Uniti contro la violenza sulle donne
Una serata di approfondimento organizzata in sala consiliare lunedì 22 novembre, ha affrontato il tema da diversi punti di vista.
Uniti contro la violenza sulle donne, il messaggio forte e chiaro emerso lunedì 22 novembre, nella sala consiliare di Rivolta durante l'incontro di approfondimento alla presenza di esperti.
Uniti contro la violenza sulle donne
La serata, presentata dalla vicesindaco Marianna Patrini insieme ai consiglieri Monica Bonizzoli e Claudio Londoni ha visto la presenza della dottoressa Cinzia Mancadori in qualità di referente dello Sportello Donna - primo ascolto e prima accoglienza per donne - gestito dal centro Sirio di Treviglio e presente ogni giovedì al centro rivoltano La Chiocciola, della dottoressa Lorena Cavalleri vicepresidente dell'Ordine delle ostetriche delle province di Bergamo, Cremona, Lodi, Milano e Monza Brianza, dell'avvocato Carolina Valsecchi, del dottor Paolo Marzorati direttore del centro delle dipendenze dell’ospedale Santa Marta, di Lorenza Branchi, responsabile marketing della società sportiva Pallacanestro Crema, dell'avvocato Cecilia Gipponi della Rete ConTatto e di Marta Mondonico in rappresentanza della Filodrammatica Carlo Bertolazzi che ha letto alcune poesie di Alda Merini, Jaques Prèvert e Sibilla Aleramo. Dal soffitto tante sagome di scarpette rosse e al centro della sala la panchina Arcobaleno, realizzata dall’associazione Ildebranda, testimonianza della condanna anche dei fenomeni di omo-trans-bifobia.
Mancadori: "Il linguaggio forma la mente"
L'intervento di Mancadori è stato preceduto da un video dell'attrice Paola Cortellesi, che ha esplicitato come il linguaggio di ogni giorno sia intriso di maschilismo, con continue allusioni alla prostituzione. Qualche esempio? Uno squillo, una squillo; un passeggiatore, una passeggiatrice; un massaggiatore, una massaggiatrice; uno zoccolo, una zoccola... hanno significati diversi evidentemente. Soltanto parole? Non proprio.
"Non sono soltanto parole, al centro antiviolenza sta a cuore il tema culturale - ha esordito - si parte da lì perché quando interveniamo noi, i carabinieri, i legali, i sanitari possiamo solo cercare di riparare alla violenza ma noi vogliamo prevenire. Se non riconosco nella donna una persona portatrice di pensiero metto tutto sul piano sessuale, lo stesso vale per gli omosessuali. E' più facile usare parole di scherno piuttosto che aprire la mente e confrontarsi con l'altro, rispettandolo. La discriminazione la si sente nella società e anche il Legislatore non ha mai fatto mistero di legiferare in modo differente in base al sesso: solo nel 1963 le donne hanno avuto accesso alla Magistratura, per esempio. Le donne non erano considerate in grado di giudicare equamente perché troppo sensibili e isteriche durante il ciclo... Il linguaggio forma la mente e la violenza sta nella modalità di relazione. Educhiamo figli e figlie a pensare che le relazioni amorose sono felici solo se ognuno è libero di fare quello che vuole nel rispetto dell'altro. Se uno dei due vuole troncare ha diritto di farlo. Pensiamo anche ai figli delle donne che subiscono violenza: sono traumi non riparabili".
Cavalleri: "La violenza durante la gravidanza si inasprisce"
Dalla vicepresidente dell'Ordine delle ostetriche di cinque province lombarde arriva una relazione allarmante.
"Si tratta prevalentemente di violenze perpetrate dentro la famiglia, più difficili da denunciare - ha spiegato - colpiscono le donne in tutte le fasi della vita, possono avere esiti fatali, invalidanti o creare un peggioramento delle condizioni di salute, oltre che provocare l'interruzione della gravidanza. Quelle che hanno subìto violenza hanno quasi il doppio delle possibilità di sviluppare depressione e problemi di alcol, oltre che di avere malattie sessualmente trasmesse. Nel mondo una donna su quattro è stata vittima di una forma di violenza in gravidanza, che può portare a gravi conseguenze, fino all'autolesionismo e a idee suicide. Il partner che vive il rapporto come un possesso vede il bambino come un oggetto che si interpone tra lui e la donna, quindi inasprisce la violenza per ribadire il suo ruolo gerarchico. Può costringerla a portare a termine la gravidanza, perché sa che la renderà più vincolata e vulnerabile, o a interromperla. Se usa violenza fisica mira a seno, genitali e addome. Decide lui tutto quello che riguarda il parto, la isola e la controlla e dopo la nascita il piccolo diventa strumento di ritorsione. L'ostetrica coglie i segnali di queste situazioni durante le visite e attiva le figure competenti".
Londoni: "In Pronto soccorso non c'è una denuncia diretta, emerge da un colloquio confidenziale"
Il medico gastroenterologo ha avuto esperienza diretta di quattro casi, in Pronto soccorso.
"Mi è capitato in Pronto soccorso di avere a che fare con questa problematica quattro volte e ho voluto fare una ricerca - ha affermato - ho scoperto che le donne tra i 16 e i 70 vittime di violenza fisica o sessuale ogni anno in Italia sono 6, 7 milioni... Un dato che fa paura e il fatto che io ne abbia incontrate solo quattro in vent'anni la dice lunga sul fenomeno sommerso. Non c'è una denuncia diretta, emerge dopo un colloquio più confidenziale con l'infermiera, il medico non viene visto benissimo. In tre casi su quattro ho visto che erano accompagnate dal marito che parlava per loro. Istituire una rete adeguata anche per gli uomini maltrattanti e agire sui giovani penso siano le vie percorribili".
