In comunità per i troppi videogiochi, per l'assessore "misura necessaria"

"Se non ci fossero dei gravi motivi nessun giudice allontanerebbe un figlio dalla madre" ha detto Michele Gennuso sulla vicenda del 14enne dipendente dalla playstation

In comunità per i troppi videogiochi, per l'assessore "misura necessaria"
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"Se non ci fossero dei gravi motivi nessun giudice allontanerebbe un figlio dalla madre". Ha commentato con queste parole l'assessore ai Servizi sociali e vicesindaco di Crema Michele Gennuso, la vicenda che vede protagonista Antonio M. (nome di fantasia) che, a causa di una dipendenza da videogiochi rischia di essere portato in una comunità.

Giornate davanti alla playstation

La questione si è aperta un paio di anni fa quando il ragazzo, oggi 14enne, ha iniziato ad abusare dei videogiochi. "Nonostante mia madre mi dicesse di smettere non riuscivo a farlo - ha spiegato il giovane - Era più forte di me". Mamma Emanuela Vigliotti si è quindi rivolta ai Servizi sociali, chiedendo un aiuto per portare il ragazzo fuori dal tunnel. Le cose, però, non sono andate come sparava. " Non abbiamo avuto un aiuto concreto - ha spiegato la donna - Non ci sono stati incontri e nemmeno attività che portassero mio figlio a cambiare".

Il giudice decide per la comunità

Il giudice, circa un mese fa, ha quindi deciso per la comunità. Antonio ha scritto anche una lettera accorata ma non è valso a nulla. Nel decreto si legge: “…il minore Antonio versa in uno stato di forte dipendenza dai videogiochi con conseguente disinvestimento e distacco dalla realtà circostante, […] senza alcun tipo di controllo e protezione da parte della madre, inadempienza scolastica ed isolamento sociale.” Ieri mattina, lunedì, i servizi sociali avrebbero dovuto recarsi a casa di mamma Emanuela e Antonio per portare il ragazzo in una comunità di recupero a Cremona ma, all'ultimo minuto, l'ufficio dei Servizi sociali e quello della tutela dei minori ha scelto per una riunione urgente, lasciando sulle spine l'intera famiglia.

L'assessore Michele Gennuso

Per l'assessore "misura necessaria"

A parlare per conto dei Servizi sociali è stato l'assessore e vicesindaco Michele Gennuso che ha voluto chiarire alcuni aspetti. "La situazione è iniziata due anni fa - ha spiegato - Smentisco quanto affermato dalla mamma e dal ragazzo circa il fatto che non abbiano avuto l’assistenza necessaria, perché sono state messe in campo tutte le misure previste. Un giudice non arriva ad allontanare un minor dalla famiglia, questa è una soluzione drastica che serve a tutelarlo e a seguirlo perché evidentemente fra le mura domestiche non vive una situazione normale. Si è deciso di non allontanarlo ieri per la presenza massiccia di giornalisti e per evitare eventuali gesti sconsiderati che il ragazzo avrebbe potuto compiere. Il giovane so che si è detto sconvolto dal fatto di non poter trascorrere le festività insieme alla madre: ho lavorato in comunità di recupero e non esistono , soprattutto all’inizio, possibilità di vicinanza alla famiglia e non c’è Natale che tenga. Non conosco la signora è il ragazzo ma ho intenzione di andare a parlare con loro".

Attivato anche il comitato dei diritti umaniDue membri del comitato con mamma Emanuela e Antonio

“Questo decreto mette in luce tutte le criticità dell’attuale sistema di Tutela Minorile – ha sostenuto Sonia Manenti del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani Onlus – L’imposizione coatta sembra prevalere sul buon senso. Questa sostituzione dell’approccio umano e umanistico con la forza bruta, è figlia della cultura psichiatrica, che tratta gli individui come oggetti. Le valutazioni psichiatriche, di cui è pieno il dossier, non sono supportate da test di laboratorio o prove oggettive, e sono per loro natura soggettive e opinabili. Eppure, vengono riprese dai tribunali come oro colato, impedendo di trovare vere soluzioni e di aiutare questi ragazzi. L’approccio medicalizzante e disumanizzante verso i Gian Burrasca non va bene: le istituzioni dovrebbero aiutare le famiglie, anziché farle a pezzi”.

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