Allattamento al seno: quando dire basta?

Quali strategie utilizzare e come approcciarsi a questa fase che può risultare particolarmente difficile? Ecco qualche consiglio per superare insieme ai bambini tutte le difficoltà

Allattamento al seno: quando dire basta?
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Allattamento al seno: quando dire basta? Un argomento così ampio che potremmo stare a parlarne per ore, ma cerchiamo di fare un po' di chiarezza e dare qualche consiglio a chi si trova nel limbo e non sa come fare. Ci aiuta la nostra educatrice Roberta Ciocca.

Allattamento al seno: quando dire basta?

Allattare il proprio bambino, per chi ha fatto questa scelta, è un'esperienza, unica, ricca di emozioni, anche se non priva di qualche difficoltà. Non esistono limiti assoluti che stabiliscano il periodo di tempo entro il quale allattare. I pediatri consigliano di prolungare l'allattamento anche dopo lo svezzamento, fino al compimento del secondo anno di vita del bambino. Il latte materno è l'alimento perfetto per il bambino, creato su misura per lui, ricco di sostanze nutritive e di difese immunitarie

L'allattamento a richiesta

Offrire il seno al proprio bambino ogni qualvolta ne mostri la necessità, è il metodo consigliato dalle ostetriche, il cosiddetto "allattamento a richiesta". Favorisce la montata lattea e garantisce al bambino la serenità di una risposta sempre pronta ai suoi bisogni.

Si tratta di un "vizio"?

Il rischio che questa pratica comporta è che, anche quando il bambino cresce, si continui a utilizzare il seno come principale strumento di consolazione. Intorno all'anno infatti, il bambino non ha più la necessità di poppare così frequentemente come nei primi mesi di vita, ma può diventare difficile per la mamma mettere delle regole e dei limiti. Si tratta ancora una volta di quei "paletti" di cui il bambino ha bisogno per crescere, acquisire sicurezza e autonomia.

Un'immagine positiva di sé

Offrire il seno al bambino ogni volta che è triste, quando cade e cerca la mamma per essere consolato, quando non riesce a fare qualcosa e prova un senso di frustrazione che manifesta con il pianto, lo priva della possibilità di trovare altri modi per consolarsi. Gli toglie quella conquista del saper fare da solo, saper superare una difficoltà cercando in sé le risorse necessarie a farlo (sempre con i genitori al suo fianco per supportarlo). Conquista che contribuisce all'aumento dell'autostima e alla costruzione di un'immagine positiva del sé.

Un sonno disturbato

Quando l'unico modo, o il modo prediletto, del bambino per sentire la mamma vicina a sè, è poppare, può succedere che questo si svegli spesso durante la notte e riesca a riprendere sonno unicamente se viene allattato. Quando questo meccanismo si ripete nel tempo, specialmente se il bambino è cresciuto ed è già stato svezzato, non si tratta di fame, ma di "voglia di coccole". Il protrarsi di questa abitudine può causare disagi nei genitori, che non riescono ad avere un riposo regolare, e nei bambini che, svegliandosi di continuo, possono diventare nervosi e irrequieti per la mancanza di sonno.

Allattamento al seno

Un cambiamento progressivo

Se la mamma decide che è arrivato il momento di offrire al bambino un'alternativa al seno, con l'obiettivo di rendere il suo sonno più continuativo e di renderlo più sicuro e autonomo nel superare le piccole difficoltà/frustrazioni quotidiane, è bene che non lo faccia in maniera radicale. I cambiamenti sono meno traumatici quando avvengono gradualmente e con molta attenzione ai comportamenti del bambino, che ci rivelano sempre il suo stato d'animo.

Quali strategie utilizzare?

È possibile, invece di offrire il seno come consolazione al pianto del bambino, offrirgli, per esempio, un abbraccio, un bacio e qualche coccola. Se, dopo una lunga assenza della mamma, il bambino è abituato ad attaccarsi al seno appena la vede, una valida alternativa può essere rappresentata dal trascorrere del tempo esclusivamente con lui, svolgendo un'attività che gli piace in modo particolare. In questo modo capirà che la mamma c'è, indipendentemente dalla poppata. Capirà che il supporto della mamma di fronte ad una sconfitta (qualunque essa sia) c'è anche senza bisogno di attaccarsi al seno.