Marzorati: "L'alcol e la droga favoriscono comportamenti violenti"
"L'alcol e la droga sono fattori aggravanti della violenza - ha rimarcato - e sono preoccupato perché il mondo giovanile è una bomba. Si comincia a farne uso a 12 -13 anni e visto che il cervello dai 12 ai 22 è una struttura plastica, alcune aree non matureranno come devono: il giudizio, la consapevolezza di sé e il riconoscimento dell'altro come individuo e non come una parte di sé saranno aspetti deficitari. Inoltre la violenza giovanile è accettata culturalmente e il bere è promosso e sostenuto dal marketing, il sabato sera pare normale ubriacarsi e fare una rissa... Cultura machista. L'alcol è una droga, che ha un'azione farmacologica molto pesante sul sistema nervoso e abbassa il controllo. Ma fattore di rischio per una persona intossicata è anche l'astinenza. Una metà buona delle persone che ci vengono inviate è legata ad aspetti di violenza e la maggiornza sono maschi, è evidente che il loro comportanmento aggressivo è più accettato socialmente. L'alcol però è usato anche dalle vittime, per resistere a situazioni di sofferenza altrimenti insopportabili. E spesso, proprio perché abusa di alcol, la donna non viene creduta. Se denuncia e se ne va da casa c'è anche il problema che i servizi non sono attrezzati per occuparsi rapidamente dei bambini, la madre non può certo lasciarli con il marito ma le procedure sono molto lunghe, lo sanno bene le Forze dell'ordine".
Valsecchi: "Il codice rosso non basta"
" Il Codice rosso prende in considerazione i reati di violenza di genere e domestica - ha chiarito - accelerando la tutela della vittima, che può essere la donna o figli minori, infatti le Forze dell'ordine devono immediatamente dare la notizia di reato al pm che trascrive il nome dell'indagato nell'apposito registro ed entro tre giorni sente la persona offesa o quella che ha sporto denuncia/querela come nel caso dei minori. Non è poco, inoltre il Codice ha permesso anche un procedimento di recupero nei centri per gli uomini maltrattanti e ha formato una rete tra i Tribunali. Tuttavia una delle difficoltà che la donna incontra quando sporge denuncia è il fatto che il Tribunale dei minori spesso destina i figli in comunità protette e ciò implica il più delle volte che vengano affidati ai servizi sociali, in attesa che la vittima riacquisti un suo equilibrio psicologico. Non solo, dopo la denuncia il partner sottoposto a una misura cautelare di norma si disinteressa anche del mantenimento dei figli e la donna, magari casalinga, si trova a mantenerli da sola e molte volte a pagare anche le rate del mutuo, con le famiglie di origine che spesso si sono allontanate. Ecco perché spesso finisce per ritrattare tutto. Il Codice è un passo in avanti ma il lavoro da fare è ancora molto lungo".
Branchi: " Il cambiamento culturale va fatto attraverso i giovani"
Prima del suo intervento è stato trasmesso un video dei ragazzi della Pallacanestro Crema, che hanno provato a fare un paragone tra la condizione femminile e qualla maschile: "Ho camminato a petto nudo o in costume e nessuno mi ha mai violentato né lanciato apprezzamenti", è stata una delle tante considerazioni che dovrebbero far riflettere il genere maschile.
"Il cambiamento culturale va fatto attraverso i giovani, bisogna partire dal linguaggio, dal modo in cui si approcciano, dallo smitizzare certi ideali machisti - ha osservato - Sei anni fa abbiamo cambiato i colori sociali della Pallacanestro Crema andando in campo con una maglia rosa e i nostri ragazzi ogni domenica giocano con queste divise, sopra le quali è scritto No violenza contro le donne. All'inizio sono arrivati epiteti che si possono immaginare ma sono accadute anche cose bellissime: uno dei giocatori, ganese, mi ha detto che nel suo villaggio le donne vengono ancora lapidate e che vuole cominciare lui a cambiare le cose, così ha postato sui social una sua foto con la maglia e il messaggio No violenza contro le donne. Tante le situazioni discriminanti, pensiamo che se un ragazzino si ubriaca difficilmente subisce violenza, una ragazzina invece rischia di essere violentata due volte: una da chi la abusa e l'altra da chi scrive sul giornale che era ubriaca esprimendo già un giudizio".
Gipponi: "Per aiutare le vittime serve competenza"
"Rete ConTatto si occupa della violenza di genere nel Cremasco da 12 anni - ha detto - Facciamo équipe multidisciplinari sul singolo caso ma ci occupiamo anche di prevenzione e sensibilizzazione, nelle scuole e con lo sport. Lavorare in rete permette di raccogliere tutti i bisogni della vittima, accompagnandola nel percorso di uscita dalla violenza, senza accelerare il suo passo o giudicarla. Per aiutare le donne che subiscono violenza non basta la sensibilità dei singoli operatori ma serve la competenza, bisogna essere preparati. Così come un medico oltre all'umanità ci mette professionalità nel curare i pazienti, così chi accoglie le donne vittime di violenza oltre a entrare in empatia con loro deve essere formato".