Quei forti boati e la psicosi su Facebook
Nell'era dei social una notizia come quella dei due caccia militari si presta a diventare pane per fake news e false catastrofi.
I forti boati che si sono sentiti giovedì mattina hanno fatto paura un po' a tutti. Poi la spiegazione riguardante i due caccia militari che avevano abbattuto il muro del suono durante un'operazione ha rincuorato quasi tutti. Quasi, appunto. Perché nell'era dei social le teorie del complotto e non solo rischiano di creare una psicosi in ogni occasione. Per fortuna che, a volte, ci salva l'ironia.
Quei forti boati e la psicosi su Facebook
Il bello di Internet e dei social è che in pochi minuti, o anche meno, si possono avere informazioni su praticamente qualsiasi cosa stia avvenendo in ogni angolo del globo terracqueo.
Ma, come dimostra il caso dei forti boati che ieri mattina, giovedì, hanno terrorizzato mezza Lombardia, c’è un rovescio della medaglia figlio dell’era delle fake news (e mettiamoci anche un po’ di analfabetismo funzionale, che va tanto di moda ultimamente). Passato l’iniziale e comprensibile sgomento (anche noi ci siamo precipitati in strada per capire cosa fosse accaduto), in pochi secondi tutte le disgrazie possibili e immaginabili hanno avuto come scenario le nostre città. Sembrava di essere sul set di un film del regista tedesco Roland Emmerich, famoso per il genere catastrofico. Mancavano solo le dieci piaghe d’Egitto e poi avremmo potuto candidare la nostra Regione al «Premio Sfiga 2018».
La cosa assurda è che, anche dopo che si è scoperto che la causa dei boati era dovuto al passaggio di due caccia militari che avevano rotto il muro del suono, durante l’inseguimento di un aereo di linea «sospetto» diretto a Parigi, Facebook riportava le notizie più disparate: dalla caldaia esplosa in una scuola di Bergamo, all’attentato terroristico all’aeroporto di Orio al Serio; dall’esplosione della ditta chimica «Siad» di Osio Sotto (pare che i dipendenti si stiano ancora «toccando» per questo...), al crollo di palazzine un po’ ovunque. Addirittura, più o meno un’ora dopo che tutti i siti di informazione avevano spiegato le reali cause, un nostro collega è stato contattato da un amico che gli chiedeva del suo stato di salute, dopo il tremendo terremoto che aveva colpito Treviglio.
Verrebbe da dire: forse si stava meglio quando si stava peggio, quando si attendeva pazientemente il Tg o il giornale del giorno dopo in edicola. Certo, anche all’epoca si ipotizzavano varie teorie, ma al massimo si trasformavano in leggende metropolitane da raccontare nei bar la sera. Oggi, invece, diventano post su Facebook che di bacheca in bacheca si tramutano in verità. «Perché tanto chissenefrega se è vero o no, io intanto condivido. Non si sa mai...». Intendiamoci: non si può più fare a meno del web, ma ogni tanto ci assale quel senso di nostalgia di quando non esisteva.Andrea Palamara