Politica

Gabriele Riva, il Pd e i progressisti in cerca della bussola

L'ex sindaco-cantautore al varco del secondo album, "Opinioni di un clown". "Non suono il piffero per la Rivoluzione, ma lotto per i valori in cui credo. Il Pd? Cerco vedere la luce in fondo al tunnel".

Gabriele Riva, il Pd e i progressisti in cerca della bussola
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Il progresso e il progressismo in crisi d'identità, i porti chiusi, il tempo che passa e che lascia macerie di un mondo ormai quasi indecifrabile. Sono i temi, alcuni almeno, di «Opinioni di un clown», il nuovo album dell'ex sindaco di Arzago, e cantautore, Gabriele Riva. Ex segretario provinciale del Partito democratico, ex primo cittadino (per ben 15 delle sue 42 primavere) di Arzago, Riva è da anni una delle voci più influenti e rispettate nel centrosinistra della Bassa bergamasca, e soprattutto in questi mesi di passione per il «suo» Partito democratico, è rimasto un punto di riferimento per decine di militanti e di amministratori locali bergamaschi, alla ricerca di una bussola e, probabilmente, anche di una guida. Ma non è la politica, stavolta, il centro del suo lavoro di cantautore. Quello che emerge dalle dodici tracce del disco, arrangiato dall'amico Ricky Anelli e registrato a Caravaggio per Mpc records, è stavolta il (quasi) autoritratto intimista di uno «stoico» progressista, impegnato in una faticosa ricerca di equilibrio tra l'Io e il Noi, tra morale e politica, in un mondo che sembra sfuggire da ogni lettura. Giovedì sera, al bar Jammin' di Treviglio, ha presentato l'album, e lo abbiamo intervistato.

Come nasce «Opinioni di un clown»?

Le canzoni sono un giusto mix di pezzi scritti anni fa e altri che invece riguardano la stretta attualità. Devo tantissimo, devo dirlo, dal punto di vista artistico, a Ricky Anelli, il mio produttore. È lui che ha trasformato in canzoni vere e proprie quei pezzi che io strimpello, dopo aver scritto i testi, su chitarra e pianoforte. Ho avuto la possibilità di pubblicare un piccolo romanzetto, anni fa (Il Leopardo nero, ndr).La canzone però mi piace di più, è più diretta, più immediata. E con Ricky, con i suoi arrangiamenti, ho trovato un'ottima alchimia.

In «Caro dottore» racconti le «verità» del complottismo no-vax. Da sindaco di Arzago sei stato in prima linea, come tanti colleghi, su questo fronte: cosa vorresti dire a chi ancora oggi, tre anni dopo, sostiene che sia stata una grande macchinazione?

Mi sentivo sereno e tranquillo, nel 2019, verso la fine del mio terzo e ultimo mandato amministrativo... Poi è arrivato il Covid e devo dire è stato l'anno più duro di tutti i 15 che ho fatto da sindaco. Ricordo le giornate di silenzio, quelle giornate in cui a scandire le ore c'erano solo le sirene delle ambulanze. Le persone venivano portate via di casa, e non rivedevano più i loro cari. Da sindaco spesso ero solo io a salutarle, al cimitero. Ecco, tutte le polemiche che infuriano tutt'ora, non mi lasciano affatto tranquillo. Sentire nei giorni scorsi che Liliana Segre, 92 anni, è costretta a denunciare i suoi hater, che la odiano in quanto pro-vax, beh... Questa cosa deve interrogarci.

Com’è nata quella canzone?

«Caro dottore» è nata da due fatti veri: non sapendo cosa fare, finito il mio mandato, ho cominciato a giocare a carte con gli anziani del mio paese, e il bar è un luogo di osservazione sempre molto interessante, per un territorio. L'altro fatto è il ricordo di mia nonna, un ricordo che riaffiora spesso nelle mie canzoni. Mia nonna, con me e con tutti, parlava solo in dialetto, tranne in una sola occasione: quando tornava dallo studio del medico. E si forzava di parlare italiano, perché ne sentiva l'autorità. Ecco, è giusto mettere in discussione ogni verità, gli strumenti critici sono importanti e non ci mancano. Ma anche l'idea che uno valga uno, e qualsiasi idea che io possa avere sia uguale a quella che su un certo argomento ha studiato dieci volte più di me, beh... è un problema. Questa cosa sta creando una crisi generale di sistema, che ci porta a non credere in nulla. Né alle autorità che studiano per darci una mano. Un'anarchia che non fa bene a nessuno.

È crollata la fiducia anche nel progresso della scienza del sapere condiviso. Ma il Riva «segretario provinciale del Pd»...

Ex... ex segretario! Oggi dire di esserlo è quasi come confessare una malattia (ride)...

Giusto, ex segretario. Beh, per l'ex segretario provinciale del Pd, cos'è il progresso e chi è un « vero» progressista?

Io sono convintamente progressista, se progresso significa far star meglio le persone. Spesso si mette in conflitto l'idea di progresso come crescita collettiva, con quella di sviluppo, sostenibile o meno. Certo, nell'idea di progresso ci dev'essere anche l'interrogarsi su quale sia il miglior sviluppo possibile, per far crescere il più possibile delle persone, e di metterle nelle condizioni di raggiungere la felicità. Noi parliamo sempre di Pil, altri paesi nel mondo hanno cominciato a introdurre il concetto di «Fil», Felicità interna lorda. Ecco, questo è importante. L'idea di un progressista dovrebbe essere quella di uscire dall'Io, di passare al Noi, e nel Noi sperare che il maggior numero di persone stiano bene. Nell'album racconto semplicemente di me, non faccio politica. Sono un ragazzo felice e contento di quello che faccio nella vita, ma vedo che alcune cose non vanno e cerco di impegnarmi perché possano cambiare.

Il Pd intanto sta discutendo di appoggiare Letizia Moratti alla guida di Regione Lombardia. Non una progressista, per cultura politica... Cosa ne pensi?

Esprimo un parere totalmente personale: non sono più segretario provinciale, anche se continuo stoicamente a militare per il Pd cercando di vedere la luce in fondo al tunnel. Beh, credo sia una follia pensare di candidare una delle persone che ha contribuito negli ultimi vent'anni a creare la situazione che conosciamo, in Lombardia. Una sanità, un trasporto pubblico, ad esempio, che non sono affatto quelli che vengono raccontati, non sono servizi di una Regione d'eccellenza. Io mi sento assolutamente alternativo a questo schema, sebbene mi rendo conto che non sia la posizione maggioritaria in campo. Ecco, sui Medici di base, ad esempio, io credo che si possa sfidare il centrodestra e chi lo vota, e invitarlo a riflettere su chi abbia governato finora questa Regione.

Quanto il tuo lato politico ha influito in questo album, e in generale sulle tue canzoni?

Beh, l'aver fatto il segretario provinciale del Pd mi ha aiutato molto in questo approccio un po' stoico alla vita ... Seriamente, io cerco di non fare «canzoni politiche»: tendo a parlare di temi più personali, anche se è chiaro che la politica è un campo più ampio di quello dell'amministrazione. Anche con le canzoni, in parte, si fa politica... Anche se Vittorini, a Togliatti, scriveva che non è necessario «suonare il piffero per la rivoluzione». Qualche tema c'è: quello dei confini, o quello della guerra, che oggi rientrano nella dialettica politica, per me sono temi soltanto valoriali, e ne canto per questo motivo. Se fare politica significa lottare per i valori, allora sì, anche quelle canzoni servono a quello.

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