha detto – sono state loro a scegliermi. Sin da piccolo sono stato attratto da questo mondo, tant’è che ho praticato karaté per un paio d’anni quand’ero bambino. Poi ho smesso, fino a quando, all’età di 18 anni, ho riscoperto il mondo delle arti marziali e da lì non ho più smesso». Secondo Daniel, ciò che viene praticato oggi nelle scuole occidentali non è realmente qualcosa di ricollegabile alle arti marziali. Nelle scuole si cerca di imporre un metodo, che è proprio ciò che questa pratica di combattimento cerca di smontare. «Lo scopo principale delle arti marziali è conoscere e ritrovare se stessi – ha detto – attraverso i movimenti l’uomo conosce i propri limiti e quindi le proprie potenzialità. Oggi sono pochi a conoscere la vera natura che sta dietro a questa disciplina, che in realtà è totalmente filosofica. È infatti impossibile spiegare che cosa sono le arti marziali, è un po’ come l’universo, a metà tra l’esistente e il non esistente». Ciò che regge questa disciplina (e che spesso viene volutamente sottaciuto) è l’aspetto mentale e di meditazione. Senza questo gli allenamenti non avrebbero senso. Lo scopo delle arti marziali è quello di esprimere se stessi attraverso il movimento, per questo sono chiamate «arti» e per questo sono riconducibili a qualsiasi forma artistica, partendo dalla danza, per arrivare fino alla pittura, passando per la scrittura e la musica. Ogni movimento, qualunque esso sia, è riconducibile alle arti marziali e questo perché ogni mossa spinge ad un grado maggiore di conoscenza della propria identità. Naturalmente non bisogna dimenticarsi dell’aspetto del combattimento, che sta alla base della pratica orientale. «Il combattimento è improntato verso l’autodifesa – ha detto – e non verso l’offesa, ma a questo va aggiunto sempre la mente. Riuscire a smonzare le tensioni, riuscire a eliminare i conflitti, trasformare un pensiero da negativo a positivo, questa è la reale arma per difendersi». Secondo Daniel oggi sono in pochi a vedere questa disciplina come lo è effettivamente. L’avvicinamento alla cultura orientale tramite lo studio di molti libri che trattavano tale argomento ha portato il 29enne ad una conoscenza superiore e approfondita delle arti marziali, che sono quindi più che una pratica di combattimento, un modo concreto per vivere e affrontare la realtà circostante. Per questo Daniel ha sviluppato un proprio stile chiamato «supreme defency», uno stile improntato alla piena libertà e autonomia del combattente, con lo scopo principale di raggiungere un grado maggiore di conoscenza di sé ed espressione dell’io. Una filosofia a tutti gli effetti insomma. «Siccome la libertà è ciò che sta alla base delle arti marziali – ha detto Daniel – non ambisco ad insegnare questa disciplina, appunto perché ognuno deve crearsi un proprio stile. Però ritengo che la diffusione di questa pratica è d’obbligo, per questo anni fa ho scritto un libro, ahimé non ancora pubblicato, per mettere in luce questa arte nella sua natura più autentica e vera. Adesso sono cresciuto e il mio stile è progredito, per questo penso che riscriverò quanto ho espresso in passato, ma alla base di tutto resta sempre il principio fondamentale di libertà e l’insegnamento di come rendere ogni occasione che ci capita un’opportunità per esprimere e conoscere meglio noi stessi e la realtà che ci circonda». E per Daniel il trucco è molto semplice, tanta meditazione: abbandonare il mondo materialista per incontrare una realtà più spirituale.

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