Litigare bene: ecco come gestire la rabbia nei conflitti
I prossimi incontri con "Famiglie InForma" si terranno il 9 aprile sul tema "I figli che siamo stati, i genitori che siamo" e il 7 maggio su "Ansia e dintorni"
Successo di pubblico per il primo incontro del nuovo ciclo proposto dall'associazione trevigliese "Famiglie InForma" che si è tenuto martedì nello Spazio Hub di piazza Garibaldi a Treviglio. Si è parlato di rabbia e di come imparare a "litigare bene".
Imparare a litigare bene
L'incontro tenuto dalla presidente dell'associazione nonché psicologa e psicoterapeuta Michela Corti con le colleghe Nicole Adami ed Elisa Reali, con il patrocinio dell'Assessorato ai servizi sociali, ha affrontato il tema del conflitto, inevitabile nelle relazioni.
"Per questo è importante imparare a litigare bene - ha esordito Corti - Nelle dinamiche relazionali, i conflitti sono quasi inevitabili. Tuttavia, ciò che fa la differenza è come affrontiamo questi momenti di tensione".
I conflitti
Ogni relazione porta con sé un'innata probabilità di conflitto. Ne esistono di molti tipi, da quello di coppia a quello interiore, da quello con i genitori a quello con l'ex partner, fino a quelli lavorativi.
"I conflitti di coppia possono essere educati o violenti - ha spiegato - Spesso vedono una rabbia incontrollata fondata sulla disillusione: si realizza che l’altro non in grado di realizzare i propri bisogni più intimi e questo ci fa arrabbiare. Ognuno aspetta che sia l’altro a fare un passo per venire incontro. Quando la rabbia è tra ex partner deriva, invece, dal fallimento del progetto di vita insieme. In alcuni casi il conflitto è l’unico modo rimasto di comunicare e di continuare a essere parte della vita dell’altro, ma la delusione spesso si riversa anche sui figli".
"I conflitti con i genitori possono derivare da una rabbia antica, da bisogni non considerati e da accettazione o riconoscimento che sono mancati - ha proseguito - come, invece, quelli interiori possono riguardare scelte di vita, che possono portare a una crisi ma anche a un cambiamento, oppure possono essere legati a una delusione verso noi stessi".
Il mondo del lavoro non è certo da meno: i conflitti sono quasi all'ordine del giorno: "In questo contesto si possono vedere rabbie che si trasformano in ansia, c’è molta conflittualità tra colleghi e competitività nell’ambiente lavorativo, oltre a uno scarso livello di
comunicazione. Colpa spesso di aspettative illuse, riconoscimenti mancati e promesse non mantenute".
L'espressione di un bisogno
Ma cosa c'è davvero all'origine di un conflitto?
"All’interno c’è sempre l’espressione di un bisogno - ha chiarito la psicologa - Per litigare meglio è importante provare a concentrarsi non sul contenuto del conflitto ma sul suo significato all’interno della relazione, ragionando su un livello metacognitivo e andando a capire il bisogno
all’origine del conflitto".
La prima "arma" è quella della chiarezza comunicativa e la disponibilità a trovare un compromesso.
"La rabbia, infatti, a volte non ci permette di essere chiari - ha sottolineato - è importante avere invece una comunicazione chiara e fluida per far capire all’altro qual è il proprio bisogno, e contemporaneamente capire e accogliere il punto di vista dell’altro per arrivare a un compromesso. Serve ricordare che l’altro non può capire i nostri bisogni senza che li esplicitiamo chiaramente. Per far sì che il conflitto si risolva o arrivi a una soluzione positiva bisogna essere disposti a perdere qualcosa, a cambiare qualcosa del nostro comportamento per avvicinarci all’altra persona".
La rabbia è normale
"La rabbia non è nient'altro che uno stato fisiologico di intensa attivazione emotiva - ha spiegato la psicologa e psicoterapeuta Elisa Reali - Dobbiamo pensare alla rabbia come un evento naturale che dobbiamo legittimarci di provare e che dipende anche da neurotrasmettitori quali noradrenalina, serotonina, dopamina, testosterone e cortisolo. A livello cerebrale, la struttura che ha il ruolo principale nel controllo della rabbia è l’amigdala. Quando siamo di fronte a una situazione minacciosa l’amigdala si attiva inibendo la corteccia pre-frontale, che ha un ruolo di controllo del comportamento: per questo si mettono in atto comportamenti impulsivi quando si è arrabbiati".
L’area frontale sinistra gestisce, invece, tutte le emozioni di vicinanza che possono venire innescate quando ci si arrabbia: quando si minaccia o si attacca qualcuno, ci si avvicina. Il temperamento di ogni persona è predeterminato alla nascita - il contesto può potenziare o de-
potenziare - ma non modificare. La finestra di tolleranza è lo spazio in ciascuno di noi tra iper-attivazione e ipo-attivazione in cui funzioniamo in modo ottimale sia nella relazione con gli altri che con noi stessi: in cui siamo attivi, propositivi, in cui riusciamo a trovare soluzioni ai problemi.
"Non veniamo educati alla consapevolezza di come funzioniamo e ci crescono con il tabù della rabbia e dei litigi, creando uno stigma sull’espressione delle emozioni in generale e della rabbia in particolare", ha concluso Reali.
Quindi, da cosa deriva la rabbia? Per la psicologa e psicoterapeuta Nicole Adami deriva principalmente da bisogni insoddisfatti.
"Ognuno ha una propria idea di sé che deriva da come veniva visto da genitori, insegnanti, amici - ha spiegato - Da come ci aspettiamo che l’altro risponda ai nostri bisogni, dalla nostra finestra di tolleranza. C'è chi è più tendente a esplosività e rabbia impulsiva e chi invece è più passivo o si ritira di più dai conflitti".
Come spesso accade, però, il primo lavoro dobbiamo farlo dentro di noi.
"Dobbiamo imparare a riconoscere i nostri schemi perché non possiamo vivere nell’idea che sia l’altro a rispondere ai nostri bisogni se non siamo noi in primis in grado di riconoscerli", ha sottolineato.
Parlare e ascoltare
In un conflitto sano l'altra persona non è un nemico da annientare ma viene riconosciuto come portatore di una frustrazione e di bisogni.
L’argomento del conflitto è legato al presente e può cambiare nel tempo portando a una soluzione. L'intenzione di fondo è costruttiva, mentre nel conflitto violento regnano i silenzi punitivi, il sarcasmo, l'isolamento.
"Quando i conflitti non sono sani è importante capirlo e allontanarsi: non tutti i conflitti sono sanabili e in alcuni casi bisogna essere in grado di lasciare andare certe questioni perché non si può avere il controllo su tutto".
Imparare a "litigare bene", quindi si può, ma è necessario attivare delle skill personali tra cui l'autocontrollo, la conoscenza di sé, la capacità di differenziare il proprio mondo da quello dell’altro, la capacità di ascoltare e considerare i bisogni dell’altro e di capire se quello è il momento giusto per affrontare un litigio oppure si è già troppo attivi. E allora il classico consiglio di contare fino a 10 non tramonta mai, anzi contiamo fino a 100.
I prossimi incontri si terranno il 9 aprile sul tema "I figli che siamo stati, i genitori che siamo" e il 7 maggio su "Ansia e dintorni".