Addio a Nanni Svampa, leggendario cantastorie lombardo

Si è spento ieri a 79 anni

Addio a Nanni Svampa, leggendario cantastorie lombardo
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Nanni Svampa si è spento ieri sera, a 79 anni, nella sua casa di Varese.  Fino all'ultimo è rimasto in attività portando avanti con passione il lavoro di riscoperta della tradizione musicale lombarda

Nanni Svampa, la vita

Nanni Svampa era un milanese vero. Un milanese Doc, di quelli che oggi, forse, non esistono nemmeno più. Nacque a Porta Venezia nel 1938, in una di quelle case di ringhiera tutte affacciate su una corte comune. Da bambino per sfuggire ai bombardamenti fu sfollato sul Lago Maggiore, a Porto Valtravaglia. La sua vita si svolse dunque in un contesto bucolico e rurale che, insieme all'esperienza del quartiere popolare, lo segnò profondamente. Dopo aver preso il diploma al liceo scientifico tornò a Milano dove si iscrisse alla Bocconi e si laureò in economia. Ma la vocazione per la musica e il teatro si fecero sentire con sempre maggiore veemenza e, alla fine, ebbero la meglio.

La traduzione di Brassens

Proprio dall'esperienza della ricerca di un lavoro che soddisfacesse il padre nacque la prima canzone di Nanni Svampa. "Io vado in banca" fu portata al successo dall'interpretazione cabarettistica di "I Gufi".  Già d59 aurante il periodo universitario Nanni Svampa si era avvicinato al mondo musicale, fondando e partecipando come voce e chitarra nel 1959 al complesso goliardico  "I soliti idioti".  Durante il servizio di leva Svampa iniziò ad ascoltare le canzoni di Georges Brassens ed ebbe la geniale intuizione di tradurle. Non in italiano, ma in dialetto milanese. Questo esercizio di apprendimento delle espressioni dialettali lo avvicinò molto alle canzoni della tradizione popolare lombarda.

I Gufi

Dopo l'incisione del suo primo disco con le canzoni di Brassens Svampa iniziò a frequentare il vivace ambiente musicale milanese. Qui conobbe il jazzista Lino Patruno, con il quale instaurò da subito un rapporto di amicizia e collaborazione.  Dopo l'incontro con Roberto Brivio e Gianni Magni i due decisero di lanciarsi nell'avventura del cabaret musicale. Nacquero così "I Gufi".  L'alchimia funzionò bene: Nanni Svampa, detto il cantastorie, era il cantore della Milano dialettale che andava scomparendo. Lino Patruno, il cantamusico, un jazzista di vaglia, tuttora attivo sui principali palcoscenici. Gianni Magni era il  cantamimo. Di famiglia circense, era un mimo capace di posture grottesche e di cantare con voce quasi bianca. Roberto Brivio, appassionato d'operetta, era l'autore dei testi più originali del gruppo, che gli valgono il soprannome di cantamacabro. Con l'andar del tempo e l'accrescersi della sua fama, il quartetto inizia a girare prima la Lombardia, poi l'Italia, portando una ventata di comicità surreale ed anticonvenzionale in un'Italia che, tacitati i morsi della fame, cominciava ad interrogarsi su sé stessa, prestando orecchio agli stimoli provenienti dall'estero

La tutela delle tradizioni

Dopo lo scioglimento dei Gufi, Nanni Svampa continuò la collaborazione con Patruno, incentrando la sua attività negli spettacoli teatrali.  Parallelamente non cessa il suo interesse verso Brassens, del quale continuerà a curare le traduzioni, sia in italiano che in milanese, delle sue canzoni. Ma a stargli a cuore fu soprattutto la  creazione di un antologia delle canzoni popolari milanesi. Svampa aveva subìto il fascino della cultura popolare fino al punto da effettuare una scrupolosa ricerca filologica ed archivistica al fine di conservare e tramandare il patrimonio plurisecolare della canzone meneghina. Suddivisa in dodici volumi  la sua "Antologia della canzone lombarda" rappresenta una delle maggiori collezioni di studio e ricerca sulla storia musicale e dialettale della città di Milano e non solo.

 

 

 

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