E di notte?

Durante la notte, il distacco dal seno potrebbe essere meno immediato e più difficoltoso. È possibile offrire al bambino dell'acqua nel biberon, o la camomilla, al suo risveglio. Spiegare in modo dolce e pacato, che la mamma c'è, è con lui pronta a coccolarlo. È possibile avvalersi dell'aiuto del ciuccio, se il bambino lo accetta, o di un peluche che possa toccare, accarezzare o portare alla bocca. Esistono in commercio i cosiddetti dudini, peluche pensati apposta per offrire al bambino un caldo conforto, che possono, prima di essere proposti al piccolo, essere tenuti a diretto contatto con la mamma, in modo da impregnarsi del suo profumo.

Non tornare sui propri passi

Per ottenere risultati è bene essere costanti. Il pianto di un bambino che non trova quello che sta cercando, specialmente durante la notte, può essere difficile da sostenere per i genitori. Se però si "cede", tornando ad offrire il seno per placare il pianto, senza più provare a cercare alternative, il bambino ne risulterà estremamente confuso e continuerà a maggior ragione a utilizzare il pianto come strumento per ottenere "quello che vuole".

Il filo di Arianna

Una rubrica che si pone come obiettivo quello di fornire suggerimenti, confronti, riferimenti teorici e spunti che, come il filo donato nel mito a Teseo, possano essere d’aiuto a chi si trova ad attraversare il meraviglioso labirinto dell’educare. Ecco il nuovo appuntamento con la nostra educatrice Roberta Ciocca.

 

Roberta Ciocca, nata a Treviglio il 9 Febbraio 1986, diplomata presso il Liceo Classico dell’Istituto Salesiano Don Bosco di Treviglio, dottoressa in Scienze dell’Educazione presso l’Università degli Studi di Bergamo. Dal 2008 lavora come educatrice di Asilo Nido a Treviglio. Nel 2011 riceve diversi riconoscimenti letterari con un racconto ed un romanzo inediti.

 

Commenti
cinzia

che articolo assurdo! Infatti redatto da una "non mamma" che su non so su cosa si basa, ma di sicuro su metodi obsoleti! assurdo pensare che il ciuccio e la camomilla (piena di zuccheri) siano meglio del latte materno e delle coccole della mamma. CAMBIA LAVORO!

Simona

Quali competenze ha un'educatrice sull'allattamento? Ha forse sostenuto esami universitari in merito? Ecco l'ennesimo articolo pieno di pregiudizi e falsi miti, privo dell'apporto di evidenze scientifiche. Le opinioni personali di chi scrive non interessano a nessuno e, anzi, possono essere dannose. Ennesima delusione. Simona da Como

Daria

Articolo iniziato bene e finito male! Consigli che cozzano con i nuovi studi sull'allattamento e sulla conquista dell'autonomia. Prima di pubblicare sarebbe meglio informarsi. http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2113_allegato.pdf

Sara

Io credo che, come in tutte le cose, ci siano persone deputate a parlare di un argomento in quanto competenti, e altre persone che non lo sono. Un’educatrice non ha le competenze adatte per definire gli ambiti dell’allattamento al seno, quando e come porre fine al percorso della diade mamma-bambino come potrebbe fare ad esempio una peer o una consulente ibclc. Le educatrici mostrano tutte molto patemi d’animo a riguardo della suzione al seno, ma per quello che riguarda il ciuccio? Ha la stessa funzione consolatoria che ha il seno, come mai non leggo mai articoli che ne evidenziano i lati negativi? Forse perché nella vostra giornata lavorativa, la suzione del ciuccio un po’ vi aiuta?

Ileana

Quante idiozie tutte insieme! Meno male che a Milano la pensano diversamente e anche l'OMS e l'UPPA. Ma forse questa ragazza pensa di saperne più di loro?

